sabato 10 febbraio 2018

L'ALTALENA DEL RESPIRO- Herta Mueller

Lager tedeschi o lager sovietici non cambia proprio nulla o quasi : si parla sempre di uomini che non sono degni di essere chiamati tali che hanno obbligato altri uomini, donne, bambini a vivere in luoghi realizzati unicamente per annientare la vita, l’anima, il cuore, la mente, spesso sino alla distruzione del corpo.
Alcuni sono sopravvissuti, si fa per dire, perché determinate esperienze semplicemente condannano a vivere , quando forse si preferirebbe morire.
L’argomento è troppo importante e per doveroso rispetto non dovrebbe essere consentita la sintesi, ma in questo caso io devo solamente esprimere un’opinione su un libro quindi obbligatoriamente, non vado oltre.
Preciso che tutto ciò che riguarda i campi di concentramento mi causa dolore e l’anno scorso in occasione della visita al Memoriale campo di concentramento di SACHSENAUSEN ( è presente recensione specifica), ho provato quasi delle fitte al cuore, ma non per questo evito di informarmi.
Nonostante tutto, voglio sapere, ma ripeto non provo piacere di fronte all’orrore.
E per SAPERE-CONOSCERE ho letto L'ALTALENA DEL RESPIRO che non ho acquistato bensì mi è stato regalato poiché in una conversazione con amici avevo asserito che non avevo mai letto nulla di Herta Muller – premio Nobel per la Letteratura.
Il mio libro

Dopo qualche giorno dalla conversazione, eccomi fra le mani “ L’ALTALENA DEL RESPIRO” - Universale Economica Feltrinelli- prima edizione aprile 2012- traduzione dal tedesco a cura di Margherita Carbonaro
Titolo originale dell’opera : ATEMSCHAUKEL, pubblicato nel 2009.
L’ho letto impiegandoci più del dovuto perché alcune pagine per me erano davvero forti, ma giunta alla conclusione ne sono stata completamente soddisfatta.
Il libro doveva essere scritto a quattro mani, ovvero da Herta Muller e Oskar Pastior poeta , artista rumeno-tedesco che nel 1945 fu deportato in un campo di prigionia in Ucraina quando aveva l’età di 17 anni, per il motivo che si era dichiarato a favore di Hitler . Vi rimase per ben 5 anni.
Per scrivere il libro ottennero il permesso dalla Fondazione Robert Bosch di compiere un viaggio nei luoghi di prigionia in Ucraina.
Nel 2006, all’età di 79 anni, Pastior morì, ma Herta Muller non si fermò e portò a termine l’opera da sola.
TRAMA
Il periodo in cui è ambientato ha inizio nell’anno 1945 quando i sovietici deportano la minoranza rumeno-tedesca nei campi di lavoro forzato in Ucraina. Ufficialmente la motivazione consisteva nella necessità di ricostruire ciò che la guerra aveva distrutto.
Nota storica:
“ Nel 1944 l’Armata Rossa era già avanzata in Romania, il dittatore fascista Anotescu giustiziato. La Romania capitolò e dichiarò guerra alla Germania co la quale era stata fino ad allora alleata. 
Nel 1945 il generale sovietico Vinogradov, in nome di STALIN, pretese dal governo rumeno che tutti i tedeschi abitanti in Romania si occupassero della “ricostruzione” dell’Unione Sovietica.
Tutti gli uomini e le donne di età compresa fra 17 e 45 anni furono deportati nei campi di lavoro forzato sovietici”
Il protagonista Leopold Ausberg chiamato a partire, lascia il paese con serenità, fiducioso di andare incontro ad una vita migliore a quella condotta fino a quel momento priva di particolari interessi, quasi in una monotonia quotidiana. Ma non gli occorrerà molto per rendersi conto di ciò che l’attenderà: fame, la compagnia perenne dell’angelo della fame, freddo, freddo e ancora freddo, fatica, fatica e ancora fatica.
Vedrà compagni sparire e dopo una curiosità iniziale si abituerà alle sparizioni senza avere la forza di provare nemmeno un pochino di dolore.
Il protagonista del romanzo è Leopold ( in realtà è Pastior che racconta la sua esperienza), al termine di 5 anni tornerà a casa, ma ovviamente l’esperienza le rimarrà addosso tutta la vita perché “dal lager non si esce più”.
Il libro è composto da tanti racconti, simili a un diario ed ogni racconto spiega il trascorrere dei giorni e delle notti, il pesante lavoro che doveva essere svolto in condizioni disumane:
le scarpe pesanti di legno con i piedi avvolti dentro delle pezze che spesso erano bagnate, il pane misurato veniva scambiato perché quello dello vicino pareva sempre più grosso del proprio, i pezzetti avanzati nascosti dentro il cuscino per fronteggiare il dolore causato dall’angelo della fame, mezzo litro di latte soltanto per coloro che lavoravano nelle cave, minestra di cavoli vera e propria brodaglia che si metteva in bocca col cucchiaio riempito solo a metà per avere l’impressione che durasse più a lungo.
Il pane dentro il lager veniva distribuito da Fenja di cui non si sapeva nulla della sua famiglia, ed era di una bruttezza ributtante, ma gli occhi dei residenti del lager pendevano da lei, lei era il pane, la signora dalla cui mano mangiavano ogni giorno.
Per qualche tempo ad alcuni rimaneva l’ambizione di andare a dormire o forse solo sdraiarsi là nelle brande infondo alla camerata dietro la tenda tirata, se poi si accoppiassero o facessero l’amore serale era irrilevante.
Non vi era altro: erano morti i desideri, i pensieri, era morta persino la nostalgia.
Anzi no, vi erano ancora topi e pidocchi e gli uomini, le donne , i corpi pelle -ossa e poi…..alcuni sparivano.
Era facile immaginare dove sparissero, ma nessuno ne parlava più , tutt’al più chi aveva visto aveva avuto la possibilità di rubare il cappotto super- consumato, tanto ai cadaveri i vestiti non servivano….
E non c’erano libri perché leggere rende delicati.
STRALCI
“Si sorrideva forzatamente per principio, un sorriso autentico e insieme falso, inerme e subdolo, per non giocarsi il favore di Fenja. Per non mettere a rischio la giustizia di Fenja ma incoraggiarla, se possibile, ad accrescere di qualche grammo la giustizia”
“Vento tagliente, gelo pungente, giornate brevi, luce elettrica già a mezzogiorno. Polvere di carbone e polvere di neve, tutto un rimescolio. Oppure vento obliquo e pioggia in faccia e, attraverso il tetto, gocce ancora più grosse. Oppure calura ardente e giornate lunghe, sole e carbone fino a crollare”
“Essere estranei è certamente un peso, ma il pudore dell’estraneità in una vicinanza impossibile è un peso ancora maggiore. Avevo la testa nella valigia, respiravo in russo. Non volevo andarmene e il mio odore era quello della distanza. Non potevo passare l’intera giornata in casa. Avevo bisogno di un lavoro per abbandonare il silenzio. Oramai avevo 22 anni, ma non avevo imparato nulla. Inchiodare casse non è un mestiere, ero di nuovo un manovale”:

Sono racconti drammatici che entrano dentro l’anima, sono eventi per me quasi incomprensibili nonostante vi è la certezza che tutto questo sia accaduto ed ancora ci sono testimoni che possono raccontare.
Anche la madre dell’autrice ha trascorso 5 anni di prigionia e nella postfazione viene spiegato che i protagonisti di queste terribili e disumane sofferenze vissute nei campi coloro, nel momento in cui erano tornati a casa, non avevano la possibilità di raccontare la propria esperienza a nessuno, anzi doveva essere negata poiché ricordava il passato fascista della Romania.
Le mie impressioni
Personalmente ritengo sia una lettura indispensabile per il proprio bagaglio culturale.
Inoltre non so se corrisponda al vero, ma ho l’impressione che dei campi di lavoro sovietici si sia parlato troppo poco e la maggior parte delle persone è informata prevalentemente sui campi di sterminio dei nazisti tedeschi.
In realtà i campi di lavori forzati sovietici erano altrettanto duri, altrettanto devastanti di quelli tedeschi e a tratti forse anche peggiori.
Lo stile letterario di Herta Muller è certamente pregevole, molto particolare, curato nei dettagli . “ il dettaglio quale essenza della memoria e della percezione. ….è un potente testo narrativo, un’eccezionale opera letteraria…”
Non si tratta di una lettura impegnativa perché è presentata come fossero racconti, pagine di un diario ed anche se per qualche giorno il libro rimane chiuso sul comodino non si perde il filo della storia.
Ovviamente il contenuto non lo fa rientrare in una lettura leggera, racconta fatti orrendi realmente accaduti quindi ha un risvolto storico.
E’ un libro che rimane dentro, credo lo ricorderò molto bene anche a distanza di tempo: di forte impatto emotivo non si può evitare di immergersi in lunghe riflessioni.
Io donna dei tempi moderni, potrei, sarei in grado di sopportare simili accanimenti per 5 anni?
Penso che dopo un mese sarei morta.
Tutti, dico tutti, non possiamo permettere che un simile passato possa ritornare.
Riflettiamo bene nell’individuare e simpatizzare per determinate linee di pensiero…….
Difendiamo i punti cardini della nostra costituzione con le unghie e con i denti e diffidiamo da chi farnetica di volerla cambiare…..
Del resto la storia con i fatti testimonia quello che è successo e che succede quando il POTERE sta nelle mani di un solo, unico individuo.
Meglio una democrazia imperfetta basata sul rispetto del prossimo, sull’onestà, sull’accettazione delle diversità e soprattutto sulla libertà di pensiero. 

L'AUTRICE
HERTA MULLER
Nata nel 1953 nel Banato rumeno, regione tra Serbia, Romania e Ungheria, terminati gli studi di Letteratura all’Università di Timisoara, ha lavorato come traduttrice, ma in seguito al rifiuto di divenire informatrice della polizia segreta, è stata vessata dalle autorità rumene. La sua prima opera, una raccolta di racconti pubblicata nel 1982 fu censurata in Romania e nel 1987 è stata costretta ad emigrare per trasferirsi a Berlino dove vive attualmente.
Nel 2009 ha vinto il premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione:
“Ha saputo descrivere il panorama dei diseredati con la forza della poesia e la franchezza della prosa”
Altre opere pubblicate in Italia
2010 - BASSURE ( la raccolta di racconti) 
2011 - Oggi avrei preferito non incontrarmi
2012- L’altalena del respiro
( Giugno 2013 - Mi riserbo il diritto di pubblicare la presente opinione, altrove)

Nessun commento:

Posta un commento