giovedì 19 dicembre 2019

IL TRENO DEI BAMBINI- Viola Ardone


Il treno dei bambini



Poche informazioni sull’autrice: Viola Ardone (Napoli 1974) insegna latino e italiano al liceo.

 Visto in esposizione a Book-city Milano,  gli occhi del bimbo in copertina hanno attratto la mia attenzione:
la frase sul piatto posteriore mi ha indotta quasi  istintivamente all’acquisto.
A volte dobbiamo rinunciare a tutto, persino all’amore di una madre, per scoprire il nostro destino. Nessuno romanzo lo aveva mai raccontato con tanto ostinato candore

Trama

La seconda guerra mondiale è finita da un anno e nei quartieri poveri di Napoli regna la miseria più nera. Siamo nel 1946 e il partito comunista al fine di  far assaggiare un po’ di benessere ai bimbi meridionali più disagiati, intraprende l’iniziativa di portarli via dalle famiglie di appartenenza per alcuni mesi e  darli in affido a famiglie settentrionali  disponibili ad ospitarli.
Nei quartieri poveri dove regna l’analfabetismo e conseguentemente l’ignoranza, quando corre voce dell’iniziativa del partito comunista, l’agitazione si propaga e sono molti coloro che pensano che i comunisti prenderanno i bambini e li porteranno in campi di lavoro, magari in Russia…
In ogni caso la miseria è una belva feroce e molte mamme si troveranno quasi costrette a lasciar partire i loro figli.
Vengono organizzati dei treni e sul treno in partenza da Napoli sale Amerigo, un bimbo di sette anni, il vero protagonista del romanzo.
E proprio attraverso gli occhi di Amerigo, un bimbo dall’intelligenza brillante, pagina dopo pagina potremo assistere all’Italia che si rialza dopo il conflitto.
La storia di Amerigo a tratti commovente poiché le separazioni sono sempre dolorose, ma nel contempo gioiosa e sorprendente.
Meraviglioso leggere la storia attraverso gli occhi di un bambino.
Ovviamente non svelo altro perché questo romanzo definito il caso editoriale italiano dell’ultima fiera di Francoforte, in corso di traduzione in 25 lingue è semplicemente DA LEGGERE.

Io l’ho letto in un paio di sere poiché è davvero coinvolgente: qualche lacrima, molti sorrisi

Stralcio - Parte seconda- 15

- Fumano assai, qua sopra! Non si riesce manco a vedere la strada.
- Non è fumo, è nebbia, - dice lei- Ti spaventa?
- No. Mi piace che le cose prima sono nascoste e poi spuntano fuori a sorpresa.
- Questa è la casa di mia cugina Rosa. Quando è bel tempo si vede anche dalla tua finestra, ma con la nebbia scompare.
- Pure a me piacerebbe scomparire, qualche volta, ma noi nel Meridione la nebbia non ce l’abbiamo ancora.
 Amerigo troverà ospitalità presso una famiglia dove già ci sono tre ragazzini: Rivo – Luzio- Nario.
Nomi strani vero? E invece no, il padre aveva scelto con cura i nomi dei figli  attingendo a “Rivoluzionario”.
La famiglia  è comunista e sarà proprio questa famiglia a far scoprire ad Amerigo la sua naturale predisposizione per la musica: il capo-famiglia lo indurrà a prendere le prime lezioni  di violino.

Muoio dalla voglia da raccontare altro, ma non voglio togliere nulla a chi deciderà di leggerlo.
IL TRENO DEI BAMBINI è un romanzo che mi rimarrà nel cuore,  anche per lo stile letterario
accattivante e direi geniale.
Ovviamente è molto interessante dal punto di vista storico poiché racconta un’Italia che sta scivolando nel dimenticatoio.
                                                                                  Buona lettura.

 Dicembre 2019- Yvonne

lunedì 16 dicembre 2019

MIGLIONICO - Il paese più bello del mondo


MIGLIONICO

Il paese più bello del mondo



Non avevo mai sentito parlare di MIGLIONICO fintanto che non incontrai colei divenuta negli anni un’amica importante.
Le chiesi da dove veniva e lei  mi rispose che era nata a Miglionico, un paese in provincia di Matera che mi  descrisse come fosse  “il paese più bello del mondo”.
Io l’avevo ascoltata  e dentro di me avevo evocato le parole di mia mamma: “ Ciascun uccello ama la sua valle”.
In effetti penso che per ciascuno di noi il luogo natio,  nel ricordo  rimane il luogo più bello del mondo perché spesso è il teatro della nostra infanzia e adolescenza. Io che mi diletto a scrivere, il mio paese l’ho racchiuso dentro un romanzo, seppure col passare degli anni  mi pare che scema  sempre più il desidero di tornarci a vivere stabilmente, anche se nel contempo ho la certezza che mai potrei abbandonarlo.
  

Ebbene, una quindicina di anni fa il sentimento  d’ amicizia con lei si era già   consolidato ed io andai al mare a Metaponto,  sulla costa Jonica della Basilicata,  che dista da  Miglionico quarantacinque chilometri e in quella occasione lo andai a visitare.


I miei occhi lo videro così:  un paese tipico del Sud Italia, case basse addossate l’una all’altra come volersi abbracciare, molte delle quali dai tetti piatti simili a terrazzi oppure tutt’al più leggermente spioventi, ricoperti di coppi usurati dalle intemperie e dal sole cocente.
Tetti quasi sempre sprovvisti da grondaie.

Situato su di una dolce collina richiama l’attenzione lo svettante Castello del Malconsiglio a testimoniare una passato glorioso.



Era agosto,  il paese era  molto affollato e negli anni successivi, ricordando Miglionico, m’appariva vivida l’immagine della via principale brulicante di gente che consumava le serate a passeggiare avanti indietro dal Castello all’incirca verso la piazza del Mercato.
Il passio inteso come passeggio serale,  è consuetudine quotidiana in numerosi paesi del sud Italia e non è affatto  tempo sprecato perché è proprio in queste occasioni che può accadere di tutto, possono persino nascere intrighi da romanzo. Ciò che vidi a Miglionico, quindi non mi sorprese.

Successivamente  andai sempre altrove e in Basilicata non tornai più mentre lei,  che a Miglionico torna ogni estate , ha continuato a parlarmene con rinnovato entusiasmo.
Anzi, da alcuni anni percepisco che ogni qualvolta lei evoca il suo paese, dalle parole trapela una crescente nostalgia, ma potrei pure sbagliarmi…
Comunque  anche a seguito dei  suoi ripetuti inviti, quest’anno a Miglionico sono  ritornata e ci sono pure rimasta più di qualche giorno.

Via Castello

Dentro il cuore di Miglionico

I  luoghi, proprio come noi, vivono le stagioni, indossano abiti diversi e  in funzione del periodo trasmettano al visitatore impressioni differenti.
Miglionico  sul finire dell’autunno  è ben differente da Miglionico agostano.

La strada leggermente in salita mi ha permesso di ammirarlo dal basso verso l’alto e da subito mi è parso bello. Le altezze disuguali degli case conferiscono al contesto , strano a dirsi, un aspetto armonioso, molto gradevole da vedersi.
Ho raggiunto la sua casa, stretta fra altre case, ma col davanti aperto sul Monte Acuto, su Montescaglioso e sulla campagna lucana, ben curata e ben coltivata  a rappresentare un popolo laborioso.
Mi sono poi addentrata per il dedalo di vicoli a tratti angusti che corrono da un uscio all’altro,  a momenti confondendomi e in altri sorprendendomi.
La via che ricordavo affollata, la Via Castello, nei giorni scorsi era semi-deserta, soltanto qualche dimorante affaccendato nell’espletamento dei quotidiani doveri, che lei, ha immediatamente riconosciuto e salutato calorosamente senza mai dimenticarsi di me.


Il Castello del Malconsiglio, la congiura dei Baroni, la cui storia è generosamente scritta sui libri, è visitabile e dalle terrazze si possono godere ampie panoramiche del territorio circostante e se la giornata è nitida lo sguardo raggiunge persino Matera.

La torre con il bell’orologio che scandisce le ore, le mezz’ ore  e pure i quarti d’ora seguendo una propria logica discordante cinque minuti dall’ora esatta senza comunque creare affanni fra gli abitanti che incuranti vivono il loro tempo, si erge nel mezzo del paese.

Le campane suonano a ricordare che il paese è vivo e dentro le case dai tetti piatti, o ricoperte da coppi vecchi, ci stanno coloro che a Miglionico sono nati e da qui mai se ne andranno.
Loro rimarranno anche se i figli se ne sono andati,  poiché conversando qua e là posso affermare senza timore d’essere smentita che sono molti coloro che hanno figli sparsi per l’Europa. E non solo per l’ Europa.

In qualche vicolo le case hanno le facciate degradate  che reclamano intonaco nuovo, pittura e pennello, forse molte delle quali di proprietà di coloro che nonostante l’amor per il luogo natio hanno deciso di partire e poi non hanno più trovato il coraggio o forse il tempo, di tornare per restare. Chissà!



Miglionico ha pure delle belle chiese, la parrocchiale di Santa  Maria Maggiore al suo interno custodisce un Crocifisso del 1629,  opera del padre francescano Umile di Petralia e un polittico  composto da diciotto tavole  di Giovan Battista Cima, detto Cima da Conegliano.

Durante il mio soggiorno si è celebrata la riconsacrazione  della chiesa di Santa Maria delle Grazie,  una chiesetta del XVI secolo riedificata per volere di Ettore Fieramosca,  la cui vela, attualmente in attesa di restauro, custodisce due campanelle, una delle quali risalente al 1060 e pare sia la più antica della Basilicata.
Intrattenendomi con un abitante del luogo, poiché qui a Miglionico la conversazione scaturisce naturalmente anche se non ci si conosce,  sono venuta a conoscenza che queste campanelle negli anni addietro  entravano in funzione  per annunciare la morte di  bimbi poiché erano quelli, anni in cui la  mortalità infantile era elevata.
Questa chiesa secondo me è alquanto pregevole: nella parte centrale dell’altare  è visibile lo stemma di Miglionico ossia un guerriero a cavallo, con corazzo ed elmo, armato di lancia, ammantato di pello di  leone, voltato a destra, in atto di assaltare il castello.
Alla parte destra dell’altare invece c’è un grande affresco raffigurante la Natività  di Maria Vergine dipinto dal Sodoma, un pittore che lavorava alle dipendenze del Papa  e firmava le sue opere inserendo la figura di un gatto e un topo ( ben visibili in questo affresco).

Chi  legge abitualmente i  miei report di viaggio sa che prediligo descrivere le impressioni che i luoghi mi trasmettono perché le informazioni storiche e le descrizioni delle attrattive  sono ben documentate dalle numerose guide turistiche, quindi  mi limito a fornire solo brevi accenni.


E’ indubbio che Miglionico, forse anche grazie alla vicina Matera,  sta richiamando  l’attenzione di numerosi turisti e  più di qualcuno ha deciso di intraprendere l’attività di ospitalità con modalità Bed and Breakfast:  segno che  questo splendido luogo desidera esibire al mondo la sua singolare bellezza. ( Personalmente mi sono chiesta come mai non rientrasse ancora nell’elenco dei Borghi più belli d’Italia, ma sicuramente ci sarà una motivazione che ignoro).

A Miglionico a dicembre è tempo di spremitura delle olive perciò vanta un bel  frantoio che io ho avuto modo di visitare. La presenza di ulivi è considerevole e sicuramente la produzione di olio rappresenta per gli abitanti  una  fonte di guadagno non trascurabile.

MIGLIONICO, mi ha regalato del buon tempo. Forse ho la fortuna di saper naturalmente entrare in sintonia con il luogo in cui mi vengo a trovare e a Miglionico mi sono sentita “ di Miglionico”. Passeggiare per il paese, osservare il tutto alla ricerca di particolari da imprimere nella memoria,  incontrare  persone che nonostante non conoscessi mi  salutavano palesando la disponibilità alla conversazione, andare con la mia amica nei piccoli negozi ben diversi dai supermercati per soddisfare le necessità quotidiane,  mi ha fatto ricordare storie di giorni volati via, l’infanzia nel mio piccolo borgo sul lago.

Nello spazio sottostante la torre dell’orologio e nella piazza del Mercato quasi ogni giorno ho visto gruppetti di uomini che dentro  giacche pesanti ,sciarpe e cappelli se ne stavano placidamente ad oziare. Uomini, in particolare quelli la cui vita probabilmente è soprattutto da raccontare avendo già raggiunto l’età della sapienza e della saggezza.
Del resto, in periodi come questo in cui la campagna riposa, che altro dovrebbero fare?



Ho amato Miglionico dalle strade  svuotate  dal fragoroso vociare errante,
ho apprezzato il silenzio rotto soltanto dal ripetuto ticchettio dei miei passi,  nonostante in alcuni momenti il vento di tramontana mi infastidisse.
Ho apprezzato pure la mattina in cui aprendo la finestra, sorprendentemente mi sono trovata dinnanzi ad un paesaggio avvolto da brume nebbiose.
Ho apprezzato  la calorosa ospitalità della gente del sud,  il loro saper trarre piacere dalle riunioni conviviali, la pacatezza della vita quotidiana.
Ho apprezzato l’arte culinaria genuina, naturale dai sapori intensi di Enza e Maria Rosaria.
Ho apprezzato il tipico piatto di fave e cicoria cucinato da Laura.
Ricorderò con gioia i momenti  trascorsi con tutti voi:  GRAZIE  a Laura, Mimmo,  Enza,  Rina,  Maria Rosaria, Tonio e Cenzino.  

Miglionico un paese da conoscere, da visitare, da vivere e soprattutto un paese che non deve morire!

Dicembre 2019 - Yvonne Pelizzari