lunedì 12 febbraio 2018

CHE LA FESTA COMINCI - N. Ammaniti

CHE LA FESTA COMINCI


Ho letto un romanzo? No, forse non è un romanzo.
Forse un racconto o forse è la cronaca di un evento: una festa, un party.

Edizione EINAUDI – Sottocollana Stile libero Big ( dedicata alla narrativa contemporanea). Stampato su carta ecosostenibile sbiancata senza uso di cloro.
333 pagine suddivise in quattro parti: GENESI - LA FESTA- KATAKUMBA- QUATTRO ANNI DOPO - Prezzo euro 18,00.
L’autore è lui, uno fra i migliori autori italiani, Niccolò Ammaniti, romano , 50 anni più o meno, autore di libri di grande successo pubblicati in 44 Paesi e dai quali registi importati hanno tratto film di successo come “Come Dio comanda”, “Io non ho paura” .
Il mio incontro con Ammaniti in parte è dovuto all’amico Forrestgump che dopo la mia recensione su “Ti prendo e ti porto via” ( il primo romanzo di Ammaniti che ho letto), mi ha consigliato di approfondirne la conoscenza. Gliene ne sono grata.
CHE LA FESTA COMINCI si diversifica dagli altri dello stesso autore che generalmente affronta storie forti di degrado, violenza, rapporti difficili e le conseguenze derivanti da tali situazioni .
Questo quindi coglie impreparato colui che legge abitualmente Ammaniti. Non s’immagina assolutamente quello che troverà scritto nelle 333 pagine. Di tutto e di più e comunque dietro l’apparenza banale nulla è casuale. Chi ha buona memoria può riscontrare attinenza a fatti realmente accaduti anche se accuratamente romanzati. ( es . Atleti dell’est o appartenenti a paesi con regimi dittatoriali che cercano asilo politico in occasione delle Olimpiadi). Se ci si accosta alla lettura, leggendo pagina dopo pagina superficialmente può apparire semplicemente un libro frutto della fantasia e di sogni turbolenti , ma se ci si sofferma un attimo, io penso che si possa riscontrare una evidente intenzione di Ammaniti di mostrare attraverso il grottesco lo stato pietoso della nostra società.
Nella comicità della descrizione dei fatti e dei personaggi, si può riscontrare l’assurdità di alcune realtà. Assurdità che a volte pretendono di essere considerate normalità.

Sintesi trama

Villa Ada a Roma è stata acquistata dal palazzinaro Salvatore Chiatti( un vero mafioso colluso con il potere) il quale organizza una faraonica festa che dovrà essere ricordata nella storia della nostra Repubblica.
Una festa grandiosa a cui sono invitati tutti i personaggi più potenti e più noti: scrittori, artisti, cantanti, medici, calciatori, attrici, politici,etc.
Per organizzare la festa vengono reclutati un numero indefinito di personaggi che si devono impegnare come dannati per far si che l’evento risulti perfetto in ogni particolare .
E di particolari da mettere a punto non ce ne sono pochi: menu ricercatissimo ideato dal più grande chef esistente , bevande, dolci e poi il divertimento. Nel parco della villa per l’occasione vengono introdotti animali come tigri, elefanti, volpi che verranno utilizzati per battute di caccia.
Alla fine ogni dettaglio sembra messo a punto, ma sfugge che al grande evento saranno presenti anche gli adepti e il capo di una setta satanica sgangherata “ Le Belve di Abaddon”: 4 sfigati che non avendo saputo trovare la giusta collocazione nel mondo , si sono rifugiati nel male e pure loro sognano di passare alla storia per aver commesso un gesto eclatante. Ci riusciranno? Alla fine del libro Ammaniti ce lo dice, anche se ci lascerà un dubbio. Nel libro Le Belve hanno un ruolo da protagonisti.
Comunque fra i vari partecipanti alla colossale festa c’è Fabrizio Ciba, (personaggio protagonista) scrittore del momento che ha trovato la fama con un romanzo “La fossa dei Leoni” ,e partecipa pure il suo rivale, che ha vinto l’ultimo Premio Strega. I due scrittori sono caratterialmente molto diversi fra loro, sono sotto contratto con la medesima casa editrice e sono due personalità significative che meritano una particolare attenzione ( rapporti fra colleghi) .
Fabrizio Ciba si definisce uno scrittore di sinistra ( un intellettuale scomodo che puntava il dito contro il degrado morale della società) e al termine della festa, intervistato da un giornalista rilascera’ un’intervista che la dice lunga :” … siamo finiti nella festa di uno psicopatico megalomane. Questa è la triste parabola di un essere umano superbo e orgoglioso che ha creduto di essere un Cesare.”
Non è una lettura impegnata; nello stile inconfondibile di Ammaniti le pagine corrono via piacevolmente e si possono fare anche molte risate perché nell’organizzazione e nello svolgersi della festa, la fantasia ha dato il massimo contributo. Sesso, droga, amore, avventure improbabili, storie paradossali.
E fra storie paradossali si trovano pagine come questa che riporta un colloquio fra Ciba e un suo compagno di scuola diventato primario di chirurgia plastica:
“….Allora non hai capito. Il tempo delle figure di merda è finito, morto, sepolto. Se n’è andato per sempre con il vecchio millennio. Le figure di merda non esistono più, si sono estinte come le lucciole. Nessuno le fa più, tranne te, nella tua testa. Ma non li vedi a questi? – indicò la massa che applaudiva Chiatti. – Ci ricopriamo di letame felici come maiali in un porcile. Guarda me per esempio- si alzò barcollando……………………………Quelle che tu chiami figure di merda sono sprazzi di splendore mediatico che danno lustro al personaggio e che ti rendono più umano e simpatico…”.
Nell’ultima pagina del Libro, dopo i consueti ringraziamenti, Ammaniti denuncia il grave stato di abbandono in cui versa Villa Ada e richiama le istituzioni ad intervenire al fine di evitare la perdita di un pezzo importante di quella che lui definisce “questa vecchia e stanca città che è Roma”.
E’ evidente che il libro l’ho molto apprezzato e non esito a consigliarne la lettura a tutti, ma soprattutto agli italiani, però a titolo d’informazione riporto lo stralcio di un articolo di Giorgio Fontana su “ Il Sole 24 ore” :

“….In sostanza, il difetto di questo libro sta proprio nella sua mancanza di risolutezza in un senso o nell'altro. Non funziona né come divertissement né come romanzo terminale. A circa metà del libro, ci si domanda letteralmente perché Ammaniti abbia tirato in piedi un simile universo di cartone.
Cosa resta, dunque? Solo una trama ben congegnata e nient'altro. Troppo poco per salvare uno scrittore che anni fa ha saputo alzarsi a livelli straordinari di epica e umanità”.
(A dover obbligatoriamente condividere questo giudizio io potrei aggiungere : “magari anzichè 333 pagine Ammaniti ne poteva scrivere solo 250”, ma niente altro… Il mio giudizio rimane positivo).
Y.P.

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