giovedì 19 dicembre 2019

IL TRENO DEI BAMBINI- Viola Ardone


Il treno dei bambini



Poche informazioni sull’autrice: Viola Ardone (Napoli 1974) insegna latino e italiano al liceo.

 Visto in esposizione a Book-city Milano,  gli occhi del bimbo in copertina hanno attratto la mia attenzione:
la frase sul piatto posteriore mi ha indotta quasi  istintivamente all’acquisto.
A volte dobbiamo rinunciare a tutto, persino all’amore di una madre, per scoprire il nostro destino. Nessuno romanzo lo aveva mai raccontato con tanto ostinato candore

Trama

La seconda guerra mondiale è finita da un anno e nei quartieri poveri di Napoli regna la miseria più nera. Siamo nel 1946 e il partito comunista al fine di  far assaggiare un po’ di benessere ai bimbi meridionali più disagiati, intraprende l’iniziativa di portarli via dalle famiglie di appartenenza per alcuni mesi e  darli in affido a famiglie settentrionali  disponibili ad ospitarli.
Nei quartieri poveri dove regna l’analfabetismo e conseguentemente l’ignoranza, quando corre voce dell’iniziativa del partito comunista, l’agitazione si propaga e sono molti coloro che pensano che i comunisti prenderanno i bambini e li porteranno in campi di lavoro, magari in Russia…
In ogni caso la miseria è una belva feroce e molte mamme si troveranno quasi costrette a lasciar partire i loro figli.
Vengono organizzati dei treni e sul treno in partenza da Napoli sale Amerigo, un bimbo di sette anni, il vero protagonista del romanzo.
E proprio attraverso gli occhi di Amerigo, un bimbo dall’intelligenza brillante, pagina dopo pagina potremo assistere all’Italia che si rialza dopo il conflitto.
La storia di Amerigo a tratti commovente poiché le separazioni sono sempre dolorose, ma nel contempo gioiosa e sorprendente.
Meraviglioso leggere la storia attraverso gli occhi di un bambino.
Ovviamente non svelo altro perché questo romanzo definito il caso editoriale italiano dell’ultima fiera di Francoforte, in corso di traduzione in 25 lingue è semplicemente DA LEGGERE.

Io l’ho letto in un paio di sere poiché è davvero coinvolgente: qualche lacrima, molti sorrisi

Stralcio - Parte seconda- 15

- Fumano assai, qua sopra! Non si riesce manco a vedere la strada.
- Non è fumo, è nebbia, - dice lei- Ti spaventa?
- No. Mi piace che le cose prima sono nascoste e poi spuntano fuori a sorpresa.
- Questa è la casa di mia cugina Rosa. Quando è bel tempo si vede anche dalla tua finestra, ma con la nebbia scompare.
- Pure a me piacerebbe scomparire, qualche volta, ma noi nel Meridione la nebbia non ce l’abbiamo ancora.
 Amerigo troverà ospitalità presso una famiglia dove già ci sono tre ragazzini: Rivo – Luzio- Nario.
Nomi strani vero? E invece no, il padre aveva scelto con cura i nomi dei figli  attingendo a “Rivoluzionario”.
La famiglia  è comunista e sarà proprio questa famiglia a far scoprire ad Amerigo la sua naturale predisposizione per la musica: il capo-famiglia lo indurrà a prendere le prime lezioni  di violino.

Muoio dalla voglia da raccontare altro, ma non voglio togliere nulla a chi deciderà di leggerlo.
IL TRENO DEI BAMBINI è un romanzo che mi rimarrà nel cuore,  anche per lo stile letterario
accattivante e direi geniale.
Ovviamente è molto interessante dal punto di vista storico poiché racconta un’Italia che sta scivolando nel dimenticatoio.
                                                                                  Buona lettura.

 Dicembre 2019- Yvonne

lunedì 16 dicembre 2019

MIGLIONICO - Il paese più bello del mondo


MIGLIONICO

Il paese più bello del mondo



Non avevo mai sentito parlare di MIGLIONICO fintanto che non incontrai colei divenuta negli anni un’amica importante.
Le chiesi da dove veniva e lei  mi rispose che era nata a Miglionico, un paese in provincia di Matera che mi  descrisse come fosse  “il paese più bello del mondo”.
Io l’avevo ascoltata  e dentro di me avevo evocato le parole di mia mamma: “ Ciascun uccello ama la sua valle”.
In effetti penso che per ciascuno di noi il luogo natio,  nel ricordo  rimane il luogo più bello del mondo perché spesso è il teatro della nostra infanzia e adolescenza. Io che mi diletto a scrivere, il mio paese l’ho racchiuso dentro un romanzo, seppure col passare degli anni  mi pare che scema  sempre più il desidero di tornarci a vivere stabilmente, anche se nel contempo ho la certezza che mai potrei abbandonarlo.
  

Ebbene, una quindicina di anni fa il sentimento  d’ amicizia con lei si era già   consolidato ed io andai al mare a Metaponto,  sulla costa Jonica della Basilicata,  che dista da  Miglionico quarantacinque chilometri e in quella occasione lo andai a visitare.


I miei occhi lo videro così:  un paese tipico del Sud Italia, case basse addossate l’una all’altra come volersi abbracciare, molte delle quali dai tetti piatti simili a terrazzi oppure tutt’al più leggermente spioventi, ricoperti di coppi usurati dalle intemperie e dal sole cocente.
Tetti quasi sempre sprovvisti da grondaie.

Situato su di una dolce collina richiama l’attenzione lo svettante Castello del Malconsiglio a testimoniare una passato glorioso.



Era agosto,  il paese era  molto affollato e negli anni successivi, ricordando Miglionico, m’appariva vivida l’immagine della via principale brulicante di gente che consumava le serate a passeggiare avanti indietro dal Castello all’incirca verso la piazza del Mercato.
Il passio inteso come passeggio serale,  è consuetudine quotidiana in numerosi paesi del sud Italia e non è affatto  tempo sprecato perché è proprio in queste occasioni che può accadere di tutto, possono persino nascere intrighi da romanzo. Ciò che vidi a Miglionico, quindi non mi sorprese.

Successivamente  andai sempre altrove e in Basilicata non tornai più mentre lei,  che a Miglionico torna ogni estate , ha continuato a parlarmene con rinnovato entusiasmo.
Anzi, da alcuni anni percepisco che ogni qualvolta lei evoca il suo paese, dalle parole trapela una crescente nostalgia, ma potrei pure sbagliarmi…
Comunque  anche a seguito dei  suoi ripetuti inviti, quest’anno a Miglionico sono  ritornata e ci sono pure rimasta più di qualche giorno.

Via Castello

Dentro il cuore di Miglionico

I  luoghi, proprio come noi, vivono le stagioni, indossano abiti diversi e  in funzione del periodo trasmettano al visitatore impressioni differenti.
Miglionico  sul finire dell’autunno  è ben differente da Miglionico agostano.

La strada leggermente in salita mi ha permesso di ammirarlo dal basso verso l’alto e da subito mi è parso bello. Le altezze disuguali degli case conferiscono al contesto , strano a dirsi, un aspetto armonioso, molto gradevole da vedersi.
Ho raggiunto la sua casa, stretta fra altre case, ma col davanti aperto sul Monte Acuto, su Montescaglioso e sulla campagna lucana, ben curata e ben coltivata  a rappresentare un popolo laborioso.
Mi sono poi addentrata per il dedalo di vicoli a tratti angusti che corrono da un uscio all’altro,  a momenti confondendomi e in altri sorprendendomi.
La via che ricordavo affollata, la Via Castello, nei giorni scorsi era semi-deserta, soltanto qualche dimorante affaccendato nell’espletamento dei quotidiani doveri, che lei, ha immediatamente riconosciuto e salutato calorosamente senza mai dimenticarsi di me.


Il Castello del Malconsiglio, la congiura dei Baroni, la cui storia è generosamente scritta sui libri, è visitabile e dalle terrazze si possono godere ampie panoramiche del territorio circostante e se la giornata è nitida lo sguardo raggiunge persino Matera.

La torre con il bell’orologio che scandisce le ore, le mezz’ ore  e pure i quarti d’ora seguendo una propria logica discordante cinque minuti dall’ora esatta senza comunque creare affanni fra gli abitanti che incuranti vivono il loro tempo, si erge nel mezzo del paese.

Le campane suonano a ricordare che il paese è vivo e dentro le case dai tetti piatti, o ricoperte da coppi vecchi, ci stanno coloro che a Miglionico sono nati e da qui mai se ne andranno.
Loro rimarranno anche se i figli se ne sono andati,  poiché conversando qua e là posso affermare senza timore d’essere smentita che sono molti coloro che hanno figli sparsi per l’Europa. E non solo per l’ Europa.

In qualche vicolo le case hanno le facciate degradate  che reclamano intonaco nuovo, pittura e pennello, forse molte delle quali di proprietà di coloro che nonostante l’amor per il luogo natio hanno deciso di partire e poi non hanno più trovato il coraggio o forse il tempo, di tornare per restare. Chissà!



Miglionico ha pure delle belle chiese, la parrocchiale di Santa  Maria Maggiore al suo interno custodisce un Crocifisso del 1629,  opera del padre francescano Umile di Petralia e un polittico  composto da diciotto tavole  di Giovan Battista Cima, detto Cima da Conegliano.

Durante il mio soggiorno si è celebrata la riconsacrazione  della chiesa di Santa Maria delle Grazie,  una chiesetta del XVI secolo riedificata per volere di Ettore Fieramosca,  la cui vela, attualmente in attesa di restauro, custodisce due campanelle, una delle quali risalente al 1060 e pare sia la più antica della Basilicata.
Intrattenendomi con un abitante del luogo, poiché qui a Miglionico la conversazione scaturisce naturalmente anche se non ci si conosce,  sono venuta a conoscenza che queste campanelle negli anni addietro  entravano in funzione  per annunciare la morte di  bimbi poiché erano quelli, anni in cui la  mortalità infantile era elevata.
Questa chiesa secondo me è alquanto pregevole: nella parte centrale dell’altare  è visibile lo stemma di Miglionico ossia un guerriero a cavallo, con corazzo ed elmo, armato di lancia, ammantato di pello di  leone, voltato a destra, in atto di assaltare il castello.
Alla parte destra dell’altare invece c’è un grande affresco raffigurante la Natività  di Maria Vergine dipinto dal Sodoma, un pittore che lavorava alle dipendenze del Papa  e firmava le sue opere inserendo la figura di un gatto e un topo ( ben visibili in questo affresco).

Chi  legge abitualmente i  miei report di viaggio sa che prediligo descrivere le impressioni che i luoghi mi trasmettono perché le informazioni storiche e le descrizioni delle attrattive  sono ben documentate dalle numerose guide turistiche, quindi  mi limito a fornire solo brevi accenni.


E’ indubbio che Miglionico, forse anche grazie alla vicina Matera,  sta richiamando  l’attenzione di numerosi turisti e  più di qualcuno ha deciso di intraprendere l’attività di ospitalità con modalità Bed and Breakfast:  segno che  questo splendido luogo desidera esibire al mondo la sua singolare bellezza. ( Personalmente mi sono chiesta come mai non rientrasse ancora nell’elenco dei Borghi più belli d’Italia, ma sicuramente ci sarà una motivazione che ignoro).

A Miglionico a dicembre è tempo di spremitura delle olive perciò vanta un bel  frantoio che io ho avuto modo di visitare. La presenza di ulivi è considerevole e sicuramente la produzione di olio rappresenta per gli abitanti  una  fonte di guadagno non trascurabile.

MIGLIONICO, mi ha regalato del buon tempo. Forse ho la fortuna di saper naturalmente entrare in sintonia con il luogo in cui mi vengo a trovare e a Miglionico mi sono sentita “ di Miglionico”. Passeggiare per il paese, osservare il tutto alla ricerca di particolari da imprimere nella memoria,  incontrare  persone che nonostante non conoscessi mi  salutavano palesando la disponibilità alla conversazione, andare con la mia amica nei piccoli negozi ben diversi dai supermercati per soddisfare le necessità quotidiane,  mi ha fatto ricordare storie di giorni volati via, l’infanzia nel mio piccolo borgo sul lago.

Nello spazio sottostante la torre dell’orologio e nella piazza del Mercato quasi ogni giorno ho visto gruppetti di uomini che dentro  giacche pesanti ,sciarpe e cappelli se ne stavano placidamente ad oziare. Uomini, in particolare quelli la cui vita probabilmente è soprattutto da raccontare avendo già raggiunto l’età della sapienza e della saggezza.
Del resto, in periodi come questo in cui la campagna riposa, che altro dovrebbero fare?



Ho amato Miglionico dalle strade  svuotate  dal fragoroso vociare errante,
ho apprezzato il silenzio rotto soltanto dal ripetuto ticchettio dei miei passi,  nonostante in alcuni momenti il vento di tramontana mi infastidisse.
Ho apprezzato pure la mattina in cui aprendo la finestra, sorprendentemente mi sono trovata dinnanzi ad un paesaggio avvolto da brume nebbiose.
Ho apprezzato  la calorosa ospitalità della gente del sud,  il loro saper trarre piacere dalle riunioni conviviali, la pacatezza della vita quotidiana.
Ho apprezzato l’arte culinaria genuina, naturale dai sapori intensi di Enza e Maria Rosaria.
Ho apprezzato il tipico piatto di fave e cicoria cucinato da Laura.
Ricorderò con gioia i momenti  trascorsi con tutti voi:  GRAZIE  a Laura, Mimmo,  Enza,  Rina,  Maria Rosaria, Tonio e Cenzino.  

Miglionico un paese da conoscere, da visitare, da vivere e soprattutto un paese che non deve morire!

Dicembre 2019 - Yvonne Pelizzari

sabato 23 novembre 2019

I LEONI DI SICILIA – Stefania Auci


I LEONI DI SICILIA – STEFANIA AUCI




Ho letto il libro che stanno leggendo in molti poiché rientra nella classifica dei più letti e non me ne sono pentita: I LEONI DI SICILIA di STEFANIA AUCI , scrittrice trapanese di nascita e Palermitana di adozione di cui non avevo mai letto nulla.

Questo libro mi ha attratta sin dalla primo momento che l’ho visto in libreria poiché qualche anno fa durante una vacanza a Favignana andai a visitare la tonnara e la guida ci parlò dei Florio annoverandoli fra i portatori di progresso e benessere.
Infatti fu proprio un Florio a sperimentare la modalità di conservazione del tonno sotto olio, una modalità che si  rivelò vincente e  molto redditizia.

Ebbene I LEONI DI SICILIA  è  la Saga familiare dei Florio, che poveri poveri partirono da Bagnara Calabra , si  stabilirono a Palermo e grazie alla loro tenacia e lungimiranza costruirono un impero e divennero potenti.
Certo non erano titolati e a Palermo non ebbero vita facile, ma con il lavoro si fecero  i picciuli e intorno ai picciuli il mondo da sempre gira.

Palermo, la città di cui “ Piemontesi, veneti, romani, emiliani scoprono la bellezza sboccata e sensuale …… Che strana città. Si dicono, misera, lercia e regale al tempo stesso. Non riescono a staccare gli occhi dai colori, da quelle mura di ocra che sembravano riflettere la luce del sole: non si capacitano di come puzzo della fogna possa convivere con l’aroma delle zagare e dei gelsomini che decorano i cortili dei palazzi nobiliari”.

Il romanzo è molto avvincente, lo stile letterario moderno ed elegante rende molto gradevole la lettura. Io che amo perdermi nelle descrizioni,  ho molto apprezzato alcuni tratti in cui  le situazioni mi apparivano reali. Inoltre avendo visitato abbastanza bene Palermo, ho rivissuto appieno l’atmosfera di Piazza dei quattro canti,  la solennità dei palazzi, la straordinaria bellezza di Monreale, senonchè Marsala, le saline, Favignana, che l’autrice descrive come “ un’isola di silenzio e di vento”.

Il respiro del mare è un alito caldo che s’infila tra i vicoli. Procede a ondate lente, insinuandosi nelle case attraverso le fessure degli stipiti”.

La trama dei LEONI DI SICILIA si snoda  nell’arco di un secolo: inizia con la partenza dei fratelli Florio da Bagnara Calabra il 16 ottobre 1799 e si conclude nel 1868.
Ovviamente in quel lungo periodo la situazione  sull’isola  ha subito numerosi cambianti: la presenza dei Bordoni, le rivolte popolari, lo sbarco di Garibaldi etc. e l’autrice per meglio far comprendere al lettore  le varie dinamiche,  ha  collocato una sintesi storica della situazione vigente,  all’inizio di ogni capitolo/parte  riguardate la vita dei Florio.

Infine l’importanza di questa saga  sta anche nel fatto  che leggendola si ha la possibilità di conoscere usi, tradizioni, imposizioni  che forse non sono ancora andati  totalmente in disuso.
Matrimoni combinati, l’importanza di un titolo nobiliare, nobili indebitati , l'accettata discriminazione di genere finchè  qualche donna anzi, come definita nel libro " qualche femmina",   incurante di tutto   si permette di parlare in presenza del marito e affermare le proprie idee e opinini.
 E poi, l’amore che vince ….l’amore  perdente….l’amore taciuto….

430 pagine che mi hanno rubato il sonno, lette in una settimana.

Per chi ama la Sicilia è un romanzo imperdibile e  per chi non la ama è un modo per conoscerla.

Novembre 2019- Yvonne

venerdì 22 novembre 2019

LORO CIUFENNA


LORO CIUFENNA, un caratteristico borgo medievale toscano in provincia di Arezzo che merita indubbiamente di essere visitato.


Panoramica

Il nome Loro è derivante dal latino laurus mentre Ciufenna è il nome del torrente che scorre fra le case del borgo. Il torrente è sormontato da due ponti, l’uno di costruzione recente mentre l’altro molto pittoresco di origine romana a dorso d’asino.
Ponte romano a schiena d'asino

La torre dell'orologio 
Cosa visitare: il museo Venturino Venturi nelle sale del comune, la casa Venturi, la Chiesa di Santa Maria Assunta.

Venturi , scultore, pittore  e poeta contemporaneo nativo di Loro Ciufenna morì nel 2002.
Nella Chiesa di Santa Maria Assunta si può ammirare il capolavoro di Carlo Portelli, pure lui nativo di Loro Ciufenna : una grande pala con l’Allegoria dell’Immacolata Concezione, datata 1566.
La torre dell’orologio è fra gli edifici più rappresentativi del borgo. L’arco sottostante costituisce una delle due porte di accesso al castrum Lauri, la porta fiorentina. 
L’altra era la porta aretina e si trovava sulla parte opposta della strada principale, ma purtroppo è andata distrutta ai primi del novecento.
La parte superiore della torre, con loggia in pietra e mattoni, risale al tardo ottocento.
La stemma in pietra del Giglio di Firenze testimonia l'acquisizione del castello che secondo Giovanni Villani sarebbe avvenuta nel 1293.

L'antico mulino sul torrente Ciufenna
Le vie del Borgo

Novembre 2019- Yvonne

giovedì 14 novembre 2019

UNA DI LUNA - Andrea De Carlo


UNA DI LUNA- ANDREA DE CARLO


Introduzione   
Senza libri non so viaggiare e con UNA DI LUNA mi è accaduto qualcosa di strano…
Acquistato unicamente perché apprezzo molto lo stile narrativo di ANDREA DE CARLO,  non l’ho riposto in libreria bensì la sera stessa dell’acquisto ho iniziato a leggerlo e sin dalle prime pagine ne sono rimasta coinvolta. Qualche giorno dopo, mancavano una trentina di pagine alla fine e, dovendo andare al lago, decisi di portarlo con me.
Arrivata a destino,  dopo aver scaricato  le borse dall’auto e sistemato il tutto, avevo cercato UNA DI LUNA poichè ero davvero impaziente di conoscere il finale.
Dopo le travagliate vicissitudine racchiuse nelle 230 pagine lette, ci doveva essere  l’epilogo ed io speravo fosse quello che dentro di me, desideravo fosse nel mentre mi chiedevo cosa avrebbe deciso di fare della propria vita Margherita, figlia di un rinomato chef ottantasettenne, un uomo dal carattere spigoloso, fascista, che aveva perso tutto per le sue manie di grandezza . Margherita,  che stava con Luca ma che una sera dentro la magia di Venezia aveva baciato Jules, l’illusionista...

Ebbene avevo cercato di qua, di là, di su, in ogni angolo e del libro nessuna traccia, sparito.
Ero persino uscita in strada, quel  breve tratto , circa duecento passi necessari per raggiungere il garage, ma niente. Il libro  per strada non c’era e  neppure per un attimo avevo pensato che nel caso mi fosse caduto,  qualche passante l’avesse raccolto. Sarebbe stato davvero un caso eccezionale che qualcuno l’avesse raccolto e soprattutto portato via.
( Mio figlio in più occasioni mi ha assicurato che nessuno ruberebbe un libro...) 
Concludendo: UNA DI LUNA non c’era più e non potevo perdonarmi d’averlo perso.
Credo di non aver mai perso un libro e sarebbe stata  quella,  la prima volta.

E intanto il finale era in sospeso.

Infine con rassegnazione decisi che al rientro a Milano sarei andata a LA FELTRINELLI, mi sarei seduta nell’angolo dove ci sono le poltroncine e l’ avrei terminato.Non sapevo che altro fare anche perchè nel mio borgo sul lago non ci sono librerie.

Arrivato Ottobre ho rifatto le valigie per rientrare, tornai in garage ( durante l'estate ero andata più volte) e magicamente in un bel cesto di vimine UNA DI LUNA   era li quasi mi attendesse.

E ora finalmente ve lo racconto, ma ovviamente lasciando sempre il finale in sospeso, perché il bello è proprio racchiuso in quelle pagine.

Gocce di trama

Ambientato prevalentemente a Venezia vede protagonista Margherita Malventi, una giovane che si dedica alla cucina nel suo piccolo ristorante  nel sestiere di Castello. Suo padre, Chef oramai “finito” riceve un invito per partecipare ad una trasmissione televisiva di cucina la cui registrazione si tiene a Milano. La figlia decide quindi di accompagnarlo, forse nella speranza che potesse nascere fra loro un dialogo, quel dialogo che in realtà non c’era mai stato.
“ La notte prima non ero riuscita a dormire tanto ero piena di aspettative non realistiche: sognavo a occhi aperti improvvise aperture, riconoscimenti di errori, confessioni senza filtri, slanci, abbracci, magari anche lacrime liberatorie. Non sono cose che puoi razionalizzare: per quanto l’esperienza di una vita ti dica che non succederà, una piccola parte di te continua a sperare che invece per qualche genere di miracolo succeda, e che il tuo cavolo di padre possa improvvisamente smentire tutto quello che è stato ( o non è stato) fino a quel momento.”

 La registrazione “andrà come andrà “ proprio a causa del carattere alquanto singolare del padre, ma in questa occasione Margherita incontra Jules che di mestiere fa l’illusionista.
Lei non è sentimentalmente libera, vive con Luca, ora quarantenne, di cui  si era innamorata.
Ho pensato ancora una volta a come per compensare l’instabilità di mio padre ero andata a mettermi con un uomo banale, senza riuscire a compensare proprio niente, ancora meno ad aggiustare me stessa

Qui mi fermo e riprendo altri STRALCI

-          Con Luca viaggiavo da anni su un binario di ragionevolezza e ripetizione e noia, gli unici rischi che prendevo erano al mio ristorante, con le mie ricette.
-          Gli uomini hanno paura che le donne li prendano in giro, le donne hanno paura che gli uomini le ammazzino.
-          Ho pensato che le caratteristiche che adesso mi esasperavano di lui erano le stesse che mi avevano fatto innamorare alla scuola di recitazione: l’introversione, i silenzi dietro cui mi ero immaginata chissà quali profondità, la distanza emotiva rabbiosamente rivendicata, la non-generosità, l’assenza di trasporto. Avevo pensato di poterlo guarire dai suoi problemi e dai suoi difetti….. Ho pensato che da anni vivevamo in dimensioni parallele anche se dormivamo nello stesso letto.
-           
Impressioni personali

Credo che da questi stralci si possa desumere la capacità dell’autore di addentrarsi nel complesso mondo femminile . Ne aveva già dato ampia prova in romanzi precedenti ma questo, dal mio punto di vista è il migliore fra quelli che ho letto. UNA DI LUNA è estremamente importante, delicato e profondo poiché evidenzia anche quanto il rapporto con il padre possa influire nelle scelte sentimentali  delle figlie.
Un gran bel romanzo introspettivo, dentro il quale  ciascuno penso troverà dei tratti in cui  leggersi.

Il  titolo scaturisce dalla convinzione della protagonista che la Luna l’abbia salvata più di una volta.
A volte la notte mentre tornavo da Venezia a Mestre fermavo la macchina a lato della strada e stavo anche dieci minuti a guardare la Luna; la sua luce mi rasserenava e mi faceva dimenticare la mia infelicità cronica a casa.”

Avrei altro da aggiungere, ho sottolineato molte pagine ma credo sia meglio leggerlo e poi magari confrontarsi perché un libro, se discusso,  può divenire ancora più interessante.
Novembre 2019 - Yvonne

martedì 5 novembre 2019

FEDELTA’ – MARCO MISSIROLI




“Che parola sbagliata, amante. Che parola sbagliata, tradimento”.



Ho da poco terminato la lettura di FEDELTA’, il romanzo di Marco Missiroli rientrante nella cinquina dei finalisti Premio Strega 2019.
Ho amato questo romanzo perché la  storia  cambia verso pagina dopo pagina e nonostante i protagonisti siano soltanto  due , Margherita e Carlo una giovane coppia apparentemente felice o forse felice, ci stanno attorno personaggi che ho faticato a collocarli nel ruolo di “secondari”.

Sofia, la bella studentessa romagnola che  Marco,  professore all’università Statale,  afferma al rettore di aver  soccorso in bagno,  forse non è stata semplicemente soccorsa . Forse è successo qualcosa che ha eccitato la fantasia  al professore, ma nel romanzo non è esplicitato. Sofia comunque  quasi improvvisamente lascia il corso di studi e il lavoro di barista nel bar presso l’ateneo  e torna a Rimini nella bottega di ferramenta del padre.

Margherita, la moglie del professore, titolare di una agenzia immobiliare, si trova costretta a ricorrere alle cure di un giovane fisioterapista e anche lei lascia le briglie sciolte alla fantasia.
Il fisioterapista non ha una vita limpida, figlio di edicolanti arrotonda le entrate con sistemi illeciti e  Margherita ne rimarrà coinvolta emotivamente.
Ma non solo, nella vita di Marco c’è altro.

La mamma di Margherita, un tempo sarta,  tiene un rapporto speciale con il genero e lei conserva il proprio segreto, un segreto che depone sulla lapide del marito.
“Una donna che oltre a cucire gli strappi degli altri aveva rammendato i propri”

Non voglio andare oltre con la trama al fine di non  arrecare danno a chi intende intraprendere la lettura .

Sintetizzo scrivendo che  FEDELTA’   è una storia ricorrente anche se i contesti possono essere ben diversi. E’ ambientata a Milano, una Milano magistralmente descritta, “sornionainquieta”- “ Milano cambiava, brulicante di cantieri e ingorda di sorprese”- “Milano e il cielo d’alluminio”, ed io mentre leggevo a tratti mi pareva di trovarmi in loco.


Di questo romanzo ciò che ho molto apprezzato e, secondo me fondamentale, è  il lavorio mentale di Carlo e Margherita su cui l'autore si sofferma molto.
Vi sono molti spunti che inducono alla riflessione.

Quanto scritto in quarta di copertina, sempre secondo il mio punto di vista, è molto emblematico:

Che parola sbagliata, amante. Che parola sbagliata, tradimento”.

Siamo sicuri che resistere a una tentazione significhi essere fedeli?
E se quella rinuncia rappresentasse il tradimento della nostra indole più profonda….

STRALCI

-          Riabituarsi, era quella la parola che lo gettava nel dubbio. Chi si riabitua è stato da un’altra parte, sovvertendo un equilibrio. Sovvertendo, equilibrio: il lascito di un’educazione salda, le scuole cattoliche, l’apertura dei regali alla Vigilia con candele accese…..

-          Le fini portano inizi.

-          Con lui aveva intuito che l’infedeltà poteva significare fedeltà verso sé stessa.


L’AUTORE

MARCO MISSIROLI, collaboratore CORRIERE DELLA SERA,  è nato a Rimini e vie a Milano. Vincitore del Premio Campiello Opera prima SENZA CODA.
Altre opere: 
IL BUIO ADDOSSO – BIANCO –  IL SENSO DELL’ELEFANTE ( Premio selezione Campiello 2012) - ATTI OSCENI IN LUOGO PRIVATO.

Ottobre 2019- Yvonne

domenica 27 ottobre 2019

LINOSA- Nero è bello



E’ già trascorso qualche giorno dal rientro dalle Pelagie dove l’estate ancora era in pieno trionfo  nonostante fosse ottobre avanzato ed io stento a rassegnarmi che la vacanza sia davvero finita ed accettare che qui le foglie in colorazione mutevole si apprestano a staccarsi dai rami.
Ne sono certa: io sono nata al Nord per un errore del destino.

Il ricordo  è  comunque così nitido e vivo che sento ancora sulla pelle la sabbia fine della spiaggia dei Conigli, sulle papille il sapore inimitabile della briosche al gelato  e dentro gli occhi conservo panoramiche strabilianti.
Lampedusa e il suo sortilegio, Linosa, la perla nera che fuoriesce dall’azzurro incredibile.



Linosa è raggiungibile partendo dal porto di Lampedusa  con  l’aliscafo della Liberty Line che impiega un’ora di navigazione.
Un’escursione che si rivelerà sorprendente poiché questa isoletta la cui superficie misura solo 5,5 chilometri quadrati è molto diversa dalla sorella Lampedusa,  ma non per questo meno affascinante.
Ben tenuta, ordinata, casette colorate e piante di ibisco rigogliose.


Linosa con le sue rocce nere è molto scenografica, a tratti evoca il paesaggio lunare.

Tre vulcani spenti, piscine naturali, faraglioni e fichi d’india che fungono da muretti divisori delle varie proprietà. A Linosa redditizia è la coltivazione delle lenticchie, un specie rara e pregiata che viene utilizzata per il piatto locale , ossia una tipica zuppa di lenticchie.
Linosa è nota anche per la nidificazione delle diomedee che nel periodo delle migrazioni  offrono  spettacoli alquanto singolari. Inoltre con il loro canto quasi inquietante a evocare il vagito di un bimbo,  rendono le notti di luna indimenticabili.

Sbarcati dall’aliscafo, al porto di Linosa si trovano stazionanti diversi pullmini idonei a trasportare una decina di persone che al costo di dieci euro offrono il giro dell’isola.
Linosa è ideale per fare lunghe camminate, magari solitarie per meglio assaporare il contesto, poiché ci sono numerosi  sentieri ben tracciati che consentono ampie vedute.


Purtroppo io e la mia compagna di viaggio avevamo a disposizione solo una giornata, quindi  abbiamo optato per il pulmino di Benedetto  il quale si è prodigato a fornirci numerose informazioni inerenti l’isola.


La spiaggia vulcanica di Pozzolana, che rappresenta uno dei più importanti siti riproduttivi della tartaruga Caretta caretta è un insieme davvero stupefacente: una piccola baia racchiusa da muraglioni rocciosi multiformi e multicolori. Immergersi in quelle acque quasi tiepide  si provano sensazioni paradisiache.


Che altro dire: Linosa un piccolo gioiello che mi ha rubato un pezzo di cuore!
( L’altro pezzo me lo ha rubato Lampedusa…)
Vedere per credere perché come per Lampedusa, nessuna descrizione le può rendere giustizia.
Se fossi un pittore  non esiterei a sistemare il cavalletto sull’estremo più alto e poi con pennello e tavolozza cercherei di dare vita a quei panorami superbi.


26 ottobre 2019- Yvonne

giovedì 24 ottobre 2019

LAMPEDUSA- Arcipelago delle Pelagie -





Sono rientrata ieri sera da una breve vacanza nell’arcipelago delle Pelagie: ho soggiornato a Lampedusa, un’isola inenarrabile poiché nessuna  descrizione le renderebbe giustizia.
L’estremo Sud d’Europa, la Porta d’Europa appunto, materializzata dall’artista Mimmo Paladino nel 2008, collocata tra cala Spugne e Porto vecchio. Opera dedicata a tutti i migranti che hanno perso la vita nel Mediterraneo.


Lampedusa, l’estremo sud dello stivale, l’isola di cui tanto se ne parla nei telegiornali e spesso indegnamente tanto da trasmettere al visitatore che la raggiunge l’impressione d’aver sbagliato meta.
Lampedusa  è davvero un’isola seducente  che accoglie con calore, semplicità, apparente ingenuità e  il turista dopo  aver percorso soltanto pochi passi in via Roma  si sente a casa: una casa la cui porta è aperta a tutti .

Via Roma, lunga forse neppure un chilometro rappresenta il punto nodale delle vita isolana: tutto avviene in questo tratto di strada ai cui lati si assiepano locali tipici, ristoranti, bar, negozi.
Qui la conversazione  scaturisce naturalmente ad ogni angolo senza la necessità di conoscere il nome dell’uno o dell’altro.
I negozianti sono più che affabili  e s’intuisce che la disponibilità e la cordialità in loro è innata e non rigorosamente doverosa.

In fondo alla via, dinnanzi al museo archeologico si apre un ampio spiazzo dal quale si gode l’intera panoramica del porto vecchio e del porto nuovo sui quali svetta la statua della Madonna di Porto Salvo protettrice dei naviganti e quasi certamente,  incredibilmente s’incontrerà qualche lampedusano che si prodigherà nelle narrazioni delle traversie storiche che nei secoli   hanno coinvolto l’isola.
Al crepuscolo immagini maliose, delicate  regalano vibrazioni di cuore,  fremiti   e la vista inevitabilmente si abbandonerà alla contemplazione.
Godere del  piacere che la bellezza propaga a Lampedusa è possibile.   


E nel mentre che con la  macchina fotografica cercavo di catturare immagini fuggevoli, un anziano signore senza che nulla gli chiedessi si è avvicinato e  ha iniziato il suo racconto alquanto affascinante : una leggenda risalente ai tempi antichi  vuole che il comandante  della nave Dusa a causa di un temporale violentissimo fu costretto a cercare riparo su questo lembo di territorio  staccatosi dall’Africa. Lampi spaventosi saettavano nel cielo mandando in frantumi la notte e spargendo timore e preoccupazione. Soltanto dopo un tempo indefinito la burrasca esaurì la sua forza e l’equipaggio della Dusa miracolosamente rimase indenne. Da quell’evento il territorio senza nome, il frammento d’Africa,  divenne LAMPEDUSA ( lampi e Dusa).
Esistono altre leggende sull’etimologia del nome di questa magica isola, ma a dire dell’ ultra ottantenne marinaio che in gioventù affermò di aver  navigato mari di mezzo mondo, sicuramente è la più attendibile.  Proseguì poi la narrazione con la leggenda della Madonna di Porto Salvo, protettrice dell’isola  nonché la storia della Madonna del mare  la cui statua si trova a quindici metri di profondità  dinnanzi all’isola dei Conigli.
Gradevolissima la conversazione con questo signore, sarei rimasta ore ad ascoltarlo, tanto da trovare armoniosa persino l’insolita coniugazione verbale tipica degli abitanti del luogo.

L’isola all’interno è aspra con scarsa vegetazione se non arbusti e cespugli di macchia mediterranea che esalano profumi inebrianti. E’ visitabile percorrendo una strada panoramica il cui manto stradale richiede manutenzione: vi sono sentieri ben tracciati percorribili anche a piedi ma l’ausilio di un’auto secondo me è d’obbligo. (Sono presenti numerosi autonoleggio).


Il mare circostante ha colori inattendibili,  azzurro variegato, tonalità  intense sino a divenire blu cobalto: colori che incantano e che donano benessere. Non credo sia un caso se il blu cobalto in psicologia è considerato terapeutico. Io ne sono rimasta rapita.
Credo che l’azzurro Mediterraneo sia unico.


In ogni caso, in alcuni momenti osservando quelle acque senza confini da cui traspare una potenza incontrastabile seppure così invitanti,  un senso d’angoscia ha interrotto le mie stasi: incredibile che un mare così bello che nei giorni di bonaccia appare un tappeto,  possa essere tanto crudele da inghiottire bambini e donne   provenienti  da lontano in cerca di una vita accettabile.
Non si dovrebbe dimenticare che se il Mediterraneo fosse un cimitero sarebbe ricoperto di croci di cui su molte sarebbe persino impossibile  scrivere un nome.
 
Spiaggia Guitgia a Ottobre
Vi sono spiagge di sabbia bianca come la Cala Guitgia famosa soprattutto per i grandi concerti di Claudio Baglioni che di Lampedusa si è innamorato e possiede una villa fronte mare a Cala Creta.
Spiaggia Isola dei Conigli




 Indubbiamente la spiaggia più bella è la Spiaggia dell’Isola dei Conigli: una baia dalle acque cristalline e sabbia finissima dove la tartaruga caretta caretta va a nidificare e dove Domenico Modugno volle trascorrere le ultime ore della sua vita terrena.
E’ spiaggia libera e non c’è nessun punto di ristoro. E’ consentito l’utilizzo di ombrelloni soltanto su un piccolo spazio al fine di evitare eventuali danneggiamenti alle uova delle tartarughe.  Da una decina d’anni è raggiungibile tramite un sentiero scosceso di circa un chilometro per cui la risalita può risultare faticosa se il sole è ancora alto,  ma ciò è tollerabile: il paradiso lo si deve conquistare e non c’è dubbio che questa baia paradiso lo è.

Non intendo dilungarmi nella descrizione paesaggistica di Lampedusa poiché numerose sono le guide turistiche in commercio e online e, non mi soffermo neppure sulla cucina tipica mediterranea dai sapori unici in cui il pesce detiene pieni poteri, ma invito ad andarci poiché solo vedendo con i propri occhi ci si può rendere conto della sua singolarità e della magia che emana.
 
Santuario della Madonna di Porto Salvo


Visitare Lampedusa è facile e il Santuario della Madonna di Porto San Salvo  colorato di bianco e azzurro nei pressi della Spiaggia di Cala Madonna è imperdibile. Immerso in una ricca vegetazione con piante dalle radice aeree è contornato da grotte scavate nella roccia, alcune delle quali fungevano da cisterna per raccolta delle acque.
Il Vallone di Cala Madonna  rappresenta uno dei luoghi più suggestivi e carichi di storia dell’Isola  e l’insegna recita che si tratta di un luogo sacro e  d’incontro pacifico fra uomini di religioni e culture diverse, dove ognuno poteva pregare il suo Dio e dove gli antichi naviganti venivano a rifornirsi d’acqua lasciando in segno di carità un po’ di cibo per i naufraghi e i pescatori sfortunati.

La mia compagna di viaggio ed io che solitamente mai  torniamo  nello stesso luogo, atterrate all’aeroporto di Bergamo, abbiamo deciso che l’anno prossimo a LAMPEDUSA ritorneremo. 


Che abbia di misterioso LAMPEDUSA che si potrebbe pure definire l’isola del nulla, mi è inspiegabile, so con certezza che il sole che fuoriesce dal Mediterraneo al mattino presto regala tumulti emozionali che non ho provato altrove.
Forse per la seconda volta in vita mia a Lampedusa ho goduto della meravigliosa sensazione di pienezza, completezza, di non  avere bisogno di nulla, una sensazione che provai la prima volta a Castel Gandolfo in un novembre di alcuni anni fa.

Fanno parte dell’arcipelago delle Pelagie oltre a LAMPEDUSA, Lampione e Linosa a cui dedicherò un’altra pagina.

Ottobre 2019 - Yvonne