domenica 9 settembre 2018

LA RAGAZZA CON LA LEICA - Helena Janeczek





LA RAGAZZA CON LA LEICA -  HELENA JANECZEK
( Vincitore premio Strega 2018)



La vita con impegno e coraggio la si può vivere assecondando i proprio desideri, le proprie necessità e stabilendo delle priorità.
Mi alzo, consumo una buona colazione, faccio una corsetta possibilmente in luoghi dove il verde predomina, mi dedico all’attività lavorativa, etc. etc. etc…..
Leggo il giornale, non sempre la medesima testata,  poiché ritengo necessario essere informata su ciò che avviene nel mondo, ma non mi basta….
Ho bisogno dei libri perché  i libri sono bussole in un mare di confusione.
Ovviamente non leggo unicamente saggi, libri d’inchiesta, di psicanalisi, etc...mi diletto anche a leggere romanzi.
L’ultimo terminato è  il romanzo intitolato LA RAGAZZA CON LA LEICA, vincitore del premio Strega 2018 , motivo questo che mi ha indotta ad acquistarlo. Oltre al Premio Strega ha vinto il Premio Bagutta ed è entrato nella selezione del Premio Campiello.
Io che amo leggere e  mi dedico pure alla scrittura, ho ritenuto quasi un obbligo leggerlo.

Inizio subito con il dire che un romanzo se mi coinvolge, mi ruba anche il sonno e generalmente in pochissimo tempo lo termino.
Ebbene LA RAGAZZA CON LA LEICA ha cambiato collocazione più volte: dal comodino al tavolino in soggiorno, alla borsa da spiaggia, al sedile dell’auto, al divano e infine questa mattina, dopo più di due settimane,  sono arrivata all’ultima pagina. ( 330 escluso i Ringraziamenti)
Mi sorge persino il dubbio di non averlo compreso appieno, ma non me la sento proprio di rileggerlo.

Sia chiaro, è indubbiamente un bel romanzo, ma forse la presenza di molti personaggi che tutto sommato non sono così importanti,  in me ha fatto scemare il coinvolgimento.

La storia è comunque alquanto interessante: la protagonista principale, Gerda Taro, morta in Spagna a soli 27 anni, la prima donna fotografa caduta su un campo di battaglia: “era una compagna, una donna, una donna coraggiosa e libera, molto bella e molto libera, diciamo libera sotto ogni aspetto”.
Lei, ebrea,  era fuggita dalla Germania nel momento in cui il nazionalsocialismo dilagava e a Parigi aveva maturato il desiderio di partire per la Spagna per documentare quella resistenza al fascismo e … a Parigi il 1 agosto 1937 un lungo corteo funebre con bandiere rosse sventolanti, l’accompagnava alla sepoltura. Era pure il giorno del suo compleanno.
In quel corteo, in prima fila c’era il fotografo ungherese Robert Capa: sul suo volto era ben visibile lo strazio, il grande dolore per quella dipartita.  A Gerda aveva insegnato l’utilizzo della macchina fotografica e con lei aveva trascorso giorni felici e delle risate. Infine insieme erano partiti per la Guerra di Spagna.
Non mi dilungo, chi volesse conoscere un po’ la storia di quegli anni in Europa, leggendo questo romanzo ne trae soddisfacimento e magari incentivazione alla ricerca. Erano gli anni trenta, la crisi economica, l’ascesa del nazismo, l’ostilità nei confronti degli emigrati  che in Francia colpiva prevalentemente  chi era ebreo e aveva idee politiche considerate di sinistra.

Inoltre secondo me è scritto molto bene, uno stile letterario colto che ho molto apprezzato.
Ciò che invece  non ho apprezzato: in alcuni frangenti  l’utilizzo di espressioni in lingua tedesca che non ho compreso.

Dal romanzo emerge l’importanza di uno scatto fotografico in determinati momenti della storia.
Le fotografie hanno documentato avvenimenti, tragedie, torture senza le quali non sapremmo nulla.

Qualche stralcio significativo

-          Ogni pentola ha il suo coperchio  o prova a trovarne uno che si adatta

-          Mente e memoria sono una cosa unica, l’integrità della memoria fonda l’integrità di ogni essere umano anche tra i nomadi, non è una prerogativa dell’interiorità borghese custodire i ricordi. Ciascuno ricorda ciò che gli serve, quel che lo aiuta a mantenersi in sella.

-          Non si da vita vera- o vita giusta- nella falsa

-           L’ambiente in cui era cresciuto lo aveva avvantaggiato. Gli erano state risparmiate le ansie e le smanie della doppia morale, le mele avvelenate in paradiso, questa menzogna originaria per fondare il dominio dell’uomo sulla donna e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che deve espiare con il sudore della fronte…..

-          Un mondo guarito dalla disuguaglianza avrebbe dovuto realizzare anche il diritto universale al superfluo


L’autrice
HELENA JANECZEK, nata a Monaco di Baviera in una famiglia ebre-polacca, vive in Italia da oltre 30 anni. Altre sue opere: Cibo – Le rondini di Montecassino – Lezioni di  tenebra .

Settembre 2018 - Yvonne

martedì 4 settembre 2018

IL GIARDINO del MERLO: Vedute da emozione!

Dongo e Gravedona (dal Giardino del Merlo)


Sovente avviene che  meraviglie a noi vicine vengono intenzionalmente trascurate senza una ragione ben precisa. A volte se ne sente parlare e ci si promette di approfondire, ma poi si continua a rinviare, al domani aggiungi un altro domani…. E così da molto tempo  sentivo parlare dell’esistenza del  Giardino del Merlo, ma soltanto qualche giorno fa, dopo aver visto pubblicate in Facebook alcune fotografie, mi sono decisa ad andarci.
Musso



Il Giardino del Merlo si trova su ripide rocce affacciato sull’alto Lario tra i paesi di Musso e Dongo e fu realizzato a finire dell’Ottocento come giardino botanico adornato di ponticelli, grotte e gallerie. Tra i resti di un precedente complesso fortificato vi era anche la bella chiesa di Sant’Eufemia in posizione altamente panoramica sul Sasso di Musso. Dopo la Seconda guerra mondiale, il giardino divenne una cava di marmo e fu molto danneggiato. Grazie al lavoro dell’associazione “Giardino del Merlo” il sito è di nuovo accessibile sebbene poco sia rimasto dell’impianto originario. Tuttavia, la salita alla chiesa di Sant’Eufemia offre ancora atmosfere e scorci suggestivi.

La descrizione di cui sopra, è ripresa totalmente dal sito del luogo, ma non rende appieno giustizia alla sua naturale spettacolarità.
Un angolo di lago in cui il panorama diviene emozione.
Inoltre dentro il giardino vi sono resti di costruzioni in pietra molto interessanti che da quanto ho letto, durante la seconda guerra mondiale si rivelarono ottimi nascondigli per i partigiani.
Sono ben visibili alcune porte totalmente rivestite di pietre che chiuse parrebbero dei semplici muri.  
Porta rivestita di pietre



La chiesetta di Santa Eufemia, dentro il Giardino del Merlo,  si raggiunge a piedi seguendo un  sentiero  abbastanza ripido antistante la galleria che da Musso porta a Dongo.


L’ingresso non è del tutto ben visibile , in ogni caso ci si arriva: c’è un cancello che ha la parvenza d’essere l’ingresso di una proprietà privata .  Occorre spingere e aprire il cancello sul cui lato un cartello riporta la scritta “ giardino del Merlo”. Non vi sono custodi e l’ingresso è libero.
Più esattamente i camminamenti-sentieri che consentono la visita del giardino e portano alla Chiesetta di Sant’EUFEMIA sono diversi e occorre dotarsi di scarpe idonee. Tempo necessario: quarantina di minuti.


“Fu ideato nel 1858 da Giovanni Manzi membro della celebre Famiglia Manzi che fece costruire l’omonimo Palazzo nella piazza principale di Dongo di cui è sede del Municipio . L’opera di Giovanni Manzi venne proseguita poi dalla nipote Giuseppina la quale si occupò ed arricchì la bellezza del Giardino del Merlo e continuò nel mantenerlo sempre aperto ai frequentissimi turisti italiani e stranieri. Alla sua morte, nel 1945, il Giardino rimase purtroppo per lungo tempo incustodito poi venne venduto alla SA Scalini ed in seguito ad una famiglia locale. Nel 2013 fortunatamente la Comunità Montana Valli del Lario e del Ceresio iniziò un restauro del complesso per consentire la ripresa della sua completa fruibilità.” ( fonte http://www.danielarampoldi.it/wordpress/it/giardino-del-merlo)
Chiesetta di Sant'Eufemia

Aggiornamento Aprile 2019 
" Ci fu un tempo quando sul versante di costa fra Musso e Dongo regnava Gian Giacomo Medici, il “Medeghino”, che da qui dominava incontrastato dal suo castello sututto l'alto Lario. Era il 1522.

Tre secoli dopo, fra il 1853 e il 1883, attorno al maniero ormai in rovina, lungo il pendio scosceso, Giovanni Manzi, nobile di Dongo, volle realizzare il suo speciale orto botanico: prendendo spunto dai giardini della riviera ligure, sfruttando quindi la conformazione del terreno, con un versante esposto a sud e uno a nord, creò un luogo ricco di contrasti, dalla natura lussureggiante, con specie botaniche provenienti da ogni dove, piante tipiche dell’area mediterranea accanto a varietà proprie dell’ambiente alpino e persino specie esotiche (si racconta che erano presenti più di 120 specie arboree differenti!). E trovarono spazio anche passerelle, punti panoramici, ponticelli, grotte, gole e cascate. Già all'epoca questa “oasi” era aperta a turisti e villeggianti, e Giuseppina, nipote del Manzi, negli anni continuò a curarla e abbellirla, fino alla sua morte. Era il 1945. L’area fu lasciata all'incuria, danneggiata in alcuni casi, e al suo interno venne addirittura aperta una cava di marmo.
Nel 2013 si è deciso di riportare il giardino al suo splendore originale e di riaprirlo al pubblico per restaurare e mettere in sicurezza passerelle, scalette e tutte le strutture create a suo tempo per valorizzare le piante cresciute rigogliose, ma senza un ordine, nel corso degli anni. L’impianto è stato mantenuto come quello voluto dal suo ideatore, con una parte centrale di stampo botanico e due sezioni laterali legate più all'ambiente boschivo.
Questa è la storia del Giardino del Merlo, riaperto al pubblico nel settembre del 2018, un luogo magico e insolito con una vista mozzafiato sull'Alto Lago che dovete assolutamente visitare!(foto danielarampoldi.it, diegopessina.wordpress.com, Lakeaddicted - Blog personale sul Lago di Como)"