lunedì 30 novembre 2020

L’APPELLO – Alessandro D’Avenia

 

L’APPELLO – Alessandro D’Avenia 

In copertina c’è scritto  L'APPELLO  - romanzo - ma per me è stato molto più : è stato apprendimento, è stato un rievocare situazioni vissute,  è stato un potente strumento di riflessione che mi ha indotta a confermare  a me stessa  errori che già presagivo d’aver commesso, ma nel contempo ho trovato anche una giustificazione. Del resto in tempi  moderni in cui l’apparire conta più dell’essere, il compito per un genitore nell’affrontare la fase adolescenziale di un  figlio è alquanto arduo. 

Alessandro D’AVENIA, dottore di ricerca in lettere classiche, insegna al liceo ed è anche sceneggiatore. La sua opera prima “Bianca come il latte, rossa come il sangue” è divenuto un film.

 Trama

 Un professore di quarantacinque anni divenuto cieco, dopo un periodo d’interruzione, decide di riprende l’insegnamento nonostante le paure e le ansie derivanti dalla condizione inedita.

Gli viene assegnata una classe che deve affrontare la maturità, quindi tutti ragazzi di 18 anni e qualcuno anche di più perché ripetente: lui, il prof di scienze  che si presenta in classe con gli occhiali scuri, mentre gli studenti sono considerati “casi disperati”.

L’incontro fra il prof e gli studenti dovrebbe avvenire tramite l’appello, ma il prof non è dell’idea che debba trattarsi di un semplice elenco quindi inventa un appello “ rivoluzionario”. In lui c’è la convinzione che per cambiar il mondo sia necessario “salvare il nome”.

Salvare un nome. Per questo faccio l’insegnante e non voglio smettere di farlo anche se sono diventato cieco. Niente di sentimentale, pura scienza: sino a che non lo identifichi e non gli dai un nome, un fenomeno non esiste

Da questo inizio nasce il romanzo: coinvolgente, commovente, come solo un professore che ama profondamente il suo lavoro e che conosce le problematiche della scuola, poteva scrivere.

Fra il prof Romeo Omero e la classe s’instaura un rapporto di fiducia e di conoscenza che lascia sbigottiti insegnati e dirigente scolastico, i quali arroccati su preesistenti convincimenti ne hanno paura .

Storie di vita. La Classe del prof Romeo è l’insieme di tutte le classi di tutte le scuole.

Alle spalle di ogni ragazzo c’è un mondo che spesso gli insegnanti non conoscono e  non cercano neppure di conoscere poiché ritengono non di loro interesse e si ritrovano ad impartire nozioni che i ragazzi non riescono ad apprendere perché s’impara ciò che si ama e ciò che ci insegnano ad amare.  

Nella vita occorrono maestri e il prof Romeo era un maestro.

 Le mie impressioni sono assolutamente positive: un romanzo importante, dallo stile letterario eccelso. Su alcune pagine ho pianto, nella lettura di alcune vicissitudini mi si è chiuso lo stomaco. Il finale,  nella sua drammaticità è “luminoso”.  Da leggersi fino all’ultima pagina, compresa quella dei ringraziamenti, poiché anche il disegno di copertina ha la sua storia.

 Grazie Prof. D’Avenia per averlo scritto. E’ una sensazione bellissima terminare un libro e sentirsi” più belli – più ricchi”.

Stralci

Come d’abitudine, inserisco qualche stralcio, ma sono in difficoltà nel discernere poiché le pagine che ho evidenziato sono moltissime.

 -          E’ un paradosso, ma ciò che ci troviamo davanti agli occhi non lo vediamo, anche perché in genere non vogliamo vedere davvero, quanto piuttosto ottenere conferma di quello che già crediamo di sapere e rimanere ciechi su ciò che non ci conviene sapere.

-          Credo che esistano due categorie di persone: quelle che fuggono da qualcosa e quelle che cercano qualcosa. O forse è più preciso dire che ci sono persone che smettono di fuggire da qualcosa e cominciano a cercare, e persone che non iniziano mai a cercare perché sono troppo impegnate a fuggire…..

-          …riprodursi non è riprodurre individui uguali a noi, anzi, è generare chi metterà in crisi proprio quelle aspettative per costringerci a rivedere chi pensavamo di essere o di voler essere.

-          La scienza descrive il dolore, non lo risolve.

-          La conoscenza che non serve a prendersi cura di sé e del mondo non è conoscenza, ma violenza

-          Oggi la donna  spesso è usata come oggetto del desiderio per l’occhio che la vuole possedere, e così facendo le toglie la vita, Sempre più rapace, l’occhio esalta il desiderio e trasforma la donna in pura illusione, per eccitarlo. Finchè l’occhio non guarisce da questa volontà di dominio non riusciremo più a vedere le cose e a sentirne il respiro. Riavremo il mondo solo quando smetteremo di volerlo dominare.

-          …ci vuole tempo, le cose non cambiano mai in un momento, perché quando una cosa è vera è come un seme, ci mette anni a dare frutto. Quando invece vuoi subito tutto, usi la forza, rompi la scorza, usi la violenza, e rompi anche l’essenza.  

30 Novembre 2020- Yvonne Pelizzari

martedì 17 novembre 2020

SUITE FRANCESE - Irene Nemirovsky

 

SUITE FRANCESE – Irene Nèmirovsky

 


Presente da tempo nella lista interminabile dei libri da leggere, soltanto l’estate scorsa l’ho acquistato al prezzo speciale di circa 9 euro- Universale Economica Feltrinelli / CLASSICI.

Qualche giorno fa l’ho iniziato e stanotte l’ho finito nonostante  fosse di 500 pagine.

Mi ha coinvolta intensamente sin dalle prime pagine poichè lo stile letterario è quello che io prediligo: le descrizioni divengono immediatamente immagine, scenari, mentre la trama l’ho trovata  molto interessante poiché basata su fatti storici reali.

 (Il mio libro appartiene alla ottava edizione del 2014 e la  nuova traduzione è di Cinzia Bigliosi che da quanto ho letto insegna a  Verona teorie del Romanzo ed ha tradotto altri classici, oltre ad aver curato la biografia di Thurman). 

L’autrice, IRENE  NEMIROVSKY,   nata in Ucraina, visse a lungo in Francia dove venne arrestata dai nazisti e deportata da Auschwitz nel 1942 in quanto ebrea. Nel campo di concentramento  morì dopo un mese a soli 39 anni.

SUITE FRANCESE, ha ricevuto il Prix Renaudot a titolo postumo, unica eccezione al regolamento che prevede la premiazione soltanto a scrittori in vita.

Infatti il manoscritto, per 50 anni era stato conservato dalla figlia maggiore in un cassetto, assolutamente  trascurato poiché  ella riteneva che si trattasse di un diario e quindi troppo doloroso da leggersi visto che la madre era stata deportata.

SUITE FRANCESE è divenuto film nel 2014 ( genere drammatico sentimentale guerra).

 Trama

In sintesi è la cronaca dell’arrivo a Parigi delle truppe naziste e la conseguente occupazione della Francia da parte della Germania durante il secondo conflitto mondiale.

Nell’analisi invece è lo sfaldamento della civiltà francese.

La prima parte è incentrata sull’esodo  di massa dei francesi, i quali  all’arrivo dell’esercito nazista in Francia fuggirono portandosi addietro tutto quanto a loro era possibile: i ricchi con gioielli, denari,  mobili pregiati, porcellane, i poveri  con gabbie di polli, conigli e poco altro.

"… grandi migrazioni umane sembrano governate da leggi naturali. Quei periodici spostamenti di massa sono probabilmente necessari alle popolazioni come la transumanza lo è per le greggi."

La seconda parte invece descrive dettagliatamente l’occupazione dell’esercito tedesco di una piccola cittadina di campagna dove risiedevano proprietari terrieri e mezzadri.  I soldati tedeschi , vincitori in quella parte di conflitto, andavano a stabilirsi nelle case dei residenti, i quali essendo vinti, dovevano ospitarli.

La convivenza fra vinti è vincitori non si rivelerà drammatica come potrebbe sembrare, ma non tutti i francesi erano animati degli stessi sentimenti e l’autrice con grande destrezza e lucidità lo evidenzia e induce il lettore alla riflessione: gli eventi occorre osservarli da angolature diverse e la parte più difficile rimane sempre quella di saper andare oltre i pregiudizi.

"Dopo tutto, si giudicano gli altri solo in base al proprio cuore. L’avaro vede sempre la gente spinta dall’interesse, il lussurioso dall’ossessione del desiderio."

Numerosi sono i personaggi, anche di notevole importanza, ma le vere protagoniste sono due donne: la vedova Angellier, donna infelice e rancorosa e,  la nuora Lucille il cui marito è in guerra, forse prigioniero dei tedeschi o forse morto. Lei è particolarmente dolce , bella e intelligente, ama pure leggere libri e la vita con la suocera non è certamente idilliaca. Vivono nella stessa casa, loro due e la domestica e,  si trovano a dover ospitare l’ufficiale tedesco Bruno Von Frank, un giovane di belle maniere che ama i libri, la musica... 

La musica abolisce le differenze di lingua o di abitudini tra due esseri e tocca in essi qualcosa di indistruttibile.” – pag. 379

 Ritengo doveroso non andare oltre, ma ne suggerisco vivamente la lettura e inserisco qui di seguito degli stralci che penso siano emblematici ad evidenziare la qualità del contenuto.

 

Stralci

…Come all’indomani di ogni catastrofe, ci sarebbero stati nuovi ricchi, uomini pronti a comprare il piacere pagandolo molto caro, perché il loro denaro sarebbe stato facile e l’amore sarebbe rimasto lo stesso.

 …come in natura, a un periodo di calma segue la tempesta che ha il suo principio, il suo punto culminante, la sua fine a cui seguono altri periodi di tranquillità più o meno lunghi. Disgraziatamente per noi, siamo nati in un secolo di tempesta, ecco tutto. Passeranno. 

…La certezza della mia libertà interiore, - disse lui dopo aver riflettuto –questo bene prezioso, inalterabile, che dipende solo da me perdere o conservare. Che le passini spinte al parossismo come lo sono adesso finiscono per spegnersi. Che tutto ciò che ha un inizio avrà una fine. In poche parole, che le catastrofi passano e che bisogna cercare di non andarsene prima di loro, ecco tutto. Perciò prima di tutto vivere. Giorno dopo giorno. Resistere, attendere. Sperare.

Alcune famiglie tornavano dalla visita settimanale al cimitero, quasi fosse una scampagnata di piacere in quel paese che ignorava i divertimenti: ci andavano in gruppo, si raccoglievano mazzolini di fiori fra le tombe.

Quello che divide o unisce gli individui non è la lingua, non sono le leggi, i costumi, i principi, ma lo stesso modo di tenere coltello e forchetta. 

Uno schiavo vale di più di un cane che si crede libero quando trotta dietro il padrone. 

Novembre 2020- Y.Pelizzari

domenica 15 novembre 2020

IL CASTELLO DI DONNAFUGATA - Provincia di RAGUSA

 

IL CASTELLO DI DONNAFUGATA 

Collezionando ricordi





 

Anche se l’autunno si sta esibendo in tutta la sua magnificenza, fra poco più di un mese sarà inverno. Un inverno che si preannuncia letargico poiché anche noi, come  le marmotte, dovremo stare dentro le nostre tane, ovvero dovremo stare in casa il maggior tempo possibile.

Le piste da sci chi vive distante dalle montagne le vedrà sulle foto  scattate negli  anni passati e pure le spiagge: chi non vive  nelle zone di mare,  le potrà soltanto ricordare.

In ogni caso, bando al catastrofismo,  perché la pandemia finirà e sicuramente tutti noi riprenderemo a spaziare.


La mia collezione di ricordi l’ho incrementata  a ottobre con la breve vacanza in Sicilia ed  ora, sto cercando di protrarre il godimento di quei giorni il più a lungo possibile, perché m’aiuta ad attraversare questo tempo particolare.


 Al CASTELLO di DONNAFUGATA, una sontuosa dimora nobiliare fra lo stile gotico veneziano e il tardo rinascimentale, distante  da Ragusa soltanto una quindicina di chilometri, vi ho trascorso una gran bella mattinata.

Dalle informazioni turistiche risulta che  inizialmente era una torre duecentesca mentre successivamente il Senatore del Regno  Barone Corrado Arezzo, fece ampliare la struttura preesistente  sino a  farla divenire una bellissima dimora gentilizia.

Il Barone Corrado Arezzo, nato a Ragusa Superiore nel 1824 e morto a Donnafugata nel 1895 oltre ad essere un politico, era un uomo affascinante,  dai gusti raffinati , amante dell’arte e dell’architettura e trasformò il Castello in uno dei luoghi più importanti della zona di vita mondana. Il Barone era noto anche per il suo carattere gioviale: si divertiva e faceva divertire i suoi ospiti con burla e scherzi.




 Il Castello è indubbiamente pregevole, occupa uno spazio di 2500 mq ed è composto da una sequenza di 122 stanze, anche se visitabili sono soltanto 28, immerso in un parco spettacolare  di circa otto ettari con alberi di diverse specie mediterranee ed esotiche.


Il nome Donnafugata deriva dall'arabo "Ain-jafat" e significa "Fonte di salute". Una leggenda narra comunque, di una donna che prigioniera nel Castello riuscì a scappare. Si tratterebbe della regina Bianca di Navarra che venne rinchiusa, dal perfido conte Bernardo Cabrera, signore della Contea di Modica, in una stanza dalla quale riuscì a fuggire attraverso le gallerie che conducevano nella campagna che circondava il palazzo. Da qui il nome dialettale "Donnafugata", cioè "donna fuggita". Da GuidaSicilia


 Il Castello di Donnafugata è pure un luogo imperdibile per gli amanti del Commissario Montalbano,  poiché il castello nella fiction funge da dimora di un boss mafioso.

Luca Zingaretti – Salvo Montalbano,  sicuramente ha subito il fascino del luogo poichè nel Castello di Donnafugata è stato celebrato il suo matrimonio. 

Mi fermo qui ed inserisco qualche foto. 

Novembre 2020- Yvonne Pelizzari


martedì 10 novembre 2020

SCICLI - Sicilia Bellissima!

 

SCICLI

Sicilia bellissima

 

Ci sono luoghi che più di altri toccano le corde della nostra sensibilità: a volte per un angolo che evoca ricordi sbiaditi dal tempo, a volte per una strada che ne fa riemergere un’altra e seppure è la prima volta che la si percorre pare ci sia famigliare, in alcuni casi è l’indiscutibile bellezza scenografica a toglierci il respiro e ancora, non affatto trascurabile è l’atmosfera che ciascuno di noi percepisce.

Fatta tale premessa , dopo aver trascorso buona parte della giornata sulla spiaggia di Marina di Ragusa, nel tardo pomeriggio di una giornata d’ottobre in cui la vigoria dell’estate era ancora nel pieno, ho raggiunto SCICLI, grande borgo o cittadina, in provincia di Ragusa.

Sin dal primo impatto ne sono rimasta rapita.


All’accedersi delle luci serali SCICLI mi è persino apparsa irreale! Quasi stessi vivendo dentro un sogno perché SCICLI è davvero inenarrabile. Ovunque si posa lo sguardo c’è da sorprendersi!


Sembra incredibile che in un tempo (barocco 1600/1770) in cui la tecnologia era inesistente sia stato possibile realizzare quanto ci si presenta: magnifiche chiese in pietra, eleganti anzi sontuosi palazzi, edifici dai poggioli incredibili!

SCICLI, rientrante dal 2002 nel Patrimonio dell’umanità Unesco in compagnia di altri sette luoghi emblemi del tardo barocco della Val di Noto, ha un centro storico fiabesco!

Ho camminato senza meta, rinunciando persino a fotografare nella piena consapevolezza che un’immagine inanimata non poteva rendere giustizia a ciò che stavo osservando.



Ho intrapreso una strada leggermente in salita, Scicli è tutto un saliscendi, eccezione fatta per il cuore della cittadina dove si trova anche il Municipio, ed ho raggiungo il colle che domina la cittadina sul quale si erge la CHIESA di SAN MATTEO, protettore dei naviganti. L’edificazione ultima risale al 1762 poiché prima era andata completamente distrutta a causa di un violento terremoto.

Da qui si gode la visuale dell’intero borgo sottostante e di sera l’ensemble è mozzafiato.

Forse anche il regista Alberto Sironi, rimase soggiogato dalla spettacolarità di SCICLI poiché lo inserì fra i luoghi in cui girare la nota fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri, il Commissario Montalbano.



Imponente la chiesa di SAN GIOVANNI EVANGELISTA che si trova a fianco del palazzo municipale, entrambi gli edifici circostanti la piazza del Municipio, vero e proprio cuore di SCICLI.

Non è opportuno che mi dilunghi nella rubricazione delle attrazioni di SCICLI: sarebbe un elenco di sontuosi palazzi e imponenti chiese, SCICLI è da vedere e da vivere anche solo per qualche ora per portarlo nel cuore sempre!


Percorrere le vie interne è già un’emozione, la sorpresa è in agguato ad agni angolo: è sufficiente avere occhi per osservare, alzare lo sguardo e si vedranno balconi come non ci s’immagina neppure e in quale angolo di strada trovare gli abitanti seduti agli ingressi delle loro abitazioni impegnati nel discorrere.  Spaccati di quotidiano che rendono palpabile la convivialità tipica dei paesi del Sud, luoghi che inspiegabilmente mi fanno sentire a casa  avvolgendomi di quel calore che non trovo frequentemente, altrove.




Ho concluso la serata  al Ristorante affacciato sulla Piazza del Municipio, CAPPERI e CUCUNCI,

non si poteva desiderare di meglio!

 



Novembre 2020- Yvonne Pelizzari  

  

sabato 7 novembre 2020

LA RICAMATRICE DI WINCHESTER - TRACY CHEVALIER

 

LA RICAMATRICE DI WINCHESTER 



Ma quanto è bello leggere un romanzo ambientato in un luogo conosciuto, visitato!

Ho acquistato questo romanzo soltanto per la fiducia riposta nell’autrice della quale in precedenza avevo letto La ragazza con l’orecchino di perla” e “I frutti del vento”.

Ebbene, in questo tempo in cui ci viene consigliato di restare in casa per difenderci alla pandemia in atto, ho letto LA RICAMATRICE di WINCHESTER   in un baleno,  poichè non si tratta di una lettura impegnativa bensì distensiva: perfetta per distaccarsi dalla realtà.

Nel mio caso ho pure avuto modo di rivivere un viaggio in Cornovaglia che includeva  la visita della Cattedrale  di Winchester. A dire il vero, ora che ho terminato il romanzo ed ho appreso molte notizie  su questa cattedrale grandiosa, sono dispiaciuta di non aver prestato la dovuta attenzione e aver trascurato testimonianze storiche, dettagli rilevanti solo per il fatto di non esserne a conoscenza. Le guide turistiche mettono in risalto prevalentemente la Tomba di Jeane Austen, morta a Winchester  dopo solo due mesi dall’arrivo.       

La protagonista del romanzo di Tracy Chevalier  è una ragazza nata nel 1894 che all’età di 38 anni, già orfana di padre con cui aveva avuto un buon rapporto,  decide di lasciare  la casa di South Hampton dove  viveva con la madre, una donna alquanto pesante, lamentosa e criticona. Da notare che la madre oltre ad essere vedova aveva pure perso un figlio in guerra, per cui il dolore senza nome, l’aveva molto segnata e l’atmosfera famigliare era assai cupa.

Violet, la protagonista, stanca di quella situazione, chiede  alla Compagnia di Assicurazioni in cui lavorava, il trasferimento nell’agenzia di Winchester.

Il romanzo mette in risalto  le condizioni  della donna in quell’epoca prevalentemente destinata al matrimonio e Violet,  giunta a Winchester,  sola senza marito e fidanzato,  non ha vita facile, ma con molto coraggio, va contro qualsiasi pregiudizio e si vive la vita che desidera.

Perché LA RICAMATRICE DI WINCHESTER?

La storia delle ricamatrici e dei cuscini della cattedrale è interessante ed anche affascinante.

Violet  entrata a contatto  casualmente con quel gruppo, diverrà pure lei  una brava ricamatrice  perché è molto soddisfacente poter ricamare un cuscino da preghiera da mettere dentro la cattedrale: sono opere d’arti destinati a durare nel tempo e attualmente ci sono ancora le ricamatrici di Winchester  impegnate nella pulitura e nel restauro dei cuscini di Louisa Pesel, altra donna intraprendente e viaggiatrice, realmente esistita ed entrata a far parte della trama.

Questo romanzo mi ha dato l’opportunità di apprendere anche qualche nozione sull’arte campanaria di cui nulla sapevo anche se  immaginavo che dietro  quei tocchi ci stesse un mondo…Anche questo un mondo d’arte, di passione.

Arthur, il sessantenne di cui Violet s’innamorerà è fra i miglior campanari della Cattedrale di Winchester, ma ovviamente non svelerò se la ricambierà o meno.

Infine l’autrice, secondo me allo scopo di  ben evidenziare  contesto storico e i pregiudizi in auge, inserisce  pure una storia di donne amanti.

Ripeto: è un romanzo leggero, alcuni episodi li ho trovati  improbabili, eccessivamente “da romanzo”, ma l’autrice credo volesse scrivere appunto un romanzo non un saggio o un romanzo storico.  Comunque non è banale ed  ha il suo pregio anche se forse non è all’altezza dei due romanzi citati all’inizio.

I miei viaggi spesso nascono dalla lettura di un libro o da un film  e non escludo che chi  leggerà " La ricamatrice di Winchester"  possa poi decidere  di andare a visitare la splendida cattedrale e  la graziosa cittadina dove c’è pure la Tavola Rotonda. 


Novembre 2020- Yvonne

lunedì 2 novembre 2020

CECITA' - JOSE' SARAMAGO

 

CECITA’ – JOSE’ SARAMAGO

 

“Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che, pur vedendo, non vedono”

 


E la domenica  è volata via con otto chilometri di camminata raggiungendo il campo da Golf   La Rovedine ed al ritorno, la superlativa  compagnia di Josè Saramago.

Eppure, alcuni giorni fa, dopo aver letto una cinquantina di pagine di CECITA’,  mi pareva d’aver sbagliato libro. Io leggo non solo perché senza libri non so stare, ma anche perché la lettura mi permette di entrare in altri mondi e vivere esperienze diverse dalle mie, per cui  in tempo di pandemia, leggere un romanzo incentrato su un’epidemia, non mi pareva affatto una buona idea. Ma poi, siccome è mia abitudine portare a termine ciò che inizio, seppure senza convinzione, ho proseguito la lettura ed ora sono molto soddisfatta d’averlo terminato.

 

Si tratta indubbiamente di un romanzo dai risvolti drammatici poiché la trama è incentrata su l’improvvisa propagazione di un’epidemia portatrice di cecità. Un cecità alquanto anomala poiché se la cecità tradizionale fa vedere nero ( amaurosi) , questa faceva vedere bianco ( mal bianco). Ma seppure il particolare possa sembrare irrilevante poiché fra l’essere un cieco che vede bianco e un  cieco che vede nero, la differenze sembra inesistente, ritengo che per l’autore  irrilevante non  lo sia. Comunque sintetizzando il romanzo racconta le vicissitudini di un paese, i cui abitanti, ivi compresi amministratori pubblici, governati, forze dell’ordine, tutti indistintamente, improvvisamente divengono ciechi.

Anzi, non proprio tutti perchè  se tutti lo fossero divenuti, Saramago non avrebbe potuto  scrivere il romanzo…occorreva un protagonista a testimoniare gli accadimenti.

Ed infatti , inspiegabilmente, una  donna, forse non casualmente moglie di un oculista,  supera l’epidemia ad occhi aperti, ma fingendosi cieca riesce ad assistere a ciò che avviene durante l’isolamento dei primi contagiati  ( circa 300) confinati in un manicomio dismesso. Una figura arguta ed intelligente che a tutti gli effetti diviene la protagonista del romanzo.

 

Questa è la superficiale  trama in sintesi, ma il romanzo è ben altro poiché mette in luce il caos di un paese senza più organizzazione nonché ciò che  consegue al terrore, alla paura e quindi alle diverse reazioni fisiche e psicologiche di ogni individuo.

Per la sopravvivenza si fanno cose che non s’immaginano: si può persino ammazzare un uomo. Un romanzo che da risaltò alla brutalità ed alla crudeltà a cui si può arrivare in determinate circostanze. Individualismo, egoismo, sopraffazione: tematiche importanti ben descritte da un narratore Premio Nobel per la Letteratura quale è stato Josè Saramago.

Alcune pagine contenenti descrizioni di violenze e vessazioni  sono alquanto crude, ma penso che l’autore lo abbia fatto volutamente al fine di indurre alla riflessione anche il lettore meno incline alla riflessione.   

E per finire: non è una lettura disadatta al momento che stiamo  vivendo in cui tutti sono contro tutti e molti non riescono a placare la fame di protagonismo, bensì necessaria.

A tratti pare sia proprio la storia dei nostri giorni portata all’eccesso,  nonostante il romanzo sia stato scritto in tempi non sospetti.  Josè Saramago – narratore, poeta, drammaturgo e giornalista -  è  morto nel 2010.

In tal proposito voglio riportare questo stralcio, secondo me alquanto emblematico: 

 Al Governo rincresce di essere stato costretto a esercitare energicamente quello che considera suo diritto e suo dovere, proteggere con tutti i mezzi la popolazione nella crisi che stiamo attraversando, quando sembra si verifichi qualcosa di simile a una violenta epidemia di cecità, provvisoriamente designata come mal bianco, e desidererebbe poter contare  sul senso civico e la collaborazione di tutti i cittadini per bloccare il propagarsi del contagio, nell’ipotesi che di contagio si tratti…..La decisione di riunire in uno stesso luogo le persone colpite, e, in luogo prossimo, ma separato, quelle che in essere hanno avuto qualche tipo di contatto, non è stata presa senza ponderazione….”

 E ancora : appropriata la ricorrenza ai proverbi,  sempre gocce di saggezza. 

-          Così come l’abito non fa il monaco, anche lo scettro non fa il re, èuna realtà che è meglio non dimenticare.

-          La cecità è anche questo, vivere in un mondo dove non ci sia più speranza

-          “…perché i libri del mondo, tutti insieme, sono come dicono sia l’universo, infiniti”

-          Il mondo è pieno di ciechi vivi

-          “..tutti i racconti sono come quelli della creazione dell’universo, nessuno c’era, nessuno vi ha assistito, ma tutti sanno cosa è accaduto”

Finale assolutamente personale:         

COVID 19 è ancora aggressivo e ci attendono ancora giorni “complicati”.

I libri possono aiutarci  a renderci consapevoli che, come ha scritto pure  Saramago in Cecità,  la storia insegna che epidemie e pandemie  da sempre  sono state arginate con “l’isolamento” in attesa delle scoperte scientifiche.

1 novembre 2020 - Yvonne