domenica 11 febbraio 2018

Memoriale e Museo di Sachsenhausen

Continuazione di NATALE assaggiando BERLINO


E’ lunedì mattina, 26 dicembre 2011, dopo un’abbandonate colazione il gruppo con i suoi 237 anni complessivi, si muove.
Le condizioni meteo non sono particolarmente buone, la pioggerellina fastidiosa e intermittente ci costringe a portare l’ombrello, ma forse il freddo è meno pungente dei giorni precedenti.
Usciamo dall’albergo, osserviamo le acque dense e grigiastre della Sprea che scorrono placide, su un lato alla nostra sinistra si vede il Reichstag in tutta la sua imponenza: noi attraversiamo l’immensa Platz der Repubblic, ci sentiamo così padroni della città che ci premuriamo di fornire informazioni ad una solitaria signora a noi rivoltasi, camminiamo lentamente per poter ben osservare i palazzi del Band des Bundes – la fascia federale.
( Trattasi di una struttura assai recente, inaugurata nel 2001, formata da un cubo centrale alto 36 metri dalle ampie vetrate e fiancheggiato da due lunghe ali. Qui vi è la residenza del cancelliere federale e gli uffici dei parlamentari).
La nostra meta è Sachsenhausen
( opera2007 nickname utilizzato per pubblicazione in ciao.it)

''I mostri esistono,ma sono troppo pochi per essere pericolosi: sono molto più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e obbedire senza discutere'''
Primo Levi - 1976

Nessuno di noi ha mai visitato un campo di concentramento precedentemente quindi, considerato che il nostro soggiorno è di soli 3 giorni , decidiamo di sacrificare altre attrazioni turistiche a favore di Sachsenhausen che dista da Berlino 35 chilometri e che raggiungiamo con il treno.
Scendiamo alla stazione di Oranienburg e percorriamo ancora un buon tratto di strada a piedi che ci porta fuori dal centro abitato. Arriviamo quindi in un piazzale dove un enorme cancellata realizzata con spessi pannelli di metallo nero delimita il confine del campo di concentramento.
L’impatto visivo con la sola austera cancellata m’inquieta e provo la spiacevole sensazione di trovarmi in un luogo poco rassicurante, ma ciò non è nulla.

La visita ad un campo di concentramento è un evento emotivo oltre che un momento di formazione culturale e ognuno di noi lo vive in funzione del proprio essere e della propria sensibilità, quindi io mi limiterò a tentare di tramutare in parole le mie emozioni.
Nel gruppo c’è anche mio figlio: ritengo che sia abbastanza informato sulla storia di Hitler e del nazismo poiché ha frequentato un liceo in cui la professoressa di lettere è l’autrice del romanzo “ In fuga dal lager” ed è figlia di una deportata per motivi politici.
Vorrei tanto che questa visita non lo lasciasse indifferente, anzi spero ardentemente che ne rimanga turbato.
I giovani, i ragazzi in particolare, devono sapere, conoscere e quando possibile vedere: ricordare affinché quel passato non debba mai più ritornare.

Cenni di storia 
Nel 1936 il governo Nazionalsocialista in seguito al rinnovamento del sistema carcerario del Reich, fece allestire una serie di campi di prigionia e di lavoro forzato in tutta la Germania e questo è stato il campo modello a cui fecero riferimento tutti gli altri luoghi dell’orrore e della ferocia.
Fu progettato da un architetto delle SS in base ad un concetto ideale di ciò che doveva essere un campo di concentramento: l’obbiettivo era volto a trasmettere a livello architettonico la visione del mondo nazista e ad esprimere anche a livello simbolico la sottomissione dei prigionieri nei confronti del potere assoluto.
Tra il 1936 e il 1945 qui vennero internati più di 200.000 persone: inizialmente si trattava solo degli oppositori politici del regime nazista mentre successivamente vennero internati tutti coloro che appartenevano ad una categoria umana inferiore per ragioni razziali o biologiche e dal 1939 gli arresti coinvolsero anche i cittadini di altri stati d’Europa.
Moltissime furono le vittime in seguito ai lavori forzati, agli stenti, alla malattia, ai maltrattamenti sistematici atti allo sterminio, inflitti dalle SS.
Nel 1945, durante le marce di morte in seguito all’evacuazione del lager persero la vita migliaia di prigionieri.
Gli ultimi rimasti al campo, circa 3000 tra malati, dottori e infermieri vennero liberati nell’aprile del 1945 dai soldati russi e polacchi.
Dal 1945 al 1950 il settore centrale di questo campo di concentramento, divenne il “ Lager Speciale numero 7” , sede dei servizi segreti sovietici e il più grande dei tre campi di prigionia presenti nel territorio di occupazione sovietica.
Qui vennero internati principalmente i sottofunzionari del regime nazista ma anche prigionieri condannati dai tribunali militari sovietici.
Fino a che rimase funzionante “ospitava” 60.000 prigionieri fra i quali 12.000 persero la vita.
Lo smantellamento completo avvenne nel marzo del 1950.
* Per una corretta informazione il primo campo di concentramento fu costruito nel 1933 dentro una vecchia fabbrica al centro di Oranienburg ( Sachsenhausen è nel territorio di Oranienburg) ed era destinato agli oppositori del regime.
Nel 1956 fu deciso di trasformarlo in Memoriale Nazionale quale testimonianza della vittoria dell’antifascismo sul fascismo.
Infine dal 1993, a seguito dell’unificazione delle due Germanie è diventato “ Memoriale e Museo di Sachsenhausen” parte della Fondazione Memoriali di Brandeburgo, una fondazione sovvenzionata pubblicamente dalla Repubblica Federale Tedesca.
Dopo la nascita della Fondazione il lager è stato notevolmente rimaneggiato, ma rimane testimonianza della storia così come è avvenuta nei luoghi autentici, ed oggi il Museo e il Memoriale è considerato un luogo europeo di lutto e commemorazione.

'''IL NOSTRO ITINERARIO'''

Il luogo è desolante , il silenzio è incombente, la giornata brumosa rende il contesto cupo.
Non siamo i soli visitatori.
All’ingresso vi è il centro d’informazioni per i turisti quindi un plastico che mostra l’impianto complessivo. Da qui si intraprende un strada fiancheggiata da un muro – La strada del Lager – che porta all’ingresso della sede di comando e del lager dei detenuti.
Un palazzina semplice dentro la quale è allestita la mostra museo: reperti vari fra cui libri, lettere, disegni, documenti, divise, stivali , oggettistica varia.
Quindi si procede – Torre A – Ingresso del Lager dei detenuti.
Molte della baracche, complessivamente 69 sono andate distrutte, le rimanenti sono quasi tutte aperte al pubblico.



Ispezioniamo le baracche contrassegnate dai numeri 38 e 39 appartenenti al “Piccolo Lager”: queste dal novembre 1938 al 1942 furono destinate ai detenuti ebrei.
Vi è un percorso documentale e fotografico che ricostruisce la storia fra cui le liste con nomi, cognomi, nazionalità dei detenuti comprendenti anche nominativi italiani. 
Le varie zone sono contrassegnate da cartelli esplicativi circa la vita quotidiana dei prigionieri: la zona wc , le docce, la camerata con letti a castello in legno e ovunque un olezzo nauseante.
Visitiamo la baracca-edificio fatta costruire dai prigionieri stessi, avente la funzione di carcere e che fu poi teatro di brutali maltrattamenti e assassinii: piccole celle con una minuscola apertura per nulla assimilabile ad una finestra e un massiccio chiuse da cancello in ferro dotato di più chiavistelli a rendere vano qualsiasi tentativo di fuga. 
Procedendo oltre si trova la lavanderia, la cucina, il muro del lager ove avvenivano le uccisioni ed esecuzioni di massa, la fossa per le fucilazioni riservata agli oppositori del regime, ai disertori e ai prigionieri condannati dai tribunali speciali nazisti .




Il mio stato d’animo versa in sofferenza e disagio, la curiosità di vedere i luoghi dell’orrore di cui la letteratura ha ampiamente scritto ed io ho molto letto, mi spinge a proseguire la visita, ma nel contempo vorrei essere altrove.
Penso in particolare al romanzo di Primo Levi “ Se questo è un uomo” e al più recente “ “Il bambino con il pigiama a righe” di Jhon Boyne. Silenziosamente, in solitudine, mi commuovo, scorrono davanti ai miei occhi scene agghiaccianti viste anche al cinema, non riesco a farmi una ragione di così tanto inutile odio ed efferatezza.
Raggiungiamo quindi uno spazio occupato da una serie di forni. Forse qui le vittime venivamo posizionate sulle pale chiamate cucchiai ( visibili) e bruciati: l’orrore mi entra nel profondo, rabbrividisco e se solo lo potessi fare, urlerei o piangerei .
Mi contengo, proseguo nel percorso: i forni crematori, quindi la zona delle baracche destinate all’ospedale criminale dove i medici oltre a praticare la sterilizzazione e la castrazione, effettuavano esperimenti sui prigionieri.
Ancora: le fosse comuni, i fili spinati per le recinzioni.
Dentro il campo vi sono alcuni punti definiti “ luoghi di commemorazione per le vittime del campo di concentramento” ove sono state collocate delle grandi sculture, se ben ricordo almeno tre: nella zona centrale il Monumento commemorativo del Memoriale ossia un obelisco alto circa 40 metri inaugurato nella DDR nel 1961.
La visita richiede tutta la mattinata. All’uscita ci incamminiamo verso la stazione, continuiamo ad osservare l’ambiente circostante, esterniamo qualche banale commento, mentre le impressioni-sensazioni credo che ciascuno di noi preferisca viverle individualmente.
A me è bastato quello che ho visto. So che Sachsenhausen non è stato il lager peggiore, ma eviterò una visita ad Auschwitz perché ho la certezza che avrebbe su di me un effetto maggiormente devastante.
Certamente questi luoghi devono rimanere vivi, pubblicizzati e visitati, proprio perché le vittime della ferocia umana non debbano mai essere dimenticate.
Storie drammatiche, vite spezzate, amori negati , amori mai nati, dignità massacrate.
Come si può torturare un uomo-donna perché il suo pensiero è diverso del mio?
Uccidere un uomo-donna solo perché sfortunato/a, invalidato/a dalla natura?
Uccidere un uomo perché omosessuale? O ebreo? O semplicemente diverso?
Ma come è potuto accadere?
E la Chiesa è rimasta a guardare ed oggi…. La Chiesa chiede di non dimenticare.
Nulla è emblematico e toccante più della poesia di Primo Levi:
'''PER NON DIMENTICARE'''
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce la pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza per ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi

Modalità per raggiungere il Memoriale

Con il treno da BERLINO CENTRO
-Treno regionale RE5 dalla stazione centrale di Berlino ( Berlin- Hbf.)
fino alla stazione di Oranienburg ( durata del viaggio 25 minuti)
- Treno regionale RB 12 da Berlin- Lichtenberg fino alla stazione di Oranienburg ( durata viaggio 30 minuti)
- Metropolitana sopraelavata ( S-Bahn), linea S1 ( tratto. WANNSEE-ORANIENBURG) fino alla stazione di Oranienburg (durata del viaggio 50 minuti dalla stazione Berlin Friedrichstrasse)
Quindi Autobus 804 oppure proseguire a piedi seguendo le indicazioni dei cartelli.
L'ingresso al memoriale- luogo di lutto è GRATUITO.


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