sabato 10 febbraio 2018

ACCIAIO- Silvia Avallone

Dopo “Rossa come il sangue Bianca come il latte”, primo romanzo di un giovane insegnante laureato in lettere classiche: Alessandro D’Avenia, con grande entusiasmo ho elaborato la recensione finalizzata ad invogliarne alla lettura.
Ora mi appresto a esprimere la mia opinione su ACCIAIO ( letto su suggerimento di Viaschino che ringrazio) con il medesimo obbiettivo.
Ancora un romanzo d’ esordio di un’altra giovane scrittrice: Silvia Avallone di cui ho letto sia nata 26 anni fa a Biella, vive a Bologna dove si è laureata in filosofia, ha frequentato il liceo a Piombino dove ha vissuto qualche anno e dove ha ambientato il suo romanzo.
Due autori nuovi, due romanzi d’esordio, due romanzi diversi e assolutamente da leggere.
Le storie non sono assimilabili, ho richiamato in causa D'avenia solo perché scrittore emergente come Avallone.
O forse in comune hanno lo stile letterario diretto, semplice, incisivo, ma mentre D’Avenia opta per un linguaggio moderato,Silvia Avallone è dura, cruda, giustamente definita “POTENTE”e comunque entrambi designano protagonisti dei loro romanzi gli adolescenti.
“Il raccontare” attraverso/attorno agli adolescenti, penso comunque sia una scelta strategica che oltre ad essere di grande impatto sul lettore è molto azzeccata perché consente all’autore di affrontare molte problematiche nel medesimo romanzo. Gli adolescenti sono coloro che meglio si prestano alla trama perché essendo in una fase di transizione, loro osservano perché devono scegliere l “abito da indossare per la vita ”e spesso dotati da spiccato senso critico, vedono ciò che gli adulti non vedono più.
La pagina 6 che precede la Parte prima del libro della Avallone, non a caso, a piè pagina riporta la scritta: “L’adolescenza è un’età potenziale”.
ACCIAIO
“Acciaio”, sono pugni di acciaio quelli che hanno inflitto le pagine di questo romanzo al mio stomaco. Un dolore forte, quello che si prova sbattendo contro acciaio. Lo stomaco mi fa davvero male eppure non ho versato neppure una lacrima, non c’è nulla da piangere, è un romanzo appassionante, 360 pagine suddivise in quattro parti, che si leggono in un baleno.
Un romanzo di formazione, problematico, un romanzo di ACCIAIO: padri violenti , sesso, droga, prostituzione, rapporti lesbo, disillusione, depressione, morti bianche, abusi.
Situazioni molto pesanti occultate da finta normalità, una società dove ciò che conta è il denaro, l’importanza di apparire con tutte le frustrazioni che ne conseguono, uomini e donne che hanno perso il futuro, una società culturalmente in degrado, un ambiente squallido.
Non manca proprio nulla.
“Uomini e donne che si fanno un’idea del mondo restandone ai margini, credendo normale non andare in vacanza, non andare al cinema, non sfogliare il giornale e non leggere libri.”

E l’acciaio non si piega bensì si spezza.
Si spezza la “grande amicizia per sempre” fra le protagoniste Anna e Francesca, due adolescenti impazienti di crescere, di fuggire dalle famiglie disastrate a cui appartengono, fuggire dai casermoni di cemento in cui abitano, in via Stalingrado di Piombino ( a Piombino Via Stalingrado non esiste ma pare esista un quartiere che corrisponde perfettamente alla descrizione). Anna e Francesca condividono tutto, sognano, condividono anche il bagno dove nude danno spettacolo a chi le spia dalle finestre ed anche allo zio di Lisa, la sfigata, e condividono anche l’amore per i gatti spelacchiati che vivono presso le Acciaierie Lucchini ( che in realtà esistono, eccome esistono). Anna e Francesca non hanno mai visitato l’Elba nonostante sta proprio di fronte e sognano di andarci. Loro sono belle, dapprima una bellezza acerba che poi, velocemente esplode, e diventa bellezza esagerata e loro la utilizzeranno quasi con rabbia. Avere 14 anni in Via Stalingrado non è facile.
Le mamme di Anna e Francesca: due donne all’apposto, una femminista, attivista di Rifondazione comunista, l’altra casalinga calabrese rassegnata, ma entrambe mogli di mariti sciagurati. Due donne diverse che rappresentano i destini di molte donne . Vite spezzate..
Alessio, operaio specializzato all’Afo4 della Lucchini, fratello di Anna e innamorato di Elena che un giorno si ritroverà come top manager proprio alla Lucchini : grande attrazione e due mondi inconciliabili. Un amore spezzato.
Mattia, amico di Alessio, pure lui operaio alla Lucchini, con precedenti di illegalità … spezza l’adolescenza di Anna e non solo…
E la fabbrica, il duro lavoro che non spezza solo le ossa , ma a volte spezza la vita, magari per una semplice distrazione.
“… vide un rigagnolo rosso serpeggiare sotto i cingoli…. un gatto. Uno di quegli aggeggi pelosi, senza coda…”
C’è anche Cristiano, amico di Alessio, spezzato dal dolore, “ si avventò contro il mulo a fronte bassa.
Voglio essere ermetica : chi deciderà di leggere ACCIAIO e, voglio credere che saranno in molti, non deve sapere altro.
Silvia Avallone sferra pugni nello stomaco con semplicità, quasi con naturalezza e forse per questo fanno male veramente e invitano a riflettere. Non credo che sia ricorsa alla fantasia come palesa per la stesura di ACCIAIO, ha semplicemente raccontato” una storia di periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più”.

Romanzo Rizzoli prima edizione gennaio 2010- io ho letto la sesta edizione del marzo2010 con la fascetta gialla che riporta la seguente scritta:
“Un’adolescenza dura di corpi, fabbriche e sentimenti, una nuova straordinaria scrittrice italiana”. Ora in libreria vi è l’ottava edizione.
Ho letto che il libro è stato oggetto di contestazione da parte degli abitanti di Piombino, addirittura una vedova di un operaio morto in fabbrica ha fatto delle esternazioni poco piacevoli nei confronti dell’autrice e ho letto anche che il romanzo della AVALLONE è fra i 5 candidati al Premio Strega, ovvero il premio più ambito dei letterati italiani.
Infine mi domando come possiamo noi italiani essere relegati negli ultimi posti fra coloro che leggono quando da sempre, l’Italia è patria di grandi scrittori e poeti.
Come si fa a non desiderare di leggere romanzi come ACCIAIO?
Già il titolo, una sola parola “ ACCIAIO” e l’immagine di ragazzina intrigante stranamente abbigliata e sullo sfondo la fabbrica…… come può non stimolare la curiosità?
Ma cosa posso scrivere ancora per farvi correre in libreria?
Leggere cambia la vita, leggere dona emozioni, leggere apre la mente.
Non perdiamo le nostre serate con la visione di programmi demenziali ove anche l’informazione è solo mal informazione.
Leggiamo, non facciamoci fregare!
- Corriere della Sera 
IL CASO LETTERARIO. PROTESTE ALLA PRESENTAZIONE DI «ACCIAIO» MORTI BIANCHE - La scrittrice contestata dai «suoi» operai: Piombino non capisce . La Avallone: si vergognano dei casermoni «Ho voluto raccontare la tragedia delle morti in fabbrica senza retorica»

luglio 2010- Y.P.

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