domenica 2 agosto 2020

MASO e la DREZZA - I borghi di SAN SIRO ( Lago di Como)



MASO e la DREZZA


Stanotte è piovuto e stamattina c'era una leggera frescura per cui ho calzato le scarpe comode e mi sono avventurata in direzione MASO.

Raggiungere MASO in auto non è un’avventura: la carrozzabile da Rezzonico o da Santa Maria si congiunge a Marena  e poi prosegue in ascesa e  sebbene l’ultimo tratto non è collaudato per il transito delle auto, rimane un percorso assolutamente praticabile.

Raggiungere MASO a gambe e piedi invece è un’altra storia ed io arrivata a Noledo, sono andata alla ricerca di un bastone da tenere fra le mani, poiché preventivamente ho ritenuto di non escludere eventuali incontri sorprendenti. (I cinghiali non se vanno in giro soltanto la sera  e dove  c’è quiete loro spadroneggiano).

   

La mulattiera che da Noledo conduce a Maso,  pare non abbia un nome tranne quando arriva all’ingresso del borgo in cui la segnaletica la individua in “ Via Maso di Fuori”.

E sì, molte delle vie delle frazioni del mio comune s’identificano così: Via Marena di sopra, Via…di sotto, Via…di fuori, etc. etc. Del resto pur appellandosi alla fantasia, che altro  poteva fare la  toponomastica?  Oltretutto, molti sono tratti di vie lunghe uno sputo.

 

A dire il vero questa mulattiera che da Noledo sale fino a Maso e poi prosegue oltre, fino a raggiungere Camnasco, un nome l’ha sempre avuto ed io lo ricordo bene: la Drezza.

Drezza non è un nome fortuito bensì corrisponde alla miglior descrizione dell’itinerario: una mulattiera a zig zag acciottolata, prevalentemente in salita .



 

Tratti a scaloni lunghi formati con alzate in sasso e ogni tanto, quando la stradina cambia direzione, ridotti pianori: come fossero i ballatoi.

Ho conteggiato alcuni tratti: diciotto scaloni, altri una dozzina, dunque sono portata a credere che la realizzazione fosse del tutto assoggettata alla formazione del territorio.

Attraversa anzi, penetra un sottobosco alquanto disordinato, apparentemente abbandonato, ma d’altro canto, splendidamente rispettato.

Quasi completamente ombrosa, eccezion fatta per qualche raggio di sole che chissà come, forse per miracolo, riesce ad aprirsi una fenditura e formare "macchie di luce".

Il manto acciottolato a tratti è ancora in buono stato, ma vi sono spezzoni alquanto dissestati e mal ridotti, inoltre non essendo molto frequentata in alcuni punti è selvaggiamente invasa dai rovi che la fiancheggiano.

La vegetazione d’alto anzi altissimo fusto, termina qualche centinaio di metri prima che inizi il paese, all’incirca nel punto in cui c’è l’antico lavatoio completamente ricoperto di un bel tappeto muschioso su cui il presepe non potrebbe trovare collocazione migliore. 

Eppure la DREZZA a me pare una gran bella mulattiera e poiché penso che il nostro territorio debba essere valorizzato per ciò che lo contraddistingue e che possiede, forse sarebbe il caso di correre ai ripari  ripristinandola mediante un pò di manutenzione ed inserirla nei percorsi turistici. ( Infatti, durante questa mia escursione, a metà Drezza ho incontrato una famigliola tedesca con cui ho scambiato poche parole apprendendo che stavano apprezzando molto la situazione).

 

Comunque giunta in Via Maso di Fuori, mi sono avvicinata alla fontanella dell’acqua potabile datata 1935 e mi sono dissetata: un’acqua così buona e così fresca che mi ha completamente rigenerato.


Credo che questo spazio sia stato il centro del borgo e oggi è identificato in Piazza del Muron .

“Muron” è il nome dialettale del gelso, alberi molto diffusi negli anni passati su tutto il territorio poiché le foglie erano indispensabili per l’allevamento dei bachi da seta. Attività molto praticata nella nostra zona. Ovviamente in Piazza del Muron, dinnanzi ad una casa c'è un bel gelso.

Percorsi pochi passi, sono arrivata in via Santa Agnese e qui ho immediatamente rinverdito quell’emozione che sorniona sta sempre in fondo al cuore: via Santa Agnese è la via, dove abitava mia mamma, ai tempi in cui la via non aveva nome.

 Sono passata dinnanzi a quella che è stata la casa della sua infanzia la cui stradina adiacente porta il nome di Via Maso Interna. Una casa dal portone d’ingresso in legno ora logorato dal tempo: non ho potuto evitare i raffronti con i tempi attuali e soprattutto immaginare lei: bella,  mentre qui entrava o usciva, nelle sere in cui si ritrovava con le amiche a ricamare quelle tele destinate a divenire “il corredo della sposa”. 

A  Maso ora non c’è proprio nulla: solo qualche casa ben rimaneggiata e altre in totale declino.

Ma Maso mi affascina sempre, ogni qualvolta ci vado. Il silenzio qui è sovrano incontrastato e incontestato. Stamattina non s’udiva neppure il cinguettio di un uccello.

Forse stabilmente non ci vive nessuno e  per questo non ho udito cani a disturbare il silenzio.

Infine, essendo Maso in montagna, la panoramica del lago sottostante è ragguardevole sino a divenire “da incanto”.


 Sono poi tornata sui miei passi, ho intrapreso la DREZZA in discesa con particolare attenzione al fine di evitare qualche rovinosa scivolata e, mi sono ripromessa che a Maso ritornerò.    

Nei luoghi bisogna sempre ritornare perché tutto è mutevole. La descrizione di Maso infatti l'avevo già inserita  a pagina 31 del mio primo romanzo “ Memorie di una donna comune”,  in altra versione, ma comunque non meno reale e sincera.

2 Agosto 2020- Y. Pelizzari 

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