TORNO, ritornerò!
Erano ormai diversi anni che percorrendo la strada Regina
che congiunge il mio paese alla città di Como, dal finestrino dell’auto guardavo incuriosita quel tratto di Lago interno Bellagio-Como, appartenente al triangolo
lariano.
Osservavo con meraviglia e stupore quei paesi formati da gruppuscoli
di case che apparentemente senza un disegno ben definito, si adagiano
armoniosamente sull’ultimo spezzone di costa ai piedi della montagna, fino a raggiungere e in parte immergersi nelle
acque del lago, dando origine a insolite vedute.
Mi ripromettevo che un giorno o l’altro dovevo fare quella
percorrenza e in particolare mi dicevo che avrei dovuto visitare il comune di
TORNO, dove si trova una fra le più celebri ville del Lario, ovvero La Pliniana
la cui edificazione iniziò nel 1573 ed è nota anche per aver ospitato nei
periodi di grande splendore, illustri personaggi quali Napoleone Bonaparte, Bellini,
Foscolo, Byron, Liszt, Stendhal, Fogazzaro.
E non solo…. fu proprio durante un soggiorno a Villa
Pliniana che Rossini in soli tre giorni compose la musica per l’opera lirica Tancredi.
La Villa Pliniana si trova oltre l’abitato di Torno, in un
contesto incantevole. Sembra galleggiare sulle acque del lago contornata da una
rigogliosa vegetazione, come conferma la potenza descrittiva del poeta inglese
Shelley:
"Di fronte, fra i
cipressi, del lago la sovrana/ superba di memorie, compare la Pliniana , essa
deve il suo nome a una sorgente che presenta un flusso e riflusso ogni tre ore
e venne descritta da Plinio il Giovane è costruita su terrazze che sorgono dal
fondale del lago e, con il suo giardino, si trova ai piedi di un precipizio
semicircolare, ombreggiata da folti castagneti. Dall'alto, come provenisse
dalle nuvole, discende una cascata d'immani dimensioni che le rocce boscose
frammentano in mille rivoli sfocianti nel lago".
Visita desiderata e rimandata per anni, ma io che con il
lago di Como ho un legame ancestrale,
non potevo più limitarmi a osservare da
lontano la Villa e il suo complesso e
così qualche giorno fa ho raggiunto Torno.
Il caso non poteva farmi scegliere periodo migliore: una
giornata autunnale di fine ottobre.
Aria ancora tiepida
grazie a un pallido sole , un’avvolgente velatura che smorza il
paesaggio e gli regala un’atmosfera
intrisa di dolce malinconia e nel
contempo deliziosamente romantica.
Case in pietra grigia dagli
usci abbelliti, dai poggioli e
davanzali ingentiliti con cascate floreali e tendine ricamate alle finestre.
Sbirciando dentro qualche cancello si
possono scoprire cortili da cartolina
arredati e tenuti con minuziosa cura.
Gli stretti viottoli di ciottoli si addentrano fra le case addossate le une
alle altre strette in una sorta d’intimità,
s’inerpicano verso le abitazioni più in alto e altri
scendono fino a morire nelle acque del lago.
Antichi portici che
evocano il lavoro di mani forti e
operose lasciano intravedere scorci panoramici d’ineguagliabile bellezza, la
piazzetta principale con il Bar Italia, la
Chiesa Parrocchiale di Santa Tecla
dai tratti rinascimentali e internamente
molto ben conservata, il porticciolo con
le piccole imbarcazioni ordinate e allineate fanno di Torno un luogo singolare
tanto da essere inserito nella guida dei
borghi eccellenti Bandiera Arancione.
Non molto distante dalla parrocchiale si trova la Chiesa di
S.Giovanni Battista di cui non è certa l’origine anche se alcuni studiosi presumono risalga al secolo XII: ha la struttura architettonica su base
romanico-lombarda con elementi riferibili all’epoca gotica e al cui
interno una musica soave e un’
illuminazione fioca contribuiscono
a creare un ambiente ascetico , mistico.
Sulle pareti si possono ammirare bellissimi affreschi come una Vergine col Bambino, San Bernardino
da Siena, San Cristoforo mentre a far da corona all’altare di sinistra ci
sono dipinti che rappresentano i quindici misteri del Santo Rosario
risalenti al XVII secolo.
Notevole , l’elegante portale marmoreo finemente intagliato
e ricco di statue, fregi e bassorilievi, attribuibile ai fratelli Rodari, gli
stessi che si adoperarono per la realizzazione delle porte del Duomo di Como.
Dalle informazioni assunte in loco, ho saputo che dietro
l’altare maggiore, in un’arcata murata e chiusa con sette chiavi, sono
custodite le reliquie del Santo Chiodo e
dei SS. Innocenti che, secondo la tradizione, furono lasciate a Torno da un
arcivescovo di Germania, reduce dalla Terra Santa nel 1099, dopo la prima
Crociata.
Davanti all’altare maggiore , leggermente a lato , è
collocata una statua di media grandezza che
raffigura la Madonna del Pozzo,
ma non si tratta della statua originaria trafugata da ignobili ladri il
31 marzo del 1976, bensì di una scultura identica , benedetta e ricollocata
nell’aprile del 1979 nella sua dimora grazie alla generosità dei parrocchiani
di Torno.
La Madonna del Pozzo come mi pare quasi ovvio, ha la sua
bella leggenda che io mi limito a riportare senza pormi nessuna domanda perché
le leggende sono leggende e devono essere
rispettate e tramandate.
La storia racconta che Torno fra il Trecento e il Quattrocento fu un paese
molto potente , spesso in lotta con Como . Fu quasi completamente distrutta nel 1522 e i tornaschi furono costretti a rimanere lontani per ben otto anni , dopo di
che dal 1530 gli esuli tornarono e
iniziarono la ricostruzione del borgo cercando di riutilizzare quel che restava
dei muri originali.
E qui subentra la leggenda. Mentre si stava procedendo alla
ricostruzione delle case, alcuni tornaschi udirono provenire dalle fondamenta
di una di esse, una voce gentile e delicata che recitava il Santo Rosario.
Poiché il fenomeno si ripeteva ogni sera,
vennero eseguiti degli approfondimenti e in una cantina dentro una nicchia ricavata dalle pareti di un pozzo abbandonato,
fu ritrovata la statua della Madonna, denominata poi Madonna del Pozzo e
traferita appunto nella Chiesa di San Giovanni Battista che vanta anche un imponente e svettante campanile
presumibilmente databile XII secolo.
Dalla Chiesa di
S.Giovanni Battista affacciata su di una piazzetta,
è possibile intraprendere
una stradina laterale che
dopo un breve tratto diviene un sentiero sterrato e conduce al parco della Villa Pliniana, ora
proprietà privata e aperta
alle visite turistiche una sola
volta all’anno.
Il sentiero termina di fronte ad un cancelletto di ferro battuto assai
malmesso che invoca manutenzione e che
dovrebbe rappresentare un ingresso secondario al parco della villa. Ma dell’imponente
edificio della villa , da questa posizione non vi è traccia, essendo la stessa collocata molto più in basso, a lago.
La percorrenza di questo sentiero è d’obbligo poiché si
snoda su un tratto di costa che offre una straordinaria scenografia fra castagneti secolari, alberi
dalle nodose cortecce e arbusti
di variegate specie.
E potrebbe essere lo stesso sentiero che in una giornata di
fine ottobre, ispirò a Giacomo Puccini
la musica per la Turandot. Sul cancello della Villa La Romantica, vi si
trovano esposte dentro una bacheca protetta dal vetro due pagine del romanzo
AMANTI di Raffale Calzini pubblicato nel 1941 da Mondadori in cui si racconta
appunto della visita in questi luoghi del noto musicista e del fascino che subì.
Cenni storici del
Complesso Villa La Pliniana. ( da Lombardia Beni
culturali)
La villa sorge su un terreno acquistato nel 1573 dal conte Giovanni
Anguissola, governatore di Como, che in 3 anni vi fece costruire l'edificio che
deve il suo nome a Plinio che per primo descrisse la fonte intermittente che
scaturisce nelle immediate vicinanze le cui acque precipitano nel lago dopo un
salto di 80 metri. Alla repentina morte dell'Anguissola, nel 1578, la villa fu
ereditata dal nipote Giulio che la vendette al conte Pirro Visconti Borromeo
(1590). Costui si adoperò nel tentativo di renderla più sfarzosa e accogliente;
mentre i suoi eredi, al contrario la
lasciarono in uno stato di desolante abbandono fino poi a venderla a Francesco
Canarisi (1676). Con i Canarisi la villa raggiunse il massimo splendore: quasi
un sacrario famigliare, venne arricchita da lapidi e steli commemorative e
ritratti degli illustri avi del casato; al piano nobile, in memoria dei due
Plinii, furono allestite due sale, ornate di fregi.
Fra Sette e Ottocento la Pliniana fu la dimora prediletta di artisti come già detto.
Fra Sette e Ottocento la Pliniana fu la dimora prediletta di artisti come già detto.
Fogazzaro vi si ispirò per la composizione del celebre
romanzo "Malombra" che nel 1942 fu soggetto dell'omonimo film di
Mario Soldati, girato nella stessa villa con Isa Miranda e Andrea Checchi.
Ai primi dell'Ottocento, Francesco Canarisi decise di alienare tutti i beni di famiglia: la Pliniana fu venduta al Principe Emilio Barbiano di Belgioioso che l'adornò sontuosamente restituendola all'antico splendore. Il Belgioioso aveva sposato nel 1824 la principessa Cristina Trivulzio, animatrice di salotti politici e letterari; l'unione era presto fallita: Cristina, attivamente impegnata nei circoli mazziniani, aveva abbandonato l'Italia alla volta di Parigi, mentre Emilio continuò a frequentare la dimora sul lago. Qui, tra il 1843 e il 1851, egli visse il celeberrimo e travolgente amore per Anna Berthier, principessa di Wagram e moglie del duca di Plaisance. La coppia di amanti, la cui fuga da Parigi nell'aprile del 1843 destò grave scandalo, trovò rifugio fra le mura della villa che divenne uno dei luoghi simbolo della cultura romantica dell'epoca. Nella Pliniana cominciò presto a raccogliersi anche un'élite di nobili lombardi (Melzi, Sommariva, Arconti¿) e di ardenti patrioti, come Carlo Bellerio. Durante il viaggio verso il suo villino di Loveno, qui amava soffermarsi Massimo d'Azeglio del quale Emilio aveva avuto modo di condividere le preoccupazioni per il dilagare del radicalismo carbonaro e mazziniano.
Passata la tempesta rivoluzionaria del '48, gli eventi mondani della Pliniana si moltiplicarono; poco tempo dopo però l'unione tra Emilio di Belgioioso e Anna Berthier si ruppe. Rimasto solo, il nobile si dedicò con più interesse alla dimora e soprattutto al parco che in breve tempo mutò il suo carattere animandosi di variopinte aiuole.
Dopo la morte del Belgioioso la villa divenne proprietà del marchese Lodovico Trotti-Bentivoglio, genero della defunta principessa Cristina Trivulzio, e, nel 1890, dei Valperga di Masino che nel 1983 la rivendettero agli attuali proprietari dopo aver trasferito gli arredi nelle stanze del Castello di Masino, in Piemonte, ora proprietà del F.A.I.
Ai primi dell'Ottocento, Francesco Canarisi decise di alienare tutti i beni di famiglia: la Pliniana fu venduta al Principe Emilio Barbiano di Belgioioso che l'adornò sontuosamente restituendola all'antico splendore. Il Belgioioso aveva sposato nel 1824 la principessa Cristina Trivulzio, animatrice di salotti politici e letterari; l'unione era presto fallita: Cristina, attivamente impegnata nei circoli mazziniani, aveva abbandonato l'Italia alla volta di Parigi, mentre Emilio continuò a frequentare la dimora sul lago. Qui, tra il 1843 e il 1851, egli visse il celeberrimo e travolgente amore per Anna Berthier, principessa di Wagram e moglie del duca di Plaisance. La coppia di amanti, la cui fuga da Parigi nell'aprile del 1843 destò grave scandalo, trovò rifugio fra le mura della villa che divenne uno dei luoghi simbolo della cultura romantica dell'epoca. Nella Pliniana cominciò presto a raccogliersi anche un'élite di nobili lombardi (Melzi, Sommariva, Arconti¿) e di ardenti patrioti, come Carlo Bellerio. Durante il viaggio verso il suo villino di Loveno, qui amava soffermarsi Massimo d'Azeglio del quale Emilio aveva avuto modo di condividere le preoccupazioni per il dilagare del radicalismo carbonaro e mazziniano.
Passata la tempesta rivoluzionaria del '48, gli eventi mondani della Pliniana si moltiplicarono; poco tempo dopo però l'unione tra Emilio di Belgioioso e Anna Berthier si ruppe. Rimasto solo, il nobile si dedicò con più interesse alla dimora e soprattutto al parco che in breve tempo mutò il suo carattere animandosi di variopinte aiuole.
Dopo la morte del Belgioioso la villa divenne proprietà del marchese Lodovico Trotti-Bentivoglio, genero della defunta principessa Cristina Trivulzio, e, nel 1890, dei Valperga di Masino che nel 1983 la rivendettero agli attuali proprietari dopo aver trasferito gli arredi nelle stanze del Castello di Masino, in Piemonte, ora proprietà del F.A.I.
Io e Torno
Le guide turistiche riportano che salendo sopra Torno
percorrendo una mulattiera ombreggiata, si raggiunge il piccolo altopiano di Monte Piatto (610 m.) abitato per brevi
periodi l’anno e da cui si gode una vistalago indescrivibile e inoltre è possibile
ammirare un grosso blocco di roccia, più precisamente un masso erratico, a
forma di fungo denominato Pietra Pendula.
Io a Montepiatto non sono andata poiché non calzavo scarpe idonee
e quindi non ho visto la Pietra Pendula, ma il borgo di Torno mi ha letteralmente affascinata ed è per questo che ritornerò e completerò la visita andando sia a Montepiatto che a Piazzaga (altra località appartenente al
comune di Torno).
2011- Yvonne
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