sabato 3 agosto 2019

MIO FRATELLO – DANIEL PENNAC


MIO FRATELLO – DANIEL PENNAC


In quarta di copertina:

“ Non so niente di mio fratello morto, se non che gli ho voluto bene.
Sento moltissimo la sua mancanza, e tuttavia non so chi ho perso.
Ho perso il piacere della sua compagnia, la gratuità del suo affetto, la serenità dei suoi giudizi, la complicità del suo senso dell’umorismo, ho perso la quiete.
Ho perso quel po’ di tenerezza che c’era ancora al mondo.
Ma chi ho perso?”

Di Daniel Pennac nato a Casablanca l’uno dicembre 1944  professore , romanziere eclettico, autore di testi teatrali e monologhi nonché autore di romanzi di successo, non avevo mai letto nulla per cui vedendo in libreria questo dal titolo MIO FRATELLO, l’ho acquistato pur senza grande convinzione.

Ebbene l’ho letto qualche mese fa e già non me lo ricordo più o meglio ricordo la trama a grandi linee.

Un libro scritto per ricordare il fratello partito per  quel viaggio che non prevede ritorno.
Una  dichiarazione di amore e nel contempo anche la scoperta che in realtà non conosceva a fondo questo suo fratello.
Evidenzio  il capitolo 37 poiché mi ha particolarmente toccata.
Racconta che mentre si trova in una stazione di una metropolitana riceve la telefonata della cognata in cui lo informa che il marito, appunto suo fratello, aveva tentato il suicidio e si trovava in ospedale. Sgomento s’immagina la moglie che si ritrova il marito nel letto morto o quasi morto ma continuando la conversazione con la cognata  scopre con sorpresa che i due coniugi non dormivano nello stesso letto.
L’autore quindi si abbandona ad alcune riflessioni  tutt’altro che superficiali che anziché sintetizzare ricopio qui di seguito:

Non sapevo delle camere separate. Avevo intuito la solitudine coniugale, ma non sapevo che fosse anche territoriale. Chi dei due si era spostato? Chi aveva lasciato il campo all’altro? Mentre lei sciorinava le sue lamentele, pensavo all’organizzazione domestica della solitudine. Camere separate… Chi, nel regno della famiglia, pronuncia la condanna dell’esilio? I nostri genitori non dormivano nello stesso letto, ma non mi pareva che fosse perché uno dei due era stato bandito dall’altro. Era tutt’alpiù un retaggio borghese del XIX secolo: il letto comune per la procreazione, le camere separate per il sonno. Ma loro, perché? Mi ricordavo il periodo in cui  volti di quei due erano illuminati dallo stesso letto.” 

Complessivamente si tratta di una lettura piacevole, ma per me non particolarmente coinvolgente quindi non credo leggerò altri romanzi di Pennac.


Giugno 2019- Yvonne

Nessun commento:

Posta un commento