MIO FRATELLO – DANIEL
PENNAC
In quarta di copertina:
“ Non so niente di mio
fratello morto, se non che gli ho voluto bene.
Sento moltissimo la sua
mancanza, e tuttavia non so chi ho perso.
Ho perso il piacere della
sua compagnia, la gratuità del suo affetto, la serenità dei suoi giudizi, la
complicità del suo senso dell’umorismo, ho perso la quiete.
Ho perso quel po’ di
tenerezza che c’era ancora al mondo.
Ma chi ho perso?”
Di Daniel Pennac nato a Casablanca l’uno dicembre 1944 professore , romanziere eclettico, autore di
testi teatrali e monologhi nonché autore di romanzi di successo, non avevo mai
letto nulla per cui vedendo in libreria questo dal titolo MIO FRATELLO, l’ho
acquistato pur senza grande convinzione.
Ebbene l’ho letto qualche
mese fa e già non me lo ricordo più o meglio ricordo la trama a grandi linee.
Un libro scritto per
ricordare il fratello partito per quel
viaggio che non prevede ritorno.
Una dichiarazione di amore e nel contempo anche
la scoperta che in realtà non conosceva a fondo questo suo fratello.
Evidenzio il capitolo
37 poiché mi ha particolarmente toccata.
Racconta che mentre si
trova in una stazione di una metropolitana riceve la telefonata della cognata
in cui lo informa che il marito, appunto suo fratello, aveva tentato il
suicidio e si trovava in ospedale. Sgomento s’immagina la moglie che si ritrova
il marito nel letto morto o quasi morto ma continuando la conversazione con la cognata scopre con sorpresa che i due coniugi non dormivano nello stesso letto.
L’autore quindi si abbandona ad
alcune riflessioni tutt’altro che
superficiali che anziché sintetizzare ricopio qui di seguito:
“ Non sapevo delle camere separate. Avevo intuito la
solitudine coniugale, ma non sapevo che fosse anche territoriale. Chi dei due
si era spostato? Chi aveva lasciato il campo all’altro? Mentre lei sciorinava
le sue lamentele, pensavo all’organizzazione domestica della solitudine. Camere
separate… Chi, nel regno della famiglia, pronuncia la condanna dell’esilio? I
nostri genitori non dormivano nello stesso letto, ma non mi pareva che fosse
perché uno dei due era stato bandito dall’altro. Era tutt’alpiù un retaggio
borghese del XIX secolo: il letto comune per la procreazione, le camere
separate per il sonno. Ma loro, perché? Mi ricordavo il periodo in cui volti di quei due erano illuminati dallo
stesso letto.”
Complessivamente si tratta
di una lettura piacevole, ma per me non particolarmente coinvolgente quindi non
credo leggerò altri romanzi di Pennac.
Giugno 2019- Yvonne
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