mercoledì 20 gennaio 2021

IL MURO- Jean Paul SARTRE

 

IL MURO – Jean Paul Sartre

“Tu esisti dal momento che dubiti della tua esistenza” 


L’autore

Jean Paul Sartre , filosofo, narratore e autore di numerose opere teatrali, è considerato un o dei più importanti maestri del pensiero del novecento.( Parigi 1905-1980) 

 Compagno di  vita  di Simone De Beauvoir , Albert Camus di lui scrisse: “ una  mente singolare e vigorosa”

 IL MURO

Dopo il romanzo di esordio “ La nausea” con il quale Sartre aveva richiamato l’attenzione della critica ed era arrivato finalista a premi come il Goncourt e l’Interalliè,   nel 1939 pubblica IL MURO, un insieme di cinque racconti.

“Il materiale dei cinque racconti è infatti incandescente. Morte, follia, claustrazione, impotenza e frigidità, perversione e assassinio, omosessualità e malafede: questi i temi dei cinque casi di “piccole disfatte”, come li chiama Sartre”.  

(In realtà alcuni erano già stati pubblicati singolarmente in rivista).

IL MURO pubblicato in Italia nel 1947  venne immediatamente contestato, sequestrato e  l’autore fu denunciato per oltraggio al pudore.

In ogni caso in quarta di copertina c’è scritto che IL MURO è considerato l’opera di narrativa più inquietante di Jean Paul Sartre.

Come già detto , trattasi di una raccolta di cinque racconti e  per me è stata una lettura assai impegnativa ma  estremamente interessante e, sicuramente, l’oltraggio al pudore è da collocarsi nel periodo della pubblicazione.

Ogni singolo racconto affronta una tematica diversa ma tutti incentrati sulla complessità dell’animo dell’uomo e le diverse  modalità con cui si affronta la vita: coraggio e viltà.

Il primo racconto che da il titolo all’opera narra di un processo sommario e le ultime ore di vita di tre giovani condannati a morte dai franchisti: racconto  per me angosciante poiché una descrizione e un’analisi così minuziosa dell’anima dei protagonisti, mi ha indotta ad essere completamente partecipe al dramma che si stava svolgendo. In qualche tratto , mi pareva di averli dinnanzi e sentirli parlare.

Non a caso, a proposito di questo racconto, dall’introduzione riprendo quanto scritto . “ una riuscita che ha del prodigioso”.

Non mi soffermo sulla trama degli altri racconti,  tutti pregevoli , ma se dovessi essere obbligata ad esprimere una preferenza sceglierei l’ultimo “ L’infanzia di una capo” poiché incentrato sul complicato percorso di un uomo che prima di divenire tale deve comprendere appieno ciò che  desidera “essere”: quale genere di uomo, con quali ideali, politicamente dove collocarsi. Ricercare dove posare le fondamenta della propria esistenza è un lavorio personale molto laborioso e spesso l’inquietudine diviene compagna di viaggio.

 Stralci

Inquietudine: la parola era incominciata tenera e bianca come un chiaro di luna, ma quell’”udine” finale aveva il timbro liquido d’un arpa.”

 “ Mi piacciono gli esseri affetti da inquietudine – diceva Bergere – e trovo che sei straordinariamente fortunato. Giacchè, in fin dei conti, ti è stato dato di provarla. Vedi tutti questi maiali? Sono degli individui  seduti. Bisognerebbe offrirli in pasto alle formiche rosse per dar loro un po’ di mordente”. 

“ Che bisogno c’era- pensò con irritazione – di mostrare le mie opinioni a gente che non può capirle’”

 Gennaio 2021 – Y.P.

 

domenica 17 gennaio 2021

La chiesa di SANTA MARIA ASSUNTA a SAN SIRO - LAGO di COMO

 

La chiesa di SANTA MARIA ASSUNTA   a   SAN SIRO ( prov. di Como)

(SAN SIRO è la fusione dei comuni di S.Maria Rezzonico e S.Abbondio  avvenuta il 1 gennaio del 2003) 

La Chiesa parrocchiale di  San Siro, dedicata alla beata Maria, già in età romanica si affacciava sul lago, presumibilmente nella stessa posizione in cui si trova attualmente. A monte di essa correva la via Regina che, in alcuni tratti corrisponde all’odierna statale. La torre campanaria della chiesa, situata tra l’abside e il muro meridionale, era in origine caratterizzata da bifore e monofore, inquadrate da archetti pensili. Su questa struttura medievale, nel ‘500 fu impostata la cella campanaria, sormontata da una cupoletta da un tamburo ottagonale. La chiesa di San Siro fu costruita in seguito all’insediamento di alcuni frati domenicani provenienti dal convento di S.Giovanni in Pedemonte a Como e ne divennero i legittimi proprietari. L’esterno dell’edificio, in conci di pietra misti a pochi mattoni, è quasi esclusivamente intonacato e presenta nel  basamento un alto zoccolo in pietra. La facciata è fiancheggiata da pilastri angolari sormontati da un pinnacolo a croce. Essa è abbellita da un interessante portale in marmo bianco di Musso, sovrastato da una lunetta recante un affresco molto rovinato con la Madonna Assunta. Il portale è testimonianza dei primi interventi decorativi della chiesa risalenti agli anni 20730 del ‘500; esso è caratterizzato dalla presenza di paraste a libro che recano alla base due bassorilievi con il Cristo porta croce e con il Cristo alla colonna a e lungo il fusto vari emblemi e simboli della passione di Gesù. L’elegante trabeazione è ornata da un fregio a fogliame con al centro un bambino nudo a braccia levate e alle estremità due formelle con l’arcangelo Gabriele e la Vergine Annunciata. 
Il tetto a spioventi, è realizzato in lastre di sasso di Moltrasio e presenta sotto il cornicione un fregio a dentelli e archetti gotici in cotto.

Nella seconda metà del ‘500 fu aperto un ingresso secondario addossando all’abside un atrio. Ad esso si accede da una scalinata semicircolare, adorna da due colonne, realizzate negli anni ’40 del secolo scorso. Il muro settentrionale risulta spezzato dalle falde delle cappelle; i contrafforti murali definiscono nella parte superiore 5 spazi, 3 dei quali occupati da finestre cieche centinate. Oggi la luce penetra all’interno dalle 4 finestre sul muro meridionale.

L’interno della chiesa ha l’abside quadrata ed un’unica ampia navata, ora ricoperta da volta a botte, ma in origine forse a capriate. Le parti laterali della chiesa sono scandite da dieci cappelle, coperte da volta a botte, in alcune delle quali furono erette delle confraternite.

Cappelle

La prima cappella a destra è dedicata alla Madonna della Misericordia e la sua decorazione è riconducibile all’impegno della confraternita del santissimo Rosario, che vi fece officiare i propri riti fino alla seconda metà del ‘600,  quando trasferì il suo altare nella terza cappella a sinistra. Gli affreschi sviluppano due temi cari all’ordine dei padri domenicani che reggevano la chiesa dedicata a Maria Assunta e il Convento attiguo: la devozione alla Madonna e la predicazione antiemetica.

Tutta la decorazione pittorica è opera di Sigismondo De Magistris che vi oppose la sua firma e la data 1541, visibili vicino al profeta Gioele, e fu il secondo intervento decorativo della chiesa.

Il tema della devozione della Madonna, mediatrice tra l’uomo e Dio, è sviluppato nella pala d’altare dove la figura di Maria grandeggia al centro nell’atto di dispensare rose ai fedeli che le tendono le mani e di convertire in rose le saette mandate sulla Terra da Gesù.

La rappresentazione è gravemente mutilata nel viso della Madonna e nella parte inferiore, dove erano raffigurati i devoti, dei quali restano soltanto due braccia protese verso la Vergine. Ai fianchi della Madonna sono visibili, a sinistra S.Domenico e, a destra, S.Pietro Martire. Entrambi reggono un cartiglio con invocazioni di pietà per i fedeli che confidano in Maria.

L’affresco era stato coperto da una tela recante l’immagine di SS. Giovanni Battista e Giacomo, racchiusa in una cornice in marmo rosa, come l’altare.

Ai lati della cappella sono raffigurati il profeta Isaia che annuncia la missione della Vergine e il profeta Gioele che garantisce il dono dello Spirito Santo; nella piccola volta invece è rappresentato Dio Padre entro una Gloria di Angeli.

La seconda cappella a destra fu decorata nel 1579 per ordine del vescovo Volpi. Il grande affresco della parete di fondo raffigura San Vincenzo Ferrer, domenicano, che regge con l’indice della mano destra un libro e con la mano sinistra un giglio. Ai suoi fianchi sono presenti Santa Agnese e Santa Caterina d’Alessandria, entrambe con la palma del martirio e un libro. Questa cappella nell’intento dei padri domenicani, che reggevano la Chiesa e il convento adiacente, doveva richiamare i fedeli alla virtù della purezza 8 giglio) , della castità ( martirio) e del timor di Dio, come si  legge nella scritta del libro aperto sopra l’indice di San Vincenzo.

Sullo sfondo a cielo aperto si stagliano delle figure inquadrate da una cornice a grisaille decorata da un fregio con rosette agli angoli e un testa di putto al centro del lato superiore.

La parete di fondo è divisa da una finta cornice a due facce scanalate, dipinte sempre a grisaille, che ne includono una terza policroma. Gli spazi definiti da questa suddivisione sono contornati da un fregio giallo a palmette e fiori stilizzati e da uno grigio con frutta.

Il sottarco reca alla sommità un finto oculo in cui appare la colomba dello spirito.

La terza cappella di destra è dedicata all’Ascensione   e ai Santi Sebastiano e Rocco. La pala fu commissionata al pittore genovese Agostino Calvi, come ex voto di una epidemia di peste. Il nome del pittore risulta nella scritta che corre alla base della cornice dorata con la data alterata. La pala raffigura Gesù che scende al cielo tra una gloria di angeli, posti simmetricamente a suoi lati; si riscontra una certa bloccata fissità e uniformità nei tratti fisionomici dei personaggi aureolati. In basso a sinistra sono disposti S.Pietro, S. Barbara, S. Sebastiano e cinque apostoli; al centro un cane proteso verso San Rocco. Ai lati della tela, due profeti accennano con le scritte dei cartigli, di cui una sola è leggibile, all’ascensione di Gesù.

Nel sottarco, sette cartelle ovali e rettangolari , alternativamente raccontano episodi della vita di S. Sebastiano e S. Rocco. Sui pennacchi dell’arco, compaiono due sibille affiancate da un bambino e indicanti rispettivamente la cappella e il cielo.

Nel complesso questa pala pare avere come modello iconografico per la figura di Cristo la Trasfigurazione di Raffaello.

Il paliotto dell’altare di marmo policromo, rosso , nero e bianco, è suddiviso in tre specchiature a intarsio. In quella centrale la statua di Gesù presenta sembianze infantili, in quelle laterali i SS. Sebastiano e Rocco sono posti in corrispondenza della loro immagine nella pala.

La quarta cappella di destra è dedicata a S.Domenico dell’ordine dei domenicani. Il santo è in posizione frontale con le braccia allargate che lasciano scoperto lo scapolare segnate da pieghe diritte, ed è affiancato dagli Evangelisti appena rivolti verso di lui, con i panneggi leggermente più mossi. La loro presenza al fianco di S.Domenico sta probabilmente ad indicare la centralità del vangelo nella predizione dell’ordine.

 Nei due ovali del sottarco S. Barbara e S.Brigida spiccano su uno sfondo di case, mentre nel poligono centrale Gesù ascende al cielo.

Sulla parete di fondo nel tondo trattenuto da due angeli si legge JHS ( Jesus Hominum Salvator).

La decorazione della quinta cappella di destra è opera di Michelangelo Carminati come attesta l’analogia con gli affreschi del presbiterio commissionata da Antonio dell’Orto di Lucena. Sopra alla porta di accesso alla sacrestia, sulla parete di fondo, è raffigurato Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia con una verga in mano e con l’altra indica il padre che compare in uno squarcio di cielo. Questo evento simboleggia il ristoro spirituale che l’uomo riceve dalla Chiesa. Accanto al Profeta due donne, accorse per bere, appaiono con un uomo che si spoglia prima di immergersi nel ruscello. In una finta nicchia è visibile il busto di Santa Margherita, protettrice delle donne gravide. 

Sullo sfondo della prima cappella sulla sinistra è raffigurata la Crocifissione, che nel 1923 risultava coperta da una tela con la Deposizione della Croce, oggi scomparsa, rimossa nel 1929 su ordine del vescovo Pagani.

In primo piano sono posti Gesù Crocifisso, Maria Maddalena, inginocchiata sotto di lui, la Madonna e San Giovanni, ritratti in piedi. In secondo piano due angeli in volo assistono Cristo pregando, mentre lo sfondo è interamente occupato nella parte inferiore da una veduta urbana.

Sul pilastro esterno si intravede la metà sinistra di una figura maschile, collegabile a questo ciclo di affreschi, che parzialmente coperta dalla decorazione posteriore della cappella contigua.

La Crocifissione appare piuttosto statica: le figure in primo piano esibiscono una vaga espressione dolente, mentre nel corpo nudo di Cristo si avverte una certa tensione manieristica.


La seconda cappella di sinistra è dedicata a San Pietro martire e a Santa Rosa da Lima come ricorda la lapide della sommità dell’arco. Dall’iscrizione in essa contenuta si deduce che nel 1467 la compagnia di San Pietro martire fondò una cappella la quale inizialmente corrispondeva alla terza di sinistra, il trasferimento dalla terza alla seconda avvenne probabilmente nel 1666. In seguito, nel 1669, si introdusse definitivamente nella parrocchia di Santa Maria il culto della Santa peruviana, appartenente all’ordine domenicano. La pala d’altare, molto deteriorata, di gusto tardo secentesco, inquadrata da lesene con volute alle estremità, rappresenta Santa Rosa da Lima con  San Pietro da Verona mentre sta per ricevere Gesù bambino dalle braccia di San Giuseppe. Due robusti putti contrapposti sono disposti tra le volute della cornice. Una conchiglia unisce “ due serti di rose” che scendono dal cornicione al centro della trabeazione concava.

Sul cornicione sono collocati due Angeli che sostengono una grande cartella con rotoli sulla quale è configurata ad altorilievo il viso di santa Rosa.

Alla sommità del sottarco è affrescato il simbolo trinitario tra Angeli musicanti. Completano il ciclo iconografico, un frate e un vescovo con ampi panneggi dipinti a monocromo giallo sui pilastri, interpretando così la “vigilanza divina” con la mediazione spirituale degli ordini religiosi. Ai lati della pala, sui piedistalli marmorei, sono collocate le statue a tutto tondo di San Pio V e Santa Rosa da Lima, animate da panneggi con pieghe movimentate, che arricchiscono l’esuberante decorazione a stucco della cappella. Infatti  i rilievi a stucco conferiscono effetti di una certa imponenza alla cappella. Da ricordare inoltre il San Giuseppe della nostra tela, il cui cattivo stato di conservazione e le probabili ridipinture che ha subito impediscono una lettura più precisa.


Nella terza cappella di sinistra, ora dedicata alla Madonna del Rosario, non reca alcuna ornamentazione pittorica di rilievo ma è decorata con un complesso scultoreo dove risalta il contrasto tra il marmo nero e lo stucco bianco. La parete di fondo accoglie in una nicchia, con la volta a conchiglia, una statua lignea con la Madonna del Rosario. L’edicola sormontata da due putti, è inquadrata da colonne tortili con capitelli composti, sui quali è impostata una massiccia trabeazione. Al centro del frontone c’è una grande cappella ovale che esalta la preghiera del Rosario. Due statue lignee raffiguranti i santi Domenico e Caterina da Siena sono inginocchiati ai piedi della Vergine. Il sottarco è scandito da partiture geometriche in stucco bianco che definiscono spazi privi di decorazione se si esclude l’ovale posto alla sommità, dove tuttavia la pittura è totalmente rovinata.

Nel 1599 la cappella era dedicata a San Pietro Martire, il cui culto nel 1666 fu spostato nella seconda a sinistra. Questa, a sua volta, era inizialmente consacrata ai Santi Giacomo e Giovanni Battista ai quali fu rimediato il primo sacello a destra. La titolarità della Vergine passò dunque nella terza cappella a sinistra. Non si conoscono i motivi che determinarono gli scambi, ma probabilmente vanno attribuiti alle confraternite  erette nei sacelli.

La decorazione di questa cappella venne probabilmente terminata nel 1699, quando viene nominata la prima volta la statua della Madonna con il Bambino e “un’invetriata avanti alla statua” atteggiata in posa elegante.

La quarta cappella di sinistra dedicata a Santo Antonio Abate che è rappresentato in atteggiamento estatico di preghiera nella pala centrale, e tentato da demoni nel riquadro del sottarco a sinistra, in visita a San Paolo Eremita in quello di destra.

La pala porta nell’angolo in basso a sinistra, le iniziali O.T. di cui è ancora sconosciuto il significato.

L’atteggiamento intensamente mistico e l’ambientazione del Santo in una grotta scura, rischiarata da uno squarcio nel cielo, rispecchiano i canoni descrittivi propri del Seicento.

Segni del riconoscimento del Santo sono la lettera T sulla spalla sinistra e il maiale vicino alle iniziali O.T.

La cappella è ornata da stucchi di sobria eleganza, di gusto classicheggiante, come il paesaggio. Di notevole rilievo sono la aromaticità e la plasticità degli affreschi nei riquadri del sottarco attribuiti ad Isidoro Bianchi, autore anche dei Santi; Margherta d’Antiochia, Pietro, Francesco d’Assisi e Caterina d’Alessandria. 

GLI ARREDI


Nella quinta cappella di sinistra è collocato un organo ligneo barocco, di notevole interesse storico. Fu acquistato nel 1670 a testimoniare la sensibilità dei domenicani nei confronti di un continuo aggiornamento culturale. La parte strumentale ricevette i primi restauri nel 1689 e fu sostituita nel 1817 da un organo che, secondo una relazione stesa dai fabriceri della Chiesa di S.Maria Rezzonico, era stato realizzato nella famosa bottega Serassi. Questa notizia contrasta però con la scritta Antonius Lotterius, posta sul somiere principale, che si riferisce al nome di un altro organaro attivo nel comasco verso la fine del ‘700. La cantoria presenta un’esuberante decorazione ad intaglio compromessa purtroppo da furti in data recente. In ciascuna svecchiatura in cui è diviso il parapetto si sussegue una graziosa sequenza di figure di altorilievo di putti musicanti in posizione seduta, alternati ad altre in pose ritmiche e danzanti. La decorazione è arricchita da teste di cherubini, visi femminili e mascheroni, inseriti nello spazio ornamentale, ma nonostante questa decorazione sia traboccante di motivi, essa conserva un suo equilibrio compositivo a cui contribuiscono la regolare alternanza di oggetti e di rientranze e la simmetria degli ornamenti.

L’organo è in disuso e necessita di un radicale restauro sia nella cantoria che in alcuni componenti dello strumento. 

Il pulpito poligonale situato tra la terza e la quarta cappella di destra fu nominato per la prima volta nell’inventario dei beni della compagnia del 1683. Il parapetto è suddiviso in cinque svecchiature da lesene angolari animate da un fregio a motivi geometrici e sormontate da capitelli con volute ioniche. Sulla svecchiatura frontale risalta il simbolo IHS, che si riferisce al nome di Gesù. Inferiormente il  pulpito presenta un motivo ad ovuli allungati, alla cui radice spicca un viso di un putto in forte rilievo, e superiormente è sormontato da una tettoria, pure poligonale, al disotto della quale è posta la colomba dello Spirito Santo. 

L’AFFRESCO DELLA CONTROFACCIATA

Il grande affresco della battaglia di Lepanto, collocato sulla controfacciata della chiesa, reca la scritta “propriis expensisi dominaci de scaglia 1684”, che sta ad indicare il nome del committente e l’anno di realizzazione dello stesso.

Al centro della raffigurazione, come di consueto, la Vergine del Rosario è avvolta da nubi e porge la corona a S.Pio V,il papa dominicano che fu promotore della crociata contro i turchi, vinti nelle acque di Lepanto il 7 ottobre 1572. Sullo sfondo è riprodotta la battaglia navale caratterizzata da rappresentazioni di imbarcazioni gremite di combattenti, cristiani musulmani.

Tutta la rappresentazione è incorniciata da una finta architettura con poderose colonne. Sopra di esse è visibile un rosone con vetrate colorate inquadrato da una folta corona d’alloro.

Ai lati due figure allegoriche femminili scacciano gli aggressori dai loro piedi: quella di destra sorregge con le mani una croce e una catena; l’altra di sinistra innalza un calice

Serena Cafulli- Valeria Cappelletti ( elaborazione anno 2004)

la chiesa da una prospettiva diversa - ( Foto di Daniela Butti)

Monumento ai caduti antistante la Chiesa


martedì 5 gennaio 2021

NOLEDO- I borghi di SAN SIRO ( Lago di Como)

 

NOLEDO- I borghi di SAN SIRO ( Lago di Como)


Via Nole


Noledo - panoramica ripresa dalla carrozzabile

Raggiungere NOLEDO in auto partendo dalla Chiesa di Santa Maria ci si impiega al massimo quindici minuti, andandoci a piedi  e percorrendo lo stesso itinerario ci si può impiegare anche un’ora ma  il piacere che ne deriva è incomparabile. Oltrepassato il bivio per entrare in Lucena, la strada intraprende un percorso boscoso e se si è fortunati, oltre ai cinghiali si possono vedere anche i cervi, mentre con gli scoiattoli sono incontri frequenti, pure in inverno,  poiché quest’ultimi piccoli roditori  non vanno  in letargo e  con il freddo si limitano soltanto a ridurre la loro caratteristica vivacità.Il tratto di strada in argomento, assai pianeggiante, nella bella stagione è prevalentemente ombroso per la folta vegetazione,  mentre in inverno consente di godere panoramiche del lago davvero spettacolari.

Andando a Noledo

( Doveroso specificare che esiste anche un altro itinerario per raggiungere Noledo, ossia percorrere la vecchia mulattiera che da Santa Maria passa attraverso le frazioni).

Superato il borgo di Gallio, si arriva a Noledo ed il confine fra i due borghi è definito da un ruscello : immediatamente dopo l’ultima casa di Gallio, un cartello  collocato su di un argine  reca la scritta Noledo. Se non fosse per il cartello non ci si renderebbe neppure conto che si tratta di due borghi diversi poiché case costruite in questi ultimi decenni  fiancheggiano la strada  in successione.

ex- scuola

La prima costruzione che s’incontra sulla sinistra appartenente al borgo originale è la ex- scuola elementare: un bell’edificio completamente rimaneggiato ed attualmente  destinato  ad  usi  diversi a causa di numero insufficiente di alunni. Negli anni addietro era una scuola notevole con le  cinque classi poiché vi affluivano i bambini delle frazioni sovrastanti oltre a quelli di Soriano, Lucena, Gallio.

Immediatamente dopo la ex-scuola scorre la Valle di Noledo, un bel torrente dalle acque saltellanti , e  sulla destra, fra edificazioni più recenti si distingue una casa  pure ben rimaneggiata dalle facciate con pietre a vista recante  il cartello “Via Noledo di Sopra”.

Qui,  diversi anni fa,  c'era la “Bottega del Nuto” e penso che ancora in molti se la ricordano. Era una bottega tipica degli anni sessanta, ma credo esistesse già da molto prima,  in cui ci si poteva rifornire di qualsiasi cosa: dal pane appena sfornato, alle scarpe e persino all’elastico per le mutande.

Alle ragazze d’oggi sicuramente sembrerà strano sentire parlare d’elastico per le mutande, ma sino a qualche decennio fa,  le mutandine non erano tanto graziose come ai giorni nostri, bensì erano indumenti proprio basici: prevalentemente in cotone a costine sottili bianco o nero  avevano un elastico  che con i lavaggi perdeva l’elasticità. Ebbene anzichè buttarle era uso comune sostituire l’elastico: tutte le mamme lo sapevano fare e si tenevano nel cestino del cucito varie metrature di elastici, acquistabili per l’appunto, anche nella Bottega del Nuto ( diminutivo di Benvenuto).

Inoltre un figlio del Nuto con due bellissimi muli da soma, nei mesi di luglio e agosto, con le ceste cariche di pane, effettuava la consegna a domicilio a coloro che si trasferivano per periodi più o meno lunghi, nelle cascine  dei  monti.

Oggi  NOLEDO come tutte le altre frazioni di San Siro  si è esteso con nuove edificazioni nei pressi della carrozzabile e per addentrarsi nel “borgo vecchio” occorre intraprendere la mulattiera Via Valle di Noledo e poi ancora Via Nole.



 In Via Nole ci si trova  proprio  nel nucleo antico: un filare di case in pietra, con scale esterne sempre in pietra e ingentilite da poggioli e terrazzini ed alcune ancora con porte in legno semplici e originali. Quindi altre case sparse, poche. Alcune ben ristrutturate, altre in attesa di “soccorso” ed  all’incirca nel centro, solitario ci sta un bel lavatoio, interamente coperto, ma purtroppo alquanto malandato

Lavatoio

Il territorio di Noledo  non è  pianeggiante ma comunque non mancano piccoli appezzamenti coltivati ad orti e giardini.


Nel borgo a poca distanza  l’una dall’altra ci sono pure due fontane , le solite presenti ovunque, dove s’andava a prendere l’acqua quando ancora le abitazioni ne erano sprovviste .Queste sono datate 1935 e su di una, ho notato un’effige da cui mi è parso distinguere una mano che racchiude una mazza da lavoro.




Mi sono soffermata  ad osservare e mi sono convinta che  questa effige debba avere un significato poiché molti  abitanti di Noledo  portano cognome “ Mazza”. Forse l’effige vuole significare che gli abitanti di Noledo erano grandi lavoratori? Forse muratori? O forse altro? Chissà se qualcuno, leggendomi,   soddisferà la mia curiosità?

Mi sono  addentrata in ogni angolo anche in presenza di qualche chiazza di neve ghiacciata, rimasuglio della nevicata di fine dicembre, ma le stradine vuote non mi hanno consentito di scambiare nessuna cortesia. Silenzio interrotto soltanto dal fragore delle acque del torrente che scorre poco distante le case. Ho incontrato  un bellissimo micio dal pelo rosso che mi ha seguita per un breve tratto mettendosi poi in posa per farsi fotografare .


Panoramiche da Noledo

In breve : NOLEDO non si differenzia molto da altre frazioni di San Siro, ma comunque offre prospettive  impareggiabili: la vista può spaziare dalle montagne della Valtellina  sino quasi a LECCO. Inoltre gode di una posizione molto soleggiata e ciò non è trascurabile perché aprire le finestre ed sentirsi inondati di luce e di sole è molto piacevole.

Gennaio 2021- Y. Pelizzari