sabato 29 agosto 2020

MARENA - I borghi di SAN SIRO ( Lago di Como)

 

MARENA 

   Le origini non si cancellano nemmeno con anni e anni di addestramento, restano incollate addosso. Si può restare poveri anche da ricchi. E alla fine tanto la povertà del passato come la ricchezza del presente possono diventare una colpa perseguita. ( da Pranzi di Famiglia- R. Petri)

 


MARENA è il luogo dove sono nata.

Giacomo Leopardi definì il suo luogo di nascita  “ natio borgo selvaggiointra una gente zotica, vil, cui nomi strani, e spesso argomento di riso e di trastullo son dottrina e saper; che m'odia e ... ” .

Io non sono il conte Leopardi , filologo, filosofo e poeta  e mi limito a definirlo soltanto “il mio borgo natio”. Qualche anno fa l’avevo già  raccontato nel mio secondo libro “ Il mio paese dentro un romanzo” ma poiché nulla è statico e la realtà è quella che ciascuno di noi percepisce, nonostante  qualche perplessità, ho preso la penna fra le dita per raccontarlo di nuovo, come fosse la prima volta.

I borghi di SAN SIRO sono eterogenei perché la loro posizione geografica è molto diversa: dalle rive del lago si arriva in meno di un’ora ad un’altitudine di quasi mille metri perciò SAN SIRO è contemporaneamente lago e montagna.

MARENA sta nel mezzo: non è né lago né montagna e forse neppure collina perché non è posizionato su un dolce colle, come io immagino tutti i borghi collinari evocando Marche, Umbria e Toscana.

In linea d’aria molto vicino alle spiagge, sorge su un tratto di territorio abbastanza livellato rispetto ad altri borghi situati su declivi e si fronteggia con Bellano, un bel paesotto appartenente al Ramo di Lecco alle cui spalle lascia ben intravedere parte della Valsassina.


A Marena i miei genitori edificarono casa – l’attuale casa di pietra delle mie narrazioni - e  posero le radici della famiglia senza mai trasferirsi altrove  per cui,   ho avuto modo di assistere alla sua trasformazione e senza presunzione, mi sento di affermare che lo conosco abbastanza bene, favorita anche dalla curiosità che spesso mi spinge ad indagare oltre l’apparenza.

Anche se la vita in città mi ha affascinata sin dai primi giorni in cui per motivi di lavoro andai a vivere a Piazzale Corvetto, quando Piazzale Corvetto era ben diverso da ora e , comunque quei giorni non erano stati facili, a Marena sono sempre tornata regolarmente.

MARENA è un agglomerato assai ampio e popoloso ( sempre rapportandolo alle altre frazioni che compongono il comune) e, forse perché  posizionato  nelle immediate vicinanze del lago, molti di coloro che abitavano le frazioni montane qui hanno costruito nuove case e qui si sono stanziati. Ma pure altra “gente venuta da fuori”  ha scelto Marena per abitarci e di nativi ne sono rimasti veramente pochi.


Nel complesso Marena è ben assettato, ma ai miei occhi è alquanto insignificante perché delle sue origini rimangono poche tracce.   




Si possono considerare autentiche  le case che fiancheggiano il torrente dal lavatoio di Marena Alta alla Piazza di Marena e l’omonimo contesto di Marena Alta,  quelle di Via Valle dei Mulini , di  Via Marena di Fuori, parte di quelle in via Al Marin e qualche altra ancora.

Molte  sono state ristrutturate, ma purtroppo quasi tutte hanno completamente rinnegato lo stile originario e ne consegue che l’insieme del borgo non ha più una propria identità. Le facciate di alcune case in pietra sono state intonacate, in qualche caso pure strutturalmente modificate perdendo così parte  di quella  bellezza ineguagliabile realizzata unicamente dalle mani di uomini ingegnosi che le rendevano caratteristiche.


 

Persino gli archi che sovrastano il torrente che attraversa il borgo, sono stati ridotti di numero  ( chiusi, cementati) e del Fontanin  del Pedro, una sorgente naturale dove s’andava ad attingere un’acqua limpida e fresca,   non c’è più nemmeno l’ombra.  La rotabile è fiancheggiata unicamente da case edificate dagli anni sessanta in poi. Mattoni e cemento hanno sostituito le pietre: in quegli anni forse non c’era una particolare attenzione per la bellezza paesaggistica e sicuramente i vantaggi economici hanno determinato le scelte.


Eccezione fatta per qualche breve tratto, non sono originali neppure le mulattiere all’interno del borgo perché la pavimentazione un tempo di ciottoli è stata sostituita con tozzetti tipo sampietrini.


Sostituita pure la pavimentazione della piazza  di Marena, un tempo cuore del borgo: ora la vasca del lavatoio è costantemente vuota e oramai funge solo da piano d’appoggio del presepe natalizio che alcuni volonterosi da qualche anno allestiscono. In conclusione Marena direi che si è modernizzato anche se moderno non è: alcune case vecchie nella parte interna  si possono vedere soltanto percorrendo via al Marin e versano in un considerevole stato di degrado,  offrendo così un insieme paesaggistico non  certamente pittoresco.


Irrilevante oramai sapere che a Marena c’erano due torchi perché tutti avevano la vigna, c’era il mulino dove s’andava a macinare il grano, c’era la scuola, il canatori, l’allevamento del baco da seta, mio padre gestiva anche la latteria,  c’era… c’era… e c’era tutto quello che è rimasto nella memoria oramai di  pochi e  fra qualche anno non ci sarà più nulla.

Forse anche la leggenda del Ciapet de Marena , che narra che tutti coloro che  sedevano su di un particolare sperone sassoso presente in un prato acquisivano genio ed estrosità,  verrà obliata, a meno che i nuovi nativi non si adopereranno per mantenerla viva e farsene un vanto.

Non me ne vogliano i miei compaesani, ma non me la sento di annoverare  MARENA fra i borghi più belli di San Siro.

MARENA secondo me  rimane soltanto una validissima meta turistica poiché oltre alla vicinanza alle spiagge può considerarsi  una base strategica per raggiungere le più note località  ed innegabilmente gode di una ampia vista-lago raggiungendo  persino Varenna e  il promontorio di Bellagio. 


Infine MARENA , il mio paese, alla sera scompare, le luci si spengono presto,  il buio lo ingolla, il silenzio sepolcrale lo avvolge e non s’odono più neppure i grilli.

Nelle notti senza luna solo tenebre quasi impenetrabili.

Sforzandomi di voler donare a Marena un aspetto singolare e non potendo intervenire in nessun altro modo, mi vien da suggerire ai miei compaesani di piantumare  molti oleandri, poiché tutte le case hanno del terreno intorno.

Chissà mai che un giorno divenga “MARENA IL BORGO DEGLI OLEANDRI”!


 Agosto 2020- Y.Pelizzari.

 


sabato 22 agosto 2020

IL COLIBRI'- SANDRO VERONESI

 

IL COLIBRI’ – Vincitore Premio Strega 2020

SANDRO VERONESI

 

Acquistato unicamente perché vincitore Premio Strega 2020, ho appena terminato di leggerlo e l’ho concluso solo perché non è mia abitudine abbandonare i libri a metà.

Non nego che sono timorosa a scrivere quanto andrò a scrivere, ma è mia intenzione essere sincera perchè un libro si legge, si discute, si condivide con altri e il giudizio non sempre è unanime .

Non mi permetto di dubitare sulle qualità  e il talento letterario di Veronesi, se è stato eletto vincitore del Premio Strega, ci saranno delle ottime ragioni ed io mi congratulo con lui. Inoltre ha ottenuto molti riconoscimenti e CAOS CALMO  con il quale aveva ottenuto un altro Premio Strega è stato tradotto in venti paesi oltre ad essere divenuto un film di successo.

Quindi vado oltre e mi concentro su : 

IL COLIBRI’ è un romanzo drammatico che infine ho apprezzato, ma per apprezzarlo mi sono dovuta annoiare per ben 200 pagine ovvero, le prime 200  che secondo me potevano benissimo essere sintetizzate in un centinaio senza che la trama venisse penalizzata.

 ( Alcune pagine sono inventari dei beni ereditati dai genitori: lampada da tavolo, lampada da tavolo passiflora, lampada Eclisse, etc etc.  - una noia)  

Il protagonista, il colibrì,  Marco Carrera di professione oftalmologo-oculista, non si può definire “un uomo dalla vita facile”: ha perso una sorella in un modo terribile, un matrimonio fallito in un modo pure terribile, ha aiutato il padre malato di cancro ad andarsene  rimanendo lui stesso sconvolto,  ha perso l’unica figlia  seppellita a 22 anni….. Una vita di lavorio di lutti ed in mezzo ai lutti una storia d’amore durata quasi tutti la vita. Una storia rimasta in sospeso.

Non voglio addentrarmi troppo nella trama per evitare di togliere quel poco di sorprendente che riserva.

Comunque la narrazione non ha una successione temporale, i capitoli si alternano a lunghe lettere: alcune indirizzate a Luisa, una donna bellissima sempre in movimento che vive a Parigi e di cui lui si era innamorato sin dall’adolescenza e altre scritte al fratello Giacomo che vive in America e che non gli risponde mai.

Subentra  con un ruolo importantissimo anche la nascita dell’uomo del futuro che cambierà il mondo e sarà una bambina bellissima, il meglio di tutte le “razze”: occhi azzurri taglio orientale , pelle marrone, capelli ricci morbidi come panna…. Sarà questa bimba perfetta in tutto, l’uomo che cambierà il mondo. Un bambina di cui sarà proprio Marco ad occuparsi della crescita  poichè sua figlia non c'è più...

Marco Carrera avverso alla psicoanalisi poiché molte delle persone a lui vicine vi ricorrevano abitualmente, infine è proprio attraverso l’aiuto dello psicoanalista della sua ex- moglie che trova la forza per dare un senso a quella sua vita alquanto singolare e attraversata da molto dolore.

 Stralci interessanti ce ne sono, ho  imparato una parola a me completamente sconosciuta: EMMENALGIA da Emmeno, un verbo greco che significa rimanere saldo. Le ultime pagine mi hanno pure commossa o forse  angosciata, ma in conclusione con tutti i romanzi che ci sono da leggere, questo avrei potuto evitarlo. Non escludendo che possa divenire un film magari diretto da Nanni Moretti, avrei potuto attendere.

 Ho apprezzato  le riflessioni su cambiamento e movimento...ma ero già a pag. 312

STRALCI

A proposito di psicoanalisi

“ Danni, gli veniva detto, ne crea qualsiasi famiglia, e qualsiasi tipo di rapporto, in chiunque, considerare la psicoanalisi più responsabile della – poniamo – passione per gli scacchi, era un pregiudizio”.

 Ma è vero che se una storia d’amore non finisce, o come in questo caso nemmeno comincia, essa continuerà a perseguitare la vita dei protagonisti con il suo nulla di cose non dette, azioni non compiute, baci non dati….”

A proposito dell’ex moglie di Marco Carrera

Non erano fatti l’uno per l’altra. Nessuno è fatto per nessun altro, a dire il vero, e persone come Marina Molitor non sono fatte nemmeno per sé stesse”

 

“…per infilare il filo nella cruna dell’ago in Occidente si spinge il filo dal petto verso l’esterno, mentre in Giappone si fa l’opposto, il filo viene portato dall’esterno verso il petto. La differenza, disse Briciola, stava tutta lì: Occidente= dentro- fuori, Giappone= fuori-dentro”

 

“Lavoriamo sui desideri, sui piaceri. Perché anche nella situazione più disastrosa i desideri e i piaceri sopravvivono. Siamo noi che li censuriamo. Quando siamo colpiti dal lutto censuriamo la nostra libido, mentre è proprio quella che può salvarci.”

 

Agosto 2020- Y.P.

domenica 16 agosto 2020

TROPPI PARADISI – WALTER SITI

 

TROPPI PARADISI – WALTER SITI

 

In questi giorni non ho avuto un attimo di tregua: c’era un libro che appena posavo da qualche parte mi chiamava e  pretendeva il mio tempo.

Io non ho ignorato il richiamo: ho letto senza entusiasmo le prime pagine,  ma poi ho iniziato ad addentrarmi nella trama e infine dopo  avergli dedicato ogni ritaglio di tempo libero e diverse ore notturne, stasera l’ho chiuso  senza aver tralasciato neppure  un' attenta lettura della postfazione curata dall’autore stesso.

 WALTER SITI   non è semplicemente uno scrittore , bensì è il curatore delle opere complete di Pier Paolo Pasolini, è stato il vincitore del Premio Strega 2013 con RESISTERE NON SERVE A NIENTE,  è critico d’arte, saggista , poeta, accademico e forse altro ancora.

 TROPPI PARADISI, il titolo del  romanzo in argomento, è stato pubblicato per la prima volta nel 2006 ed è ultimo di una trilogia.

 Perché ho scelto questo romanzo?

Durante il lockdown ho partecipato a diversi webinar, uno fra i quali dedicato alla comprensione dei testi ed in una circostanza era stato portato ad esempio lo stile letterario di  WALTER SITI  considerato autore di grande spessore.

Era stata richiesta poi la lettura di alcune pagine di TROPPI PARADISI  per poter meglio comprendere ed avviare un confronto fra i partecipanti al webinar, dopodichè decisi di acquistarlo.

Ebbene non è un romanzo leggero: io mi permetto definirlo” crudo e amaro” mentre Il Venerdi di Repubblica l’ha descritto: “ Un romanzo scandaloso, divertente e malinconico”.

 

Trama

Ambientazione e durata temporale della storia : Roma 1998-2005

Protagonista WALTER SITI ma non è un’autobiografia: semplicemente il protagonista porta il medesimo nome dell’autore.

«Mi chiamo Walter Siti, come tutti. Campione di mediocrità. Le mie reazioni sono standard, la mia diversità è di massa. Più intelligente della media, ma di un’intelligenza che serve per evadere. Anche questa civetteria di mediocrità è mediocre, come i ragazzi di borgata che indossano a migliaia le T-shirts con su scritto <<original>>; notano la contraddizione e gli sembra spiritosa. Se non fossi medio troverei l’angolatura per criticare questo mondo, e inventerei qualcosa che lo cambia.»

(da Walter Siti, Troppi paradisi) 

In sintesi: un professore ultrasessantenne a cui mancano pochi anni alla pensione, di nome Walter Siti, vive in una casa di proprietà  a Roma in via Tina Pica, acquistata ricorrendo al mutuo bancario.Un lavoro tranquillo ed una relazione con  Sergio: un bel ragazzo intorno ai trent’anni  che lavora in televisione ,smanioso di fare carriera e disposto anche a  cedere a qualche inevitabile compromesso.

Una storia senza troppi colpi di scena vivacizzata principalmente dalla narrazione di ciò che avviene in RAI e che Sergio costantemente racconta a Walter.

Walter, “ conigliotto” vuole molto bene a Sergio “muso” e Sergio  indubbiamente prova un sentimento per Walter in cui trova grande comprensione,  ma è  giovane , potrebbe essere  suo figlio  e soprattutto ha bisogno di rapporti vigorosi.  Comunque la relazione prosegue per quasi tre anni e poi gli eventi li porteranno alla separazione. Sergio andrà in Albania per motivi di lavoro e Walter dopo un periodo di eccessi e frequentazioni finalizzate ad ottenere sesso a pagamento,  incontra Marcello, un escort di straordinaria bellezza, culturista e borgotaro e da quell’incontro, con lucida consapevolezza, Walter da inizio  alla sua autodistruzione.

 Sono stanco…sono quasi due anni che faccio quattro lavori, che ognuno basterebbe per una persona: faccio il romanziere, il professore universitario, il critico letterario, l’autore televisivo”

Faceva tutto questo per avere a disposizione molto denaro per poter pagare le prestazioni di Marcello ed anche per acquistargli la cocaina. 

Trama che sintetizzata così può apparire banale, ma leggendo il romanzo ci si rende conto di quanto non lo sia.

Marcello è l’emblema dello spirito del nostro tempo: mancanza di desideri e passioni  fa del suo corpo uno strumento di lavoro concedendosi senza dignità a uomini e donne indistintamente. Unico obbiettivo quello di ottenere  denaro  per poterlo sperperare  in anabolizzanti, prodotti per il corpo e ovviamente cocaina.

Sergio invece con le sue avventure-disavventure professionali mette in evidenzia quanto sia falsificata la realtà  e quanto siano le pressioni politiche  determinanti nella messa in onda dei programmi. 

“Quella che di solito, sbagliando, chiamiamo “irrealtà televisiva” è invece realtà depotenziata. La realtà mostrata in tivù deve essere accettabile ( e produrre denaro): dunque è bene tenerla sotto controllo, aggiustarla prima che la telecamera la riprenda. La realtà televisiva è strutturata come una fiction ( vedi i telegiornali, che partono dalle tragedie e finiscono nell’happy end dei divi e dello sport), ma senza avere la libertà della fiction, che è soprattutto quella di rappresentare l’estremo…”

 Ma anche il mondo universitario non ne esce indenne, perché Walter Siti protagonista,  è docente all’Università dell’Aquila  dove sta avvenendo una riorganizzazione ed il merito che dovrebbe essere l’elemento principale da considerarsi, viene completamente ignorato.   

 TROPPI PARADISI in breve io l’ho considero un romanzo pregevole, di grande attualità. Nel momento della sua pubblicazione forse anche precursore dei tempi: quelle che nel romanzo erano situazioni possibili oggi sono divenute  concrete e anche superate.

Inoltre ammetto che alcune pagine mi hanno turbata e mi hanno indotta a rivedere certi miei convincimenti. Ma non solo. 

Infine chi decide di leggere questo romanzo abbia consapevolezza che nulla viene risparmiato: non mancano molte espressioni forti. Marcello, la cui istruzione è limitata, si esprime sempre e unicamente in romanesco e i dettagli sui rapporti omosessuali e relativi tecnicismi non lasciano  dubbi. Ci sono i passivi, ci sono gli attivi e Walter è impotente per cui ricorrerà ad un intervento chirurgico pur di riuscire a "possedere" Marcello.

In ogni caso  penso che il talento narrativo dell’autore sia evidenziato dal fatto che TROPPI PARADISI la cui ambientazione non è certamente  l'Eden e i personaggi non sono angeli, non può considerarsi un romanzo volgare. 

Non saprei se consigliarlo o no : forse non è una lettura per tutti, in ogni caso io leggerò altre opere di Walter Siti.

 Stralci

 Dare l’illusone del paradiso in terra è l’obbiettivo finale del consumismo: o, se si vuole, il consumismo è una protesta per l’inesistenza di Dio. Comprando si è onnipotenti, soprattutto se comrpi qualcosa che ti serve a poco; i centri commerciali sono isole dei beati dove ( grazie all’aria condizionata) è sempre primavera, dove ogni tuo desiderio è un odine, dove le distanze di annullano perché i prodotti di tutto il mondo si offrono fianco a fianco, a tua completa disposizione.

 Le sfortune in teoria, possono anche non finire mai, il caso non ha memoria. 

Agosto 2020- Y.P.

martedì 11 agosto 2020

Le cascate di ACQUAFRAGGIA e SAVOGNO

 

Le cascate di ACQUAFRAGGIA e SAVOGNO

 

Le cascate gemelle di ACQUAFRAGGIA , dal nome del torrente che le genera, si trovano alle spalle di Borgonuovo di Piuro,  in provincia di Sondrio .

Offrono uno spettacolo naturale di notevole impatto visivo: favorite anche dallo scenario circostante di straordinaria bellezza, sono state  descritte pure da Leonardo da Vinci nel suo Codice Atlantico.

Ma non è mia intenzione soffermarmi ulteriormente sulle cascate che in questo punto sono raggiungibili in auto,  bensì sull’itinerario  da farsi unicamente a piedi che da Borgonuovo  conduce a SAVOGNO, un paesino  considerato uno dei rari esempi di architettura rurale alpina realizzata in pietra e legno.




Savogno esistente sin dal medioevo,  si trova ad un’altitudine di 932 mt. immerso in uno scenario inenarrabile delle Alpi Retiche  ed attualmente dalle informazioni assunte in loco è abitato unicamente da 5 persone.  Le case – quelle rimaneggiate e conservate – sono utilizzate  principalmente per trascorrervi periodi di vacanza.

Raggiungere Savogno a piedi è alla portata di molti, ma non di tutti perché indubbiamente richiede buone energie e personalmente lamento che il cartello sito proprio all’inizio del percorso indica solo il tempo di percorrenza in 1,30 minuti ma non accenna al grado di difficoltà.  ( Un'ora e mezza chiaramente è un tempo indicativo, dipende da diversi fattori)

Personalmente sono abituata a camminare e mi tengo allenata quotidianamente, ma questa mulattiera a scalini – pare siano 2886 – l’ho trovata impegnativa: alcuni tratti sono veramente ripidi e lungo il percorso ho visto alcuni intenzionati a desistere.

Dal punto di vista scenografico invece è una mulattiera spettacolare perché è un’alternanza zig-zagante fiancheggiata da fitta flora di alberi alcuni  dai tronchi drittissimi.

Anche il sottobosco  che lascia intendere che la mano d’uomo sia inesistente è molto bello da vedersi.

Si ha la sensazione di attraversare una foresta e ritengo superfluo soffermarmi sulla quiete che caratterizza il contesto.



A circa metà percorso  -  in STAL de RONCH- c’è una fontana con tre vasche in pietra, una delle quali, la centrale datata 1869. Una realizzazione imponente dalla quale sgorga un’acqua così fresca e cristallina che mi ha fatto ricordare “il vero sapore dell’acqua”, ben diverso dalle acque minerali di consumo quotidiano a cui ci siamo malamente abituati.

Poco oltre la fontana si trovano diversi resti di costruzioni sempre rigorosamente in pietra evidentemente abbandonati, che forse fungevano da stalle, legnaie o fienili.

Internamente ad una di questi sono ancora presenti dei tini per il vino. Non ho idea se in tempi antichi qui fossero presenti dei vigneti.

 


Comunque al termine della mulattiera la vegetazione si ferma e ci trova di fronte  Savogno che oserei definire “il borgo incredibile”.


Ubicato su un terreno in pendenza vanta una bella chiesa la cui storia vuole che qui per alcuni anni  ( 1868-1875) il parroco fosse Don Luigi Guanella che molto fece per la comunità che a quei tempi contava quattrocento abitanti.   

 




Perché Savogno “borgo incredibile”?

Semplicemente perché testimonia una vita lontana anni luce dalla nostra quotidianità e nel contempo evoca tradizioni riconducibili ovunque.



 


Qualche anno fa, andai in vacanza a Cipro e nell’ambito di una itinerario turistico organizzato andai a visitare il villaggio di Kakopetria: ebbene nulla di tanto diverso da Savogno. Case costruite in pietra con balconi e inserti in legno. Unica differenza Kakopetria contrariamente a Savogno è abitato e da ciò che ho avuto modo di vedere  gode ancora di buona arretratezza.



Certamente Savogno è un luogo da  visitare, dobbiamo conoscere “i gioielli” di casa nostra perché parlando di Savogno è chiaro che si sta parlando di un gioiello.

Molte case evidenziano precisi interventi finalizzati alla conservazione, ma nel completo rispetto delle origini.

Gli edifici rimaneggiati  e non, sono tutti ricoperti con tetti di  piode , le porte rudimentalmente realizzate sono state recuperate  senza ricorrere alla sostituzione dei chiavistelli antichi.

Alcuni edifici ovviamente appaiono irrecuperabili ma quel che rimane serve a rendere interessante il luogo.

Non andiamo forse a visitare i luoghi dove  resti romani testimoniano una civiltà passata?

 


Per la discesa da Savogno ho usufruito di un itinerario alternativo alla mulattiera a scalini ossia il sentiero panoramico dell’acqua fraggia che in alcuni punti consente di attraversare il torrente tramite  dei ponti, qualcuno tibetano.

Anche questo percorso, indubbiamente molto suggestivo, non  è di facile percorrenza nonostante in punti critici siano state posizionate pure delle scale metalliche.


 Panoramica ripresa dal piazzale della chiesa di Savogno


Agosto 2020- Yvonne

 

domenica 2 agosto 2020

MASO e la DREZZA - I borghi di SAN SIRO ( Lago di Como)



MASO e la DREZZA


Stanotte è piovuto e stamattina c'era una leggera frescura per cui ho calzato le scarpe comode e mi sono avventurata in direzione MASO.

Raggiungere MASO in auto non è un’avventura: la carrozzabile da Rezzonico o da Santa Maria si congiunge a Marena  e poi prosegue in ascesa e  sebbene l’ultimo tratto non è collaudato per il transito delle auto, rimane un percorso assolutamente praticabile.

Raggiungere MASO a gambe e piedi invece è un’altra storia ed io arrivata a Noledo, sono andata alla ricerca di un bastone da tenere fra le mani, poiché preventivamente ho ritenuto di non escludere eventuali incontri sorprendenti. (I cinghiali non se vanno in giro soltanto la sera  e dove  c’è quiete loro spadroneggiano).

   

La mulattiera che da Noledo conduce a Maso,  pare non abbia un nome tranne quando arriva all’ingresso del borgo in cui la segnaletica la individua in “ Via Maso di Fuori”.

E sì, molte delle vie delle frazioni del mio comune s’identificano così: Via Marena di sopra, Via…di sotto, Via…di fuori, etc. etc. Del resto pur appellandosi alla fantasia, che altro  poteva fare la  toponomastica?  Oltretutto, molti sono tratti di vie lunghe uno sputo.

 

A dire il vero questa mulattiera che da Noledo sale fino a Maso e poi prosegue oltre, fino a raggiungere Camnasco, un nome l’ha sempre avuto ed io lo ricordo bene: la Drezza.

Drezza non è un nome fortuito bensì corrisponde alla miglior descrizione dell’itinerario: una mulattiera a zig zag acciottolata, prevalentemente in salita .



 

Tratti a scaloni lunghi formati con alzate in sasso e ogni tanto, quando la stradina cambia direzione, ridotti pianori: come fossero i ballatoi.

Ho conteggiato alcuni tratti: diciotto scaloni, altri una dozzina, dunque sono portata a credere che la realizzazione fosse del tutto assoggettata alla formazione del territorio.

Attraversa anzi, penetra un sottobosco alquanto disordinato, apparentemente abbandonato, ma d’altro canto, splendidamente rispettato.

Quasi completamente ombrosa, eccezion fatta per qualche raggio di sole che chissà come, forse per miracolo, riesce ad aprirsi una fenditura e formare "macchie di luce".

Il manto acciottolato a tratti è ancora in buono stato, ma vi sono spezzoni alquanto dissestati e mal ridotti, inoltre non essendo molto frequentata in alcuni punti è selvaggiamente invasa dai rovi che la fiancheggiano.

La vegetazione d’alto anzi altissimo fusto, termina qualche centinaio di metri prima che inizi il paese, all’incirca nel punto in cui c’è l’antico lavatoio completamente ricoperto di un bel tappeto muschioso su cui il presepe non potrebbe trovare collocazione migliore. 

Eppure la DREZZA a me pare una gran bella mulattiera e poiché penso che il nostro territorio debba essere valorizzato per ciò che lo contraddistingue e che possiede, forse sarebbe il caso di correre ai ripari  ripristinandola mediante un pò di manutenzione ed inserirla nei percorsi turistici. ( Infatti, durante questa mia escursione, a metà Drezza ho incontrato una famigliola tedesca con cui ho scambiato poche parole apprendendo che stavano apprezzando molto la situazione).

 

Comunque giunta in Via Maso di Fuori, mi sono avvicinata alla fontanella dell’acqua potabile datata 1935 e mi sono dissetata: un’acqua così buona e così fresca che mi ha completamente rigenerato.


Credo che questo spazio sia stato il centro del borgo e oggi è identificato in Piazza del Muron .

“Muron” è il nome dialettale del gelso, alberi molto diffusi negli anni passati su tutto il territorio poiché le foglie erano indispensabili per l’allevamento dei bachi da seta. Attività molto praticata nella nostra zona. Ovviamente in Piazza del Muron, dinnanzi ad una casa c'è un bel gelso.

Percorsi pochi passi, sono arrivata in via Santa Agnese e qui ho immediatamente rinverdito quell’emozione che sorniona sta sempre in fondo al cuore: via Santa Agnese è la via, dove abitava mia mamma, ai tempi in cui la via non aveva nome.

 Sono passata dinnanzi a quella che è stata la casa della sua infanzia la cui stradina adiacente porta il nome di Via Maso Interna. Una casa dal portone d’ingresso in legno ora logorato dal tempo: non ho potuto evitare i raffronti con i tempi attuali e soprattutto immaginare lei: bella,  mentre qui entrava o usciva, nelle sere in cui si ritrovava con le amiche a ricamare quelle tele destinate a divenire “il corredo della sposa”. 

A  Maso ora non c’è proprio nulla: solo qualche casa ben rimaneggiata e altre in totale declino.

Ma Maso mi affascina sempre, ogni qualvolta ci vado. Il silenzio qui è sovrano incontrastato e incontestato. Stamattina non s’udiva neppure il cinguettio di un uccello.

Forse stabilmente non ci vive nessuno e  per questo non ho udito cani a disturbare il silenzio.

Infine, essendo Maso in montagna, la panoramica del lago sottostante è ragguardevole sino a divenire “da incanto”.


 Sono poi tornata sui miei passi, ho intrapreso la DREZZA in discesa con particolare attenzione al fine di evitare qualche rovinosa scivolata e, mi sono ripromessa che a Maso ritornerò.    

Nei luoghi bisogna sempre ritornare perché tutto è mutevole. La descrizione di Maso infatti l'avevo già inserita  a pagina 31 del mio primo romanzo “ Memorie di una donna comune”,  in altra versione, ma comunque non meno reale e sincera.

2 Agosto 2020- Y. Pelizzari