domenica 27 dicembre 2020

LE ALI DEL RITORNO - Rita Frattolillo

 

LE ALI DEL RITORNO

Rita Frattollillo


Il titolo mi aveva incuriosita, l’avevo quindi ordinato direttamente all’autrice ed alcuni giorni fa ho terminato la lettura. Una gran bella saga famigliare che mi ha notevolmente coinvolta ed ha instillato in me il desiderio di approfondire la conoscenza del Molise, la regione d’origine della famiglia in argomento.  Le vicissitudini comunque non si svolgono unicamente in Molise poiché si tratta di “una famiglia in movimento”.  Ne sono teatri di vita anche una bella villa del casertano e  Roma dove la famiglia si  trasferisce per diversi anni, dovendo affrontare le problematiche ben note a chi lascia il paese per stabilirsi in una grande metropoli.

(Non da ultimo, superate le problematiche, un eventuale ritorno al paese diventa ancora maggiormente problematico).

Io ritengo   sia irrilevante addentrarsi nella trama  poiché le storie familiari sono sempre assai complesse e l’interesse del lettore scaturisce dalla capacità dell’autore di esporre i fatti.

Pagina dopo pagina ho imparato ad amare Livia dapprima mamma e poi nonna , ma sempre donna di  cultura.

 Per lei la letteratura è sempre stata simile a una religione. Convinta dello stretto legame tra lettura e scrittura, aveva sempre coltivato entrambi perché se la scrittura è un modo per frugare nella vita – propria o immaginata –con la conseguenza terapeutica di mettere a nudo le proprie ferite, la lettura permette di penetrare in altri mondi, facendo volare sulle ali della fantasia”.

 E poiché è  in funzione della  cultura e delle conoscenze acquisite che ciascuno di noi affronta il quotidiano, Livia è stata davvero ammirevole.

L’autrice ha riservato alle ultime pagine la sorpresa del tutto disattesa di Mohammed, di cui volutamente non rivelo nulla, poiché suggerisco la lettura di LE ALI DEL RITORNO, titolo assolutamente attinente al contenuto.

Personalmente ho molto apprezzato sia lo stile letterario “colto” ed elegante, sia l’impianto narrativo: la storia è raccontata dalla nipote prediletta di Livia dalla quale ha avuto in eredità “le sue carte”, i diari.   

Infine, in alcuni passaggi,  ho ritrovato similitudini con la storia della mia famiglia seppure di origini  molto diverse e considero questa lettura molto utile perché il confronto solitamente porta arricchimento ed ancora:  i sentimenti non si diversificano da luogo a luogo .   Meridione, settentrione o Italia Centrale: cambiano soltanto usi e costumi.

Che altro aggiungere: Complimenti a Rita !  

Stralci:

-          Nutrirsi di cultura significa vivere davvero ed essere liberi dentro

-          Si può esistere senza arte, ma senza di essa non si può vivere.

-          La vita mi ha spiegato i libri che ho letto, ma sono stati i libri a farmi rintracciare

      piste smarrite.

 

Dicembre 2020- Y. Pelizzari


sabato 26 dicembre 2020

ISOLA COMACINA - La splendida isoletta - LAGO DI COMO

 ISOLA COMACINA


Ho scoperto un angolo  di Lombardia davvero speciale  e neppure irraggiungibile: il cuore del lago di Como. Un’ isola, senza  case abitate, senza auto  e senza frastuono. Solenne silenzio e minuscole  spiagge,    dove   cercare   sé stessi, meditare sul senso dei nostri giorni senza senso, un angolo  dove la voce  dell’anima può  urlare senza disturbare e la natura chiede soltanto  di essere contemplata  e rispettata.  Un angolo  dove  raccogliere qualche goccia di energia che ci permetta di affrontare la frenesia del nostro vivere quotidiano o   semplicemente un angolo per innamorati  desiderosi di trovare un riparo dalla confusione  e libertà  per   dolci  effusioni  e  una  bella cena   sull’ampio terrazzo dell’unico ristorante, La locanda dell’isola , preludio  ideale  per un epilogo passionale.



Un’isola dalle dimensioni di una grande nuvola, in un contesto paesaggistico di straordinaria bellezza ( Lunghezza 600 metri – larghezza 200 metri) appartenente al comune di Ossuccio.

Un sentiero sinuoso si snoda fra alberi imponenti e   permette di percorrerla in tutto il suo perimetro. E nel mezzo, nel punto più alto si erge  una chiesetta tutta bianca, la seicentesca chiesa di San Giovanni con affreschi e stucchi databili tra il 1800 e 1900,  un altare intarsiato a scagliola in marmo di Varenna e   dietro, sotto il pavimento, sono visibili resti di un colonnato di marmo dell’epoca romana.


Per me, sempre smaniosa di viaggiare alla scoperta del mondo, amante di quei  borghi poco noti, quelli che io definisco “ splendidi lembi”  oggi  è stata una grande rivelazione scoprire che   proprio a pochi passi dal mio paese, 15 minuti in auto ,  c’è questo luogo  considerato uno dei siti archeologici più belli  dell’Italia settentrionale per l’Altomedioevo.  

Ma  a dire il vero l’isola è rimasta per anni addormentata, silenziosa, accarezzata dalle onde nei giorni ventosi : un  breve risveglio, un sola volta , sempre nello stesso mese, Giugno ,  per la sagra di San Giovanni  quando il bailamme e le luci  abbaglianti dei fuochi pirotecnici  spaccavano il cielo e interrompevano la calma che vige  abitualmente in tutta la zona circostante. Finita la festa, il sonno riprendeva il corso naturale.


Infatti è soltanto a seguito  degli scavi effettuati durante il secolo scorso  che è emerso un palinsesto archeologico che risale all’epoca romana del XVI secolo di notevole interesse.

Dalle informazioni avute in loco, la riqualificazione dell’intero territorio dell’isola Comacina compreso il  recupero resti archeologici è terminato un paio di anni fa e  da poco  è iniziata la  campagna pubblicitaria  per incentivare il turismo.

In particolare, nel dicembre 2010, in occasione delle feste natalizie è stato allestito sull’isola un  presepe  con capanne in legno dalle dimensioni d’uomo,  raffiguranti la varie scene relative alla Natività  e dislocate lungo il viale che dal pontile  porta alla chiesa, denominata la Via del Poeta. Una serie di alberi innevati artificialmente , di cui alcuni ritengo siano stati  collocati per l’evenienza,   contribuiscono a rendere l’insieme quasi fiabesco. Questo ambiente rimane allestito fino all’8 febbraio ed è raggiungibile tramite un traghetto che parte da OSSUCCIO.In altri periodi l’Isola  Comacina è raggiungibile tramite imbarcazioni apposite che partono da Sala, il borgo situato sulla terra ferma antistante l’isoletta.Davvero una meta da prendere in seria considerazione per trascorrere anche soltanto un pomeriggio   diverso immersi  fra ARTE, ARCHEOLOGIA, NATURA e STORIA.

Come si può ben immaginare dall’isola si possono godere scorci panoramici mozzafiato con i paesi disseminati lungo la costa  che tuffano le proprie  immagini nelle acque.


Dall’Isola inoltre è ben visibile il Sacro Monte di Ossuccio con il SANTUARIO MADONNA DEL SOCCORSO, un complesso di edifici religiosi risalente alla prima metà del Cinquecento:  un’oasi di pace e conforto spirituale, patrimonio universale dell’Unesco.


STORIA

Quest’isola quasi sconosciuta a molti , è luogo ricco di storia e tradizioni.   Un passato di gloria  e benessere  e  teatro di cruente battaglie fra milanesi e comaschi. L’Isola schierata con Milano venne  rasa al suolo nel 1169 dai comaschi alleati con Barbarossa il quale decretò che non potesse più essere fortificata  e così  per molto tempo rimase in solitudine immersa nelle acque del lago. Nel 1917 divenne poi proprietà del Re del Belgio Alberto I,  il quale nel 1919 la donò al governo italiano  che a sua volta  incaricò  l’Accademia di Brera di tutelarne il territorio.  Nel 1939 Pietro Lingeri  un  architetto nativo della zona e brillante   esponente del razionalismo  italiano,  si occupò della progettazione  delle   3 case che avrebbero dovuto a far divenire l’isola  una colonia per artisti. Inoltre l’Isola Comacina   fu tra i più importanti nuclei religiosi della diocesi comasca con la presenza di ben 7 chiese tra le quali la più importante fu la Basilica di S.Eufemia dell XI secolo.



Il Palinsesto Archeologico della Comacina

Le  opere di scavo  effettuate nel corso del 1900, inizialmente   grazie all’interesse di Ugo Monnet de Villard ( archeologo)  hanno fatto  emergere i resti della Basilica di S.Eufemia di cui sono ben visibili la divisione a tre navate e tre absidi. Negli anni , fra il 1958 e il 1978, altre campagne di scavi portarono alla luce numerosi resti architettonici per lo più paleocristiani e altomedievali insieme ad una notevole quantità di reperti mobili facendo divenire l’isola Comacina uno dei siti archeologici più straordinari dell’Italia settentrionale per l’Altomedioevo.

Gennaio 2011- Revisione 2020 -  Yvonne

giovedì 24 dicembre 2020

SORIANO - I borghi di SAN SIRO ( Lago di Como)

 

SORIANO

Da Rezzonico la strada  carrozzabile  lascia il lago alle spalle  e si rivolge verso la montagna: dolci  e ripide salite, curve, alcune  strette che richiedono attenzione particolare per chi non le percorre abitualmente, altre un pochino più ampie. Una strada serpeggiante che cerca  di sfiorare tutte le frazioni. Addentrarsi nel centro dei borghi  è praticamente impossibile, se non attraverso le antiche mulattiere ossia quei viottoli con fondo naturale o acciottolato, realizzati  per  essere percorsi solo a piedi e con muli o altri animali da  soma, e che corrono fra gli usci delle case celando spesso  angoli  sorprendentemente incantevoli.

Ieri,  dopo alcune settimane di limitazioni per effetto covid 19, a piedi, mi sono allontanata da casa: ho percorso un buon tratto di carrozzabile,   sono andata oltre la frazione di Marena,  un poco oltre il cartello recante la scritta Soriano e ad un tratto mi sono trovata  a circa  metà di un’ampia curva,  dinnanzi a una lunga e irta scalinata .


Mi sono fermata un attimo. In questo tempo di  "consigliato" distanziamento sociale , viene quasi naturale parlare a sé stessi ed io mi sono detta che  quella era proprio bella quella scalinata. Salendo, sul lato sinistro ci sta la ringhiera di protezione mentre il lato destro è delimitato da un muro di pietre ingentilito d’ ascendenti cespugli floreali che in tempo di fioritura sono alquanto scenografici. Ebbene:  la carrozzabile  meno faticosa da percorre, ai miei occhi è apparsa anonima mentre la scalinata, metaforicamente una vita in salita, mi ha invitataCol pensiero sono andata a ritroso: il percorso della mia vita sempre in salita,  a volte affannata  e,  non ho resistito: ho abbandonato la carrozzabile e gradino dopo gradino sono arrivata in cima alla scalinata. Oltre:  Soriano. Sono passata sotto un bel portico sovrastante il quale ci sta un ampio balcone appartenente ad un'abitazione , ho raggiunto la cappelletta votiva  ben ordinata e, rimaneggiata rispetto al ricordo di quando  io ero una ragazzina. Appena dopo la cappelletta,  il lavatoio, immancabile in ogni borgo di San Siro.

Questo di Soriano  è del tutto funzionante con l’acqua dentro la vasca ed è particolarmente scenografico poiché ci sono ancora degli abitanti che lo abbelliscono posizionando  qua e là vasi di fiori. 

Poco oltre,  una bella casa di recente ristrutturazione con le facciate tinteggiate in giallo che testimonia l’antico cuore del borgo ovvero,  l’osteria del Giovan (parpai ) e la Cesira, dove  un tempo gli  uomini si ritrovavano alla domenica per la partita a bocce . E coloro che non giocavano a bocce consumavano il tempo libero giocando a carte oppure a morra sempre in compagnia del fiasco di vino. Non solo, l'Osteria del Giovan e la Cesira negli anni sessanta si erano ammodernato con l'acquisto del televisore che  in occasione di eventi straordinari come ad esempio il Festival di Sanremo, fungeva da richiamo anche  per gli abitanti  di altre frazioni, come per esempio quelli di Marena.   



Ho proseguito fino a raggiungere l’ultima casa del borgo dopo la quale c’è soltanto il bosco che diviene  di anno in anno sempre più folto. Una casa dalle facciate rosa, credo le abbia sempre avute rosa poiché non riesco a ricordala diversamente.

Ho violato la proprietà, ho spinto il cancelletto privo di chiavi e sono salita sul terrazzo da cui si gode una visuale impareggiabile del lago.

La ricordavo bene quella visuale poichè qui ci abitava Nadia, con la quale ho condiviso gli anni delle scuole superiori  e  scambiato le confidenze dei primi scompigli di cuore.  Questa casa non è completamente solitaria poiché una parete portante è in comunione con un’altra casa, in pietra,  un tempo di  proprietà del postino delle frazioni basse del comune di San Siro. Un postino scrupoloso e solerte che ritengo sia ancora presente nei ricordi di molti:  Difendente  di nome, ma da tutti chiamato Denti . Aveva un occhio solo, ma non commetteva errori come accade frequentemente, ad ognuno consegnava la propria corrispondenza consapevole che le lettere in quegli anni erano portatrici di grandi emozioni.




Mi sono poi addentrata nel borgo, fra le case dalle mura di pietra.

Stradine strette strette, una piccola fontana, un profondo silenzio interrotto soltanto dallo scorrere del piccolo rio e poi  fiori ovunque.

Vasi di fiori , alcuni improvvisati,  contenitori  che hanno subito un cambio d’uso, a creare  un contesti singolari.

E queste case di pietra, autentiche appartenenti al borgo originario, sono  la testimonianza di un tempo quasi dimenticato poiché anche Soriano come molti altri borghi si è  rinnovato e ampliato con nuove costruzioni, belle case grandi,  confortevoli , moderne che fiancheggiano la carrozzabile. Case che potrebbero essere collocate ovunque.

Soriano, una delle tante frazioni di SAN SIRO, il paese che ho racchiuso nel mio romanzo.


Maggio 2020- Yvonne

mercoledì 16 dicembre 2020

IL SIGNORE DELLE ANIME - Irene NEMIROVSKI

 

IL SIGNORE DELLE ANIME  - Irene NEMIROVSKI

 


Dopo aver subito la fascinazione di Irene Nemirovsky con SUITE FRANCESE, ho sentito il desiderio di leggerla nuovamente .Ho così posato lo sguardo su IL SIGNORE DELLE ANIME,  scelta scaturita unicamente dal titolo che mi ha indotta ad immaginare una lettura introspettiva. Anche questo appartiene alla collana Classici Moderni di Newton ed il prezzo è veramente economico: euro 5,90.

Ebbene si tratta di un romanzo di facile lettura,  meno coinvolgente di Suite francese, ma altrettanto meritevole .

La trama si dipana sulle vicissitudini di  Dario Asfar, un giovane medico di origini orientali, nato in un ambiente molto povero, che arrivato in Francia intuisce che la cura delle malattie nervose potrebbe rivelarsi  fonte di successo e portatrice di  ricchezza.

Privo di scrupoli, fa leva sulla sua bellezza, sfrutta il suo fascino e in breve diviene un medico di fama. Il suo studio richiama belle signore e anche ricchi professionisti.

Marito infedele e padre, è principalmente un ciarlatano.

In ogni caso come avviene spesso nella realtà, agli affascinanti  ciarlatani si accompagnano donne che vivono della luce “falsa” che costoro emanano e anche il levantino Dario Asfar, è accompagnato  sin da giovanissimo da una donna che sempre lo giustificherà e anzi si prodigherà all’inverosimile per lui.

Spesso però accade che  i figli , giunti in età adulta , sanno osservare con occhi propri.

E qui inserisco uno STRALCIO 

- “  Pregava Dio: “ Che il ragazzo non faccia uno scandalo! Che stia zitto! Mio Dio, ispiragli indulgenza, amore per suo padre. Mio Dio ti offro le mie tristi notti, i miei mali, tutto ciò che ho sofferto. Ma fa che Dario si creda sempre amato da suo figlio, fa che suo figlio lo perdoni, come io l’ho sempre perdonato, dal profondo del cuore, amandolo ancora di a causa della grande pietà che avevo per lui….”

Non vado oltre per non rovinare la sorpresa a possibili futuri lettori e lettrici: mi limito a suggerirne la lettura poiché la trovo leggera e perfetta per un periodo come questo, in cui la pesantezza Covid 19,  grava su tutti noi. 

Dicembre 2020- Y. Pelizzari

lunedì 30 novembre 2020

L’APPELLO – Alessandro D’Avenia

 

L’APPELLO – Alessandro D’Avenia 

In copertina c’è scritto  L'APPELLO  - romanzo - ma per me è stato molto più : è stato apprendimento, è stato un rievocare situazioni vissute,  è stato un potente strumento di riflessione che mi ha indotta a confermare  a me stessa  errori che già presagivo d’aver commesso, ma nel contempo ho trovato anche una giustificazione. Del resto in tempi  moderni in cui l’apparire conta più dell’essere, il compito per un genitore nell’affrontare la fase adolescenziale di un  figlio è alquanto arduo. 

Alessandro D’AVENIA, dottore di ricerca in lettere classiche, insegna al liceo ed è anche sceneggiatore. La sua opera prima “Bianca come il latte, rossa come il sangue” è divenuto un film.

 Trama

 Un professore di quarantacinque anni divenuto cieco, dopo un periodo d’interruzione, decide di riprende l’insegnamento nonostante le paure e le ansie derivanti dalla condizione inedita.

Gli viene assegnata una classe che deve affrontare la maturità, quindi tutti ragazzi di 18 anni e qualcuno anche di più perché ripetente: lui, il prof di scienze  che si presenta in classe con gli occhiali scuri, mentre gli studenti sono considerati “casi disperati”.

L’incontro fra il prof e gli studenti dovrebbe avvenire tramite l’appello, ma il prof non è dell’idea che debba trattarsi di un semplice elenco quindi inventa un appello “ rivoluzionario”. In lui c’è la convinzione che per cambiar il mondo sia necessario “salvare il nome”.

Salvare un nome. Per questo faccio l’insegnante e non voglio smettere di farlo anche se sono diventato cieco. Niente di sentimentale, pura scienza: sino a che non lo identifichi e non gli dai un nome, un fenomeno non esiste

Da questo inizio nasce il romanzo: coinvolgente, commovente, come solo un professore che ama profondamente il suo lavoro e che conosce le problematiche della scuola, poteva scrivere.

Fra il prof Romeo Omero e la classe s’instaura un rapporto di fiducia e di conoscenza che lascia sbigottiti insegnati e dirigente scolastico, i quali arroccati su preesistenti convincimenti ne hanno paura .

Storie di vita. La Classe del prof Romeo è l’insieme di tutte le classi di tutte le scuole.

Alle spalle di ogni ragazzo c’è un mondo che spesso gli insegnanti non conoscono e  non cercano neppure di conoscere poiché ritengono non di loro interesse e si ritrovano ad impartire nozioni che i ragazzi non riescono ad apprendere perché s’impara ciò che si ama e ciò che ci insegnano ad amare.  

Nella vita occorrono maestri e il prof Romeo era un maestro.

 Le mie impressioni sono assolutamente positive: un romanzo importante, dallo stile letterario eccelso. Su alcune pagine ho pianto, nella lettura di alcune vicissitudini mi si è chiuso lo stomaco. Il finale,  nella sua drammaticità è “luminoso”.  Da leggersi fino all’ultima pagina, compresa quella dei ringraziamenti, poiché anche il disegno di copertina ha la sua storia.

 Grazie Prof. D’Avenia per averlo scritto. E’ una sensazione bellissima terminare un libro e sentirsi” più belli – più ricchi”.

Stralci

Come d’abitudine, inserisco qualche stralcio, ma sono in difficoltà nel discernere poiché le pagine che ho evidenziato sono moltissime.

 -          E’ un paradosso, ma ciò che ci troviamo davanti agli occhi non lo vediamo, anche perché in genere non vogliamo vedere davvero, quanto piuttosto ottenere conferma di quello che già crediamo di sapere e rimanere ciechi su ciò che non ci conviene sapere.

-          Credo che esistano due categorie di persone: quelle che fuggono da qualcosa e quelle che cercano qualcosa. O forse è più preciso dire che ci sono persone che smettono di fuggire da qualcosa e cominciano a cercare, e persone che non iniziano mai a cercare perché sono troppo impegnate a fuggire…..

-          …riprodursi non è riprodurre individui uguali a noi, anzi, è generare chi metterà in crisi proprio quelle aspettative per costringerci a rivedere chi pensavamo di essere o di voler essere.

-          La scienza descrive il dolore, non lo risolve.

-          La conoscenza che non serve a prendersi cura di sé e del mondo non è conoscenza, ma violenza

-          Oggi la donna  spesso è usata come oggetto del desiderio per l’occhio che la vuole possedere, e così facendo le toglie la vita, Sempre più rapace, l’occhio esalta il desiderio e trasforma la donna in pura illusione, per eccitarlo. Finchè l’occhio non guarisce da questa volontà di dominio non riusciremo più a vedere le cose e a sentirne il respiro. Riavremo il mondo solo quando smetteremo di volerlo dominare.

-          …ci vuole tempo, le cose non cambiano mai in un momento, perché quando una cosa è vera è come un seme, ci mette anni a dare frutto. Quando invece vuoi subito tutto, usi la forza, rompi la scorza, usi la violenza, e rompi anche l’essenza.  

30 Novembre 2020- Yvonne Pelizzari

martedì 17 novembre 2020

SUITE FRANCESE - Irene Nemirovsky

 

SUITE FRANCESE – Irene Nèmirovsky

 


Presente da tempo nella lista interminabile dei libri da leggere, soltanto l’estate scorsa l’ho acquistato al prezzo speciale di circa 9 euro- Universale Economica Feltrinelli / CLASSICI.

Qualche giorno fa l’ho iniziato e stanotte l’ho finito nonostante  fosse di 500 pagine.

Mi ha coinvolta intensamente sin dalle prime pagine poichè lo stile letterario è quello che io prediligo: le descrizioni divengono immediatamente immagine, scenari, mentre la trama l’ho trovata  molto interessante poiché basata su fatti storici reali.

 (Il mio libro appartiene alla ottava edizione del 2014 e la  nuova traduzione è di Cinzia Bigliosi che da quanto ho letto insegna a  Verona teorie del Romanzo ed ha tradotto altri classici, oltre ad aver curato la biografia di Thurman). 

L’autrice, IRENE  NEMIROVSKY,   nata in Ucraina, visse a lungo in Francia dove venne arrestata dai nazisti e deportata da Auschwitz nel 1942 in quanto ebrea. Nel campo di concentramento  morì dopo un mese a soli 39 anni.

SUITE FRANCESE, ha ricevuto il Prix Renaudot a titolo postumo, unica eccezione al regolamento che prevede la premiazione soltanto a scrittori in vita.

Infatti il manoscritto, per 50 anni era stato conservato dalla figlia maggiore in un cassetto, assolutamente  trascurato poiché  ella riteneva che si trattasse di un diario e quindi troppo doloroso da leggersi visto che la madre era stata deportata.

SUITE FRANCESE è divenuto film nel 2014 ( genere drammatico sentimentale guerra).

 Trama

In sintesi è la cronaca dell’arrivo a Parigi delle truppe naziste e la conseguente occupazione della Francia da parte della Germania durante il secondo conflitto mondiale.

Nell’analisi invece è lo sfaldamento della civiltà francese.

La prima parte è incentrata sull’esodo  di massa dei francesi, i quali  all’arrivo dell’esercito nazista in Francia fuggirono portandosi addietro tutto quanto a loro era possibile: i ricchi con gioielli, denari,  mobili pregiati, porcellane, i poveri  con gabbie di polli, conigli e poco altro.

"… grandi migrazioni umane sembrano governate da leggi naturali. Quei periodici spostamenti di massa sono probabilmente necessari alle popolazioni come la transumanza lo è per le greggi."

La seconda parte invece descrive dettagliatamente l’occupazione dell’esercito tedesco di una piccola cittadina di campagna dove risiedevano proprietari terrieri e mezzadri.  I soldati tedeschi , vincitori in quella parte di conflitto, andavano a stabilirsi nelle case dei residenti, i quali essendo vinti, dovevano ospitarli.

La convivenza fra vinti è vincitori non si rivelerà drammatica come potrebbe sembrare, ma non tutti i francesi erano animati degli stessi sentimenti e l’autrice con grande destrezza e lucidità lo evidenzia e induce il lettore alla riflessione: gli eventi occorre osservarli da angolature diverse e la parte più difficile rimane sempre quella di saper andare oltre i pregiudizi.

"Dopo tutto, si giudicano gli altri solo in base al proprio cuore. L’avaro vede sempre la gente spinta dall’interesse, il lussurioso dall’ossessione del desiderio."

Numerosi sono i personaggi, anche di notevole importanza, ma le vere protagoniste sono due donne: la vedova Angellier, donna infelice e rancorosa e,  la nuora Lucille il cui marito è in guerra, forse prigioniero dei tedeschi o forse morto. Lei è particolarmente dolce , bella e intelligente, ama pure leggere libri e la vita con la suocera non è certamente idilliaca. Vivono nella stessa casa, loro due e la domestica e,  si trovano a dover ospitare l’ufficiale tedesco Bruno Von Frank, un giovane di belle maniere che ama i libri, la musica... 

La musica abolisce le differenze di lingua o di abitudini tra due esseri e tocca in essi qualcosa di indistruttibile.” – pag. 379

 Ritengo doveroso non andare oltre, ma ne suggerisco vivamente la lettura e inserisco qui di seguito degli stralci che penso siano emblematici ad evidenziare la qualità del contenuto.

 

Stralci

…Come all’indomani di ogni catastrofe, ci sarebbero stati nuovi ricchi, uomini pronti a comprare il piacere pagandolo molto caro, perché il loro denaro sarebbe stato facile e l’amore sarebbe rimasto lo stesso.

 …come in natura, a un periodo di calma segue la tempesta che ha il suo principio, il suo punto culminante, la sua fine a cui seguono altri periodi di tranquillità più o meno lunghi. Disgraziatamente per noi, siamo nati in un secolo di tempesta, ecco tutto. Passeranno. 

…La certezza della mia libertà interiore, - disse lui dopo aver riflettuto –questo bene prezioso, inalterabile, che dipende solo da me perdere o conservare. Che le passini spinte al parossismo come lo sono adesso finiscono per spegnersi. Che tutto ciò che ha un inizio avrà una fine. In poche parole, che le catastrofi passano e che bisogna cercare di non andarsene prima di loro, ecco tutto. Perciò prima di tutto vivere. Giorno dopo giorno. Resistere, attendere. Sperare.

Alcune famiglie tornavano dalla visita settimanale al cimitero, quasi fosse una scampagnata di piacere in quel paese che ignorava i divertimenti: ci andavano in gruppo, si raccoglievano mazzolini di fiori fra le tombe.

Quello che divide o unisce gli individui non è la lingua, non sono le leggi, i costumi, i principi, ma lo stesso modo di tenere coltello e forchetta. 

Uno schiavo vale di più di un cane che si crede libero quando trotta dietro il padrone. 

Novembre 2020- Y.Pelizzari

domenica 15 novembre 2020

IL CASTELLO DI DONNAFUGATA - Provincia di RAGUSA

 

IL CASTELLO DI DONNAFUGATA 

Collezionando ricordi





 

Anche se l’autunno si sta esibendo in tutta la sua magnificenza, fra poco più di un mese sarà inverno. Un inverno che si preannuncia letargico poiché anche noi, come  le marmotte, dovremo stare dentro le nostre tane, ovvero dovremo stare in casa il maggior tempo possibile.

Le piste da sci chi vive distante dalle montagne le vedrà sulle foto  scattate negli  anni passati e pure le spiagge: chi non vive  nelle zone di mare,  le potrà soltanto ricordare.

In ogni caso, bando al catastrofismo,  perché la pandemia finirà e sicuramente tutti noi riprenderemo a spaziare.


La mia collezione di ricordi l’ho incrementata  a ottobre con la breve vacanza in Sicilia ed  ora, sto cercando di protrarre il godimento di quei giorni il più a lungo possibile, perché m’aiuta ad attraversare questo tempo particolare.


 Al CASTELLO di DONNAFUGATA, una sontuosa dimora nobiliare fra lo stile gotico veneziano e il tardo rinascimentale, distante  da Ragusa soltanto una quindicina di chilometri, vi ho trascorso una gran bella mattinata.

Dalle informazioni turistiche risulta che  inizialmente era una torre duecentesca mentre successivamente il Senatore del Regno  Barone Corrado Arezzo, fece ampliare la struttura preesistente  sino a  farla divenire una bellissima dimora gentilizia.

Il Barone Corrado Arezzo, nato a Ragusa Superiore nel 1824 e morto a Donnafugata nel 1895 oltre ad essere un politico, era un uomo affascinante,  dai gusti raffinati , amante dell’arte e dell’architettura e trasformò il Castello in uno dei luoghi più importanti della zona di vita mondana. Il Barone era noto anche per il suo carattere gioviale: si divertiva e faceva divertire i suoi ospiti con burla e scherzi.




 Il Castello è indubbiamente pregevole, occupa uno spazio di 2500 mq ed è composto da una sequenza di 122 stanze, anche se visitabili sono soltanto 28, immerso in un parco spettacolare  di circa otto ettari con alberi di diverse specie mediterranee ed esotiche.


Il nome Donnafugata deriva dall'arabo "Ain-jafat" e significa "Fonte di salute". Una leggenda narra comunque, di una donna che prigioniera nel Castello riuscì a scappare. Si tratterebbe della regina Bianca di Navarra che venne rinchiusa, dal perfido conte Bernardo Cabrera, signore della Contea di Modica, in una stanza dalla quale riuscì a fuggire attraverso le gallerie che conducevano nella campagna che circondava il palazzo. Da qui il nome dialettale "Donnafugata", cioè "donna fuggita". Da GuidaSicilia


 Il Castello di Donnafugata è pure un luogo imperdibile per gli amanti del Commissario Montalbano,  poiché il castello nella fiction funge da dimora di un boss mafioso.

Luca Zingaretti – Salvo Montalbano,  sicuramente ha subito il fascino del luogo poichè nel Castello di Donnafugata è stato celebrato il suo matrimonio. 

Mi fermo qui ed inserisco qualche foto. 

Novembre 2020- Yvonne Pelizzari


martedì 10 novembre 2020

SCICLI - Sicilia Bellissima!

 

SCICLI

Sicilia bellissima

 

Ci sono luoghi che più di altri toccano le corde della nostra sensibilità: a volte per un angolo che evoca ricordi sbiaditi dal tempo, a volte per una strada che ne fa riemergere un’altra e seppure è la prima volta che la si percorre pare ci sia famigliare, in alcuni casi è l’indiscutibile bellezza scenografica a toglierci il respiro e ancora, non affatto trascurabile è l’atmosfera che ciascuno di noi percepisce.

Fatta tale premessa , dopo aver trascorso buona parte della giornata sulla spiaggia di Marina di Ragusa, nel tardo pomeriggio di una giornata d’ottobre in cui la vigoria dell’estate era ancora nel pieno, ho raggiunto SCICLI, grande borgo o cittadina, in provincia di Ragusa.

Sin dal primo impatto ne sono rimasta rapita.


All’accedersi delle luci serali SCICLI mi è persino apparsa irreale! Quasi stessi vivendo dentro un sogno perché SCICLI è davvero inenarrabile. Ovunque si posa lo sguardo c’è da sorprendersi!


Sembra incredibile che in un tempo (barocco 1600/1770) in cui la tecnologia era inesistente sia stato possibile realizzare quanto ci si presenta: magnifiche chiese in pietra, eleganti anzi sontuosi palazzi, edifici dai poggioli incredibili!

SCICLI, rientrante dal 2002 nel Patrimonio dell’umanità Unesco in compagnia di altri sette luoghi emblemi del tardo barocco della Val di Noto, ha un centro storico fiabesco!

Ho camminato senza meta, rinunciando persino a fotografare nella piena consapevolezza che un’immagine inanimata non poteva rendere giustizia a ciò che stavo osservando.



Ho intrapreso una strada leggermente in salita, Scicli è tutto un saliscendi, eccezione fatta per il cuore della cittadina dove si trova anche il Municipio, ed ho raggiungo il colle che domina la cittadina sul quale si erge la CHIESA di SAN MATTEO, protettore dei naviganti. L’edificazione ultima risale al 1762 poiché prima era andata completamente distrutta a causa di un violento terremoto.

Da qui si gode la visuale dell’intero borgo sottostante e di sera l’ensemble è mozzafiato.

Forse anche il regista Alberto Sironi, rimase soggiogato dalla spettacolarità di SCICLI poiché lo inserì fra i luoghi in cui girare la nota fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri, il Commissario Montalbano.



Imponente la chiesa di SAN GIOVANNI EVANGELISTA che si trova a fianco del palazzo municipale, entrambi gli edifici circostanti la piazza del Municipio, vero e proprio cuore di SCICLI.

Non è opportuno che mi dilunghi nella rubricazione delle attrazioni di SCICLI: sarebbe un elenco di sontuosi palazzi e imponenti chiese, SCICLI è da vedere e da vivere anche solo per qualche ora per portarlo nel cuore sempre!


Percorrere le vie interne è già un’emozione, la sorpresa è in agguato ad agni angolo: è sufficiente avere occhi per osservare, alzare lo sguardo e si vedranno balconi come non ci s’immagina neppure e in quale angolo di strada trovare gli abitanti seduti agli ingressi delle loro abitazioni impegnati nel discorrere.  Spaccati di quotidiano che rendono palpabile la convivialità tipica dei paesi del Sud, luoghi che inspiegabilmente mi fanno sentire a casa  avvolgendomi di quel calore che non trovo frequentemente, altrove.




Ho concluso la serata  al Ristorante affacciato sulla Piazza del Municipio, CAPPERI e CUCUNCI,

non si poteva desiderare di meglio!

 



Novembre 2020- Yvonne Pelizzari